Raffaello De Rensis

musicologo e critico musicale italiano

Raffaello De Rensis (1879 – 1970), musicologo e critico musicale italiano.

Musica italiana in Francia modifica

  • [...] i francesi non dissimulano il dispiacere che del Lulli, se si sono sforzati di costrurre un conveniente albero genealogico, non han potuto mutare l'atto di nascita ed han dovuto contentarsi di francesizzare il nome; ma son più dispiacenti nel dover convenire che non invano Lulli aprì gli occhi in Firenze, se la sua arte trae tanti e sì ragguardevoli elementi dal glorioso e fondamentale sistema della Camerata dei Bardi[1]. (pp. 8-9)
  • Lulli aveva sfrondata la forma italiana degli ornamenti e delle superfluità, aveva impresso al recitativo un andamento fluido, più vicino al linguaggio parlato e più aderente alle peculiarità della lingua francese, ed aveva soprattutto conferito al dramma una dignità ed una nobiltà, scