Reality show

genere di programma televisivo
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Citazioni sui reality show.

  • Con i reality abbiamo toccato il fondo della volgarità. Hanno un solo merito: sono laici, senza censure. È la vita di tutti i giorni mandata in onda. Chi li ha ideati è stato un genio. (Gianni Boncompagni)
  • Io a un reality? Non ci andrei, non mi piace espormi se non per cose serie. (Plinio Fernando)
  • La tv della cosiddetta realtà provoca uno svuotamento dell'essere, perché sostituisce il guardarsi dentro e l'analisi di sé con l'esaltazione della visibilità e della notorietà, spacciati come apice della verità. Ma la realtà, se c'è ancora, ci dimostra che non è così. Il genere reality show ha l'invidiabile primato di essere, al tempo stesso, funerale e requiem della tv. Non solo si tratta di programmi che hanno un'intelligenza, uno spessore artistico e culturale da prefisso telefonico. No, il punto che li rende del tutto osceni (in senso letterale, cioè al di fuori della "scena" televisiva) è la loro tracotante volgarità. Sarebbe facile ma inutile, a questo punto, inveire contro la decadenza dei costumi e lo strapotere dell'audience, in nome della quale si perpetrano autentici crimini televisivi. Ogni popolo ha la televisione che si merita. Inutile lamentarsi. (Mina)
  • Negli ultimi 30 anni la tv generali­sta ha «inventato» tre grandi generi: il talk show, il reality, il talent show: intimamente legati tra loro, sia pure con caratteristiche differenti. Il talk è servito soprattutto per da­re voce a chi aveva difficoltà ad appa­rire in tv e a traghettare la famosa «gente» da un ruolo passivo a uno più attivo; il reality è il post-moderno di massa, l'assoluta indistinzione tra tv e realtà, «tra realtà bruta e realtà formatizzata» (Walter Siti); da una co­stola del reality è nato il talent. (Aldo Grasso)
  • Sono stata intrappolata nel mio letto! Ho visto allo sfinimento ogni reality show mai girato. Riesco a sentire fisicamente il mio QI che si abbassa, torno in sala operatoria! (Grey's Anatomy)
  • Sul mio computer, che frequento per molte ore al giorno come un ufficio ambulante, compaiono a tradimento, quando mi connetto in rete, le cose più strane: signorine in due pezzi che mi salutano, l'aviazione che vuole arruolarmi, banche che mi comunicano stima e simpatia, navi da crociera che non salpano senza di me, Aldo Giovanni e Giacomo (che perlomeno sono amici). In genere sopporto stoicamente e passo oltre. L'altro giorno, però, in aggiunta alle frattaglie pubblicitarie e ad altre imperscrutabili finestrelle che dicono "WOW!" e "POW!" (ma de ché?), è apparso il seguente annuncio: "Jo Squillo cacciata dalla Fattoria, aveva occupato abusivamente la casa del fattore". In omaggio all'interattività, che almeno in teoria dovrebbe rendere "democratico" l'affollamento isterico dei nostri poveri schermi domestici, vorrei eccezionalmente rispondere ai mittenti di quel messaggio, scelto quasi a caso nel mucchio: non voglio sapere niente di Jo Squillo, me ne frego della Fattoria, nutro una invincibile animosità nei confronti del fattore, sento di detestare anche i suoi parenti, odio i reality, vorrei poter nuocere fisicamente a chi li fa, a chi li guarda e a chi ne parla, spero che l'ideatore, il responsabile commerciale e financo l'incolpevole digitatore di quel messaggio abbiano una dissenteria fulminante. (Michele Serra)

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