Paolo Rossi (attore)

attore, comico e cantautore italiano (1953-)
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Paolo Rossi (1953 – vivente), attore, cantautore e comico italiano.

Paolo Rossi

Citazioni di Paolo Rossi modifica

  • Beppe Grillo? Un buffone, in senso classico naturalmente, che ha saltato lo steccato. Chi fa satira deve restare separato dal potere. Grillo ha sbagliato. E si è trasformato in un predicatore: è una grossa perdita. Quando metteva a fuoco i costumi e i difetti degli italiani, lo faceva con tante modulazioni diverse ed era grande. Basterebbe ricordare "Te la do io l'America". Oggi è un predicatore e ha un tono solo, è monocromo. E poi che bisogno c'è di urlare? La comicità non ne ha bisogno, è di per sé violenza.[1]
  • Dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi c'è stato via via, soprattutto con l'avvento della televisione in Italia, la trasformazione del popolo in pubblico. E il pubblico è un tifoso, non è molto preparato, soprattutto sui problemi che poi lo riguardano, vota da casa, applaude, si indigna e poi va a dormire.[2]
  • Del resto, riguardo alla realtà, Gaber diceva sempre che vivere per la strada non è come girare per la strada. Non basta insomma raccogliere aneddoti e informazioni, è importante anche costruire immagini più ampie, visioni più complesse.[3]
  • È un Paese dove lo Stato c'è, esiste, e si è insinuato come un cancro nella mafia![4]
  • [Su Rino Gaetano] Era sicuramente un anticonformista. È questo quello che ammiro, è questo il motivo per cui i giovani tuttora lo amano e tuttora le sue canzoni abbiano un senso e sia bello cantarle insieme, tra le altre cose. Non tutte le canzoni sono fatte per essere cantate insieme al bar, in osteria, in trattoria, in un pic-nic, in una gita, in pullman... Quelle di Gaetano sì.[5]
  • Giorgio mi diceva che ero un attore più che un comico e così ho iniziato a camminare sul filo come un funambolo mescolando riso e pianto. Ho conosciuto Giorgio quando venne a vedere il mio "Nemico di classe", molto prima che diventasse un cult. Ricordo con piacere le nostre chiacchierate, all'inizio ero frastornato all'idea di parlare con un personaggio famoso, poi mi abituai e diventammo amici. In comune avevamo l'eclettismo: lui era un cantante a cui piaceva recitare, io un attore con una certa predisposizione per il canto. Alla fine ci siamo trovati a lavorare insieme.[6]
  • I DS rossi sono solo un sogno.[7]
  • [Sulla canzone In Italia si sta male (si sta bene anziché no)] In molti mi hanno chiesto se la canzone poteva essere ancora attuale. Probabilmente, e vedi la forza del non-sense, era stata fatta in un periodo particolare, insomma erano anni duri, bui anche, eppure adesso acquista un altro senso, pur con le stesse parole.[8]
  • [Su Evaristo Beccalossi] Io non posso dimenticare una partita che era Inter-Slovan Bratislava. Io l'ho vista, chi l'ha vista sa di cosa sto parlando. A un certo punto l'arbitro diede un calcio di rigore all'Inter. Per chi s'intende di calcio, ma anche per chi non se ne intende, è facile capire la difficoltà per un giocatore, nella semifinale di Coppa Uefa, di tirare un calcio di rigore. Lui guardò tutto lo stadio negli occhi e disse: "Lo tiro io..." e io pensai con tutto lo stadio: questi sono gli uomini veri. Prese la palla e la mise sul dischetto del calcio di rigore. Lo fece con la sicurezza dell'uomo che non avrebbe mai e poi mai sbagliato. E sbagliò. E io pensai: per me resta un uomo. Ma quando cinque minuti dopo, e chi ha visto quella partita sa che non mento, ridiedero un calcio di rigore all'Inter, per chi s'intende di calcio, ma a questo punto anche per chi non se ne intende, è facile capire la difficoltà per un giocatore che ha appena sbagliato un calcio di rigore, di riassumersi la responsabilità di ritirarlo. Lui guardò tutto lo stadio negli occhi. E tutto lo stadio fece: "No, puttana Eva...". "Lo tiro io" E mise la palla sul dischetto del calcio di rigore con la sicurezza dell'uomo che non avrebbe risbagliato. E risbagliò. E io pensai: per me resta sempre un uomo. Un po' sfigato ma pur sempre un uomo.[9]
