Riccardo Mannerini

poeta e paroliere italiano

Riccardo Mannerini (1927 – 1980), musicista e poeta italiano.

Riccardo Mannerini (a sinistra) con Fabrizio De André nel 1968.

Citazioni di Riccardo Mannerini

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Ballata per un ferroviere

1970, Testo riportato su Mannerini.it.[1]

  • Un ferroviere era quel tale | che per morire scelse Natale. | Da una finestra entrò nella storia | che parla di fame, non certo di gloria.
  • [...] ma quando la sorte è puntigliosa | arriva la morte in forma curiosa | che gli procura, umano aeroplano | un volo notturno da un quarto piano | e lo riduce in quattro e quattr'otto | in un mucchio di cenci, di ossa un fagotto.
  • All'alba non muore soltanto la notte, | muore anche l'uomo e il suo divenire, | e il sangue caldo che bagna il selciato | è un discorso appena iniziato.

Il sogno e l'avventura

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  • Mamma, | li vedi quei tipi | in lucide divise, | quei visi rasi, | quelle bandiere, | quei lunghi discorsi, | quelle signore bene? | Quella è la patria, | raccontalo a mio fratello, mamma. (Black marine, p. 66)
  • Mamma, | vedi che siamo presenti | dove c'è da crepare | e non ci cercano | quando c'è da decidere? | Questa è la democrazia | rammentalo a mio fratello, mamma. (Black marine, p. 66)
  • Quella sete di alcool mi spingeva | a perdermi in un piccolo bicchiere | ed a sera io ero cattivo, | e rinnegavo quasi | il bene che tu | mi avevi insegnato. | Era la mia testa a farmi sbagliare | e a darmi dolori | e visioni confuse; | il mio corpo godeva un calore | amico, | e tutto in me era forza | e gioia. | Ma la testa no, | pesava, doleva, si riempiva | di fumo denso, | tanto che io | ti supplicai di togliermela | e tu mi esaudisti, | o grande Signore; | quanto fui piccolo! (Signore, io non berrò più!; p. 69)
  • Signore, sono qui, io sono Hairisch[2], | quello che non ha la bicicletta. (Signore, guardami, io sono Hairisch; p. 71)
  • Il ricordo | penetra | nell'angolo grigio | del cervello, | morde gli intestini, | crea | lacrime e rimpianti, | muti dolori | che muoiono | in un sonno di pietra. (Amaro ricordo, Port Said, 3 giugno 1959; p. 132)
  • Perché mai | debbono | morire le farfalle.....? (Farfalle, Canale di Suez, 1959; p. 136)
  • Quando io penso a te | giurerei che il Nilo | nasce dal mio cuore. (Quando penso a te...; p. 139)
  • Come potrò dire | a mia madre | che ho paura? (Eroina[3], prima del 1968; p. 156)
  • Solo quando | scadrà l'affitto | di questo corpo idiota | avrò un premio. | Sarò citato | di monito a coloro | che credono sia divertente | giocare a palla | col proprio cervello | riuscendo a lanciarlo | oltre la riga | che qualcuno ha tracciato | ai bordi dell'infinito.[4] (Eroina[3], prima del 1968; p. 158)
  • Insegnami, | tu che mi ascolti, | un alfabeto diverso | da quello della mia vigliaccheria.[5] (Eroina[3], prima del 1968; p. 158)
  • Siamo gli occhi del mondo | e smettiamola | di guardarci le mani. (Siamo gli occhi del mondo, p. 185)
  • Il calendario | ha giorni di pietra | e le ore | sono la forgia | di nuove urla. (Destino, p. 194)
  • Cattedrale ove, | come mille religioni, | si urla, | si canta, | si mormora, | si pensa. | Una preghiera che non ha preferiti: | la salute | o il ritorno alla zolla. | Creature in bianco | con gesti mistici | in esoteriche parole | covano lavoro | ed illusioni. (Ospedale, 1979, p. 204)
  • Nelle città | del dolore, | della pena, | dell'urlo | la targa "ospedale" | attende il tuo lavoro. | Chiunque tu sia | di grado e di sesso | la tua opera | è mano protesa | a lenire, | a consolare, | a compiere | ciò che i "cari" | non farebbero mai. | I tuoi compiti | sono mille | e la pagina del domani | è sempre più pesante, | densa di funzioni | eseguite contro il male. (Infermiere, p. 210)
  • Vecchio mulino | oggi io mi sento | una delle tue pale. | Ruoto lentamente | con la ruota | e poi mi immergo | nell'acqua grigia | per risalire poi | verso un caldo vento | e un sole di campagna. (Mulino, p. 232)
  • Partire | è lasciare il disegno a metà, | il discorso lacerato. (Partire, p. 238)
  • Scrivere | è piangere | con l'inchiostro, | sporcare carta | e le idee degli altri. | Scrivere | è vomitare | in pubblico | e ridere | una pazzia frenata. (Pennarello, 1979; p. 239)
  • Il silenzio | è un manto pesante | che ci copre, | che soffoca | la realtà. (Silenzio I, p. 276)
  • Trecentosessanta e rotti giorni | per poter dire, | scagliando parole e pietre, | che più di un uomo nell'universo | non ci può stare. (Misurando, p. 283)
  • Quando | la sera | graffia | gli ultimi | disegni del giorno, | i ricettatori | di stelle | aprono | i loro armadi | fra le nubi | e il nostro cuore | tenta, | a buon mercato, | di comprarsi un sogno. (Sera, p. 284)
  • Mare, | piccolo mare, | porgimi | ancora | le tue dita | di spuma | che a notte | rubano, | furtive, | l'impronta | dei miei passi. (Mare, p. 286)
  • La vita si stiracchia | nell'utero cosmico. (Immagini II; p. 300)
  • Gli inventori impazziscono | perché mancano i pazzi. (Immagini II; p. 300)
  • Non c'è morte | ch'io possa indossare | quando penso | che dopo di me | nulla è niente. (Riflessioni, p. 316)
  • Rinuncia, | piatto d'obbligo della fame, | della pochezza, dei sogni rappresi. (Rinuncia, p. 328)