  • Io non so, però... vedete… io forse col tempo sto diventando più democratico, però ritengo che se qualcuno, soprattutto qualcuno che ci rappresenta, qualcuno che ha voce in capitolo, dice che la guerra è giusta… bene! Ci va lui! [...] Uno che dice "la guerra è giusta", bene, ti arruoli! Subito![10]
  • Jannacci improvvisava, era visionario; Giorgio [Gaber] approfondiva, sentiva la responsabilità del testo. Però, pur essendo regista, rispettava l'individualità degli altri. Cosa che non capita a quelli di formazione accademica, che di solito cercano puri esecutori al servizio delle loro idee. Lui invece era generoso, accettava le singole personalità, guidava me in modo diverso da come guidava Enzo o se stesso.[11]
  • La cosa più importante che mi è capitata nella mia carriera di attore è stata quella di avere avuto la fortuna di incontrare grandi maestri. Parlo di Dario Fo, Giorgio Gaber, Carlo Cecchi, Enzo Jannacci e altri che mi hanno aiutato e guidato agli inizi. In questo mestiere gli incontri sono fondamentali. Avendo avuto io questa fortuna, ritengo che sia mio dovere, nei limiti del possibile, incontrare giovani attori, ascoltarli, cercare di scoprire se nelle cose che fanno ci sono i segni di qualcosa di utile, uno spunto per una crescita futura. Quando Giulio Cavalli mi ha inviato la prima bozza del suo Kabum! ho subito accettato di incontrarlo, e poi di occuparmi della supervisione artistica del suo spettacolo. Questo per diversi motivi. Intanto perché questo spettacolo è stato concepito con una tecnica – quella del gramelot – che mi ha riportato al tempo della mia collaborazione con Dario Fo, che di questa tecnica è l'indiscusso maestro. Poi perché Kabum! è un testo incentrato sulla memoria, come tanta parte del mio lavoro. Lavorare sulla memoria è uno dei compiti del teatro. Ricordare è un modo di cercare di immaginare il futuro, recuperare il passato anche per vedere il mondo con occhi diversi, lontano dall'omologazione di tanta TV di oggi. Perché oggi c'è l'Italia della televisione e c'è un'altra Italia, che non si arrende al rincoglionimento generale, come anche questo spettacolo di Giulio Cavalli dimostra. Per me dare una mano ai giovani significa anche fare il possibile per impedire che il teatro italiano perda un'intera generazione. Perché non c'è solo la censura dichiarata, esplicita. C'è anche la censura che deriva dai tagli governativi dei contributi alla cultura, che rischiano di azzerare le possibilità di crescita e di sperimentazione di una nuova generazione di attori e di autori.[12]
  • La scienza in questo momento è dominante, non si discute, ma ricordiamoci che la scienza senza la cultura zoppica e perde l'equilibrio.[6]
  • [Su Rino Gaetano] La sua particolare elaborazione delle filastrocche in chiave pop, reggae, quel che vuoi... è esclusivamente sua, di diritto.[13]
  • [Su Rino Gaetano] Lui deve aver un posto nell'Olimpo della canzone popolare italiana dagli anni Sessanta in su.[14]
  • Mi piace pensare che Gaber, Jannacci, Strehler, Fo abbiano lavorato tutti allo stesso quadro, che continuiamo ancora oggi a ritoccare. Se non diventi un'opera d'arte almeno devi diventare un'opera artigianale, se no vuol dire che non hai imparato nulla dalle persone che hai avuto la fortuna di incontrare.[6]
  • Se avessi paura di sputtanarmi avrei fatto il bancario.[15]

Citazioni tratte da canzoni modifica

  • In Italia ci sta il mare | per nuotare e per pescare, | con le spiagge tutte bianche, | gli ombrelloni stesi al sole. (da In Italia si sta male (si sta bene anziché no)[16], 2007)
  • Ma guarda un po' | che fortuna stare qua | in mezzo a tanta civiltà. (da In Italia si sta male (si sta bene anziché no)[16], 2007)
  • In Italia si sta bene, | in Italia si sta male, | si sta bene, si sta male, | in Italia si sta male, | si sta bene, si sta peggio, | qua si sta come si sta. (da In Italia si sta male (si sta bene anziché no)[16], 2007)
  • In Italia c'è l'amore, | da quando nasce a quando muore, | se sei brutto o se sei bello, | se sei quasi sempre quello, | se sei ricco oppure no. (da In Italia si sta male (si sta bene anziché no)[16], 2007)

Si fa presto a dire pirla modifica

  • Che la cosa più bella che una donna ti dica nella tua vita sia: «È stato bellissimo... è stato bellissimo il preambolo, adesso comincia!»
  • Come diceva Zarathustra, nella vita, che tu cammini e ti muovi, o ti siedi e lo aspetti, prima o poi uno stronzo lo incontri.
  • «Da quanto tempo è che non ti confessi, figliolo?» «Son dieci anni.» «Ah! Sei venuto a costituirti!»
  • Ho visto gente di Parigi visitare il Louvre e poi andare a mangiare da McDonald. Ho visto gente di Londra andare a visitare il British Museum e poi andare a mangiare da McDonald. Ho visto gente di Milano andare a visitare McDonald, e poi non sapere dove andare a mangiare.
  • Incontro Craxi. E Craxi mi si avvicina e mi chiede... scusa. Ma era un sogno all'incontrario...
  • Mi dicevano: vai in Turchia, vedrai cose che non vedrai più. Ci sono andato, con la macchina fotografica. Non l'ho più vista.
  • Furio Scartezzini, che la sfiga cominci a pedinarti a tal punto che se fanno un campionato mondiale della sfiga, tu arrivi secondo.
  • Furio Scartezzini, che mentre tu sei bello e tranquillo al bar che leggi un articolo sul morbo del legionario e pensi: «A me che cazzo me ne frega, io vivo in Italia», in quella passa un marocchino che vende accendini e che inciampando finisca con un suo dito nella tua bocca e a te ti viene un dubbio.
  • Gli svizzeri sporcano meno: sono più educati. Quando scopano non danno in escandescenze come i terroni – 'ossi... 'ossi!... – che sembra che abbiano vinto lo scudetto! Gli svizzeri fanno un sospiro, ringraziano, offrono un cioccolatino e poi via a ricaricare gli orologi!
  • Ho visto Berlusconi così convinto che coi soldi si può tutto che quando va a pescare, come esca usa l'American Express.
  • Ho visto decine di talkshow in Tv e mi sono sempre chiesto: «Ma il dialogo di due deficienti è uguale al monologo di quattro semideficienti?»
  • Ho visto donne manifestare in piazza contro l'aborto e poi avere dei figli a cui piace Masini.
  • Ho visto durante la guerra del Golfo parlare i generali e mi sono chiesto: «Ma dove li trovano così imbecilli? Così idioti dove li trovano?» Poi ho sentito parlare un colonnello e ho capito tutto: i generali li trovano tra i colonnelli!
  • Ho visto i teorici della coppia aperta devastati dagli spifferi!
  • Ho visto per anni e anni uomini sudare e raddoppiare gli sforzi per raggiungere obiettivi che nel frattempo si erano dimenticati.
  • Il mio paese è l'Italia. A ovest a sud e a est è bagnato dal mare, a nord dalle montagne: i mari stan fermi immoti, le montagne ogni tanto scivolano. Il mio paese ha dei problemi interni ed esterni. Al sud ci sono le autobombe; a est le alghe, a nord le tangenti, a ovest gli incendi e al centro Antonello Venditti.
  • Il razzismo in Italia è un problema molto sentito soprattutto dai razzisti. I razzisti si dividono in due categorie: quelli che non vogliono pagare le tasse e quelli che non vogliono pagare la birra. I primi si chiamano legaioli, i secondi "skinheads". Entrambi da alcuni vengono definiti di destra, ma possono sorgere evidenti differenze ideologiche quando il barista è un legaiolo e il cliente uno "skinheads", difficile viceversa.
  • Io un giorno ho visto Craxi chiedere scusa... poi mi sono avvicinato, ho guardato meglio, non era Craxi. [...] Ho visto Craxi guardare un socialista magro e piangendo domandarsi: «Dove ho sbagliato?»
  • [Umberto Bossi] Lo vedo lì in mezzo alla pianura padana, avvolto dalla bandiera dell'Atalanta, con la polenta taragna in mano, e per dimostrare di non essere razzista ha adottato una bambina meridionale, cioè di Bergamo di Sotto.
  • Nel mio paese, dove si vive così, arrivano dall'est: i profughi polacchi, slavi, i papi e le lettere di Togliatti; dal nord: i turisti, i temporali e i calciatori tedeschi; dall'ovest: i film americani, le telefonate dei presidenti americani e gli americani dal vivo; dal sud: i venditori di elefantini, di accendini e i lavavetri che poi sono quelli che te li sporcano.
  • Questo nuovo fluire di culture e di problemi antichi e recenti, lontani e sotto casa fa perdere la bussola all'italiano medio che diventa ogni giorno un po' più pirla nel senso di pirlare (dal milanese girare a vuoto, vagolare senza meta).
  • Se nel mio paese un capo ruba non si scusa, ma va a fare un discorso in Parlamento dove dice che è un'usanza popolare e che lo fanno tutti e allora il popolo incazzato chiede: «Tutti chi?».