Citazioni su Riccardo Mannerini

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  • Mannerini mi ha insegnato che essere intelligenti non significa tanto accumulare nozioni, quanto selezionarle una volta accumulate, cercando di separare quelle utili da quelle disutili. [...] Questa capacità di analisi, di osservazione, praticamente l'ho imparata da lui. Mi ha anche influenzato a livello politico, rafforzando delle idee che già avevo. Sicuramente è stata una delle figure più importanti della mia vita. (Fabrizio De André)
  • Riccardo Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perché era un autentico libertario, e così quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall'alcool, ebbe un valore liberatorio, catartico. Però il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. È una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perché grazie all'alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima. (Fabrizio De André)

Collaborazioni

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  1. Il brano, eseguito dal Gruppo 6 di Genova, costituito dallo stesso Mannerini, si riferisce a un fatto di cronaca di quei tempi, la morte di Giuseppe Pinelli, il 15 dicembre 1969. Cfr. Mannerini.it.
  2. In un dattiloscritto della poesia, il nome Hairisch è corretto da altra mano in Irish. Cfr. Il sogno e l'avventura. Poesie 1955 – 1980, nota a p. 354.
  3. a b c Da questa poesia deriva la canzone Cantico dei drogati di Fabrizio De André.
  4. Nella canzone di De André, Cantico dei drogati, questo passo è leggermente diverso: «Quando scadrà l'affitto | di questo corpo idiota | allora avrò il mio premio | come una buona nota. | Mi citeran di monito | a chi crede sia bello | giocherellare a palla | con il proprio cervello | cercando di lanciarlo | oltre il confine stabilito | che qualcuno ha tracciato | ai bordi dell'infinito.»
  5. Nella canzone di De André, Cantico dei drogati, questo passo è leggermente diverso: «Tu che m'ascolti insegnami | un alfabeto che sia | differente da quello | della mia vigliaccheria.»

Bibliografia

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  • Riccardo Mannerini, Il sogno e l'avventura. Poesie 1955 – 1980, a cura di Francesco De Nicola e Maria Teresa Caprile, con uno scritto di Mario Macario e interviste di Ugo Mannerini, Liberodiscrivere edizioni, Genova, 2009. ISBN 978-88-7388-236-7

Altri progetti

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