[Paolo Rossi, Si fa presto a dire pirla, Baldini & Castoldi, Milano 1992. ISBN 8885988350]

Note modifica

  1. Da L'espresso, 12 ottobre 2007
  2. Dal film Niente paura di Piergiorgio Gay, 2010
  3. Citato in Pedrinelli, p. 163.
  4. Dallo spettacolo Questa sera si recita Moliere.
  5. Dal programma televisivo Vite Straordinarie, Rete 4, 1 maggio 2010. (Link Youtube Parte 1)
  6. a b c Citato in Livia Grossi, Paolo Rossi al Piccolo: «Io, Gaber, Jannacci. La bella compagnia. "Ho visto un re" durava 26 minuti», corriere.it, 23 marzo 2021.
  7. Dallo spettacolo Storie di un delirio organizzato.
  8. Dal programma televisivo Rino vive! – Ma il cielo è sempre più blu di Antonio Carella, La storia siamo noi, Rai Tre, 19 novembre 2007. (Link Youtube Parte 1)
  9. Citato in Beppe Di Corrado, Non ci sono parole per Pirlo, Il Foglio.it, 13 ottobre 2007.
  10. Dallo spettacolo Il signor Rossi e la costituzione.
  11. Citato in Pedrinelli, p. 164.
  12. Citato in Kabum... Come un paio di possibilità, Bottega dei Maestri Teatrali, 15 gennaio 2007.
  13. Dal programma televisivo Rino vive! – Ma il cielo è sempre più blu di Antonio Carella, La storia siamo noi, Rai Tre, 19 novembre 2007. (Link Youtube Parte 4)
  14. Dal programma televisivo Rino vive! – Ma il cielo è sempre più blu di Antonio Carella, La storia siamo noi, Rai Tre, 19 novembre 2007. (Link Youtube Parte 5)
  15. Dall'intervista di MLF, Celentano: è Tv vera. Per Paolo Rossi "un magnifico caos", Corriere della sera, 20 dicembre 1992.
  16. a b c d Testo di Rino Gaetano.

Bibliografia modifica

  • Paolo Rossi, Si fa presto a dire pirla: Monologhi di Paolo Rossi, Baldini & Castoldi, Milano 1992. ISBN 8885988350 (Anteprima su Google Books)
  • Paolo Rossi, Sul palco, a un metro da Gaber; in Andrea Pedrinelli (a cura di), Gaber, Giorgio, il Signor G. Raccontato da intellettuali, amici, artisti, Kowalski, Milano, 2008 (pp. 163-164). ISBN 978-88-7496-754-4

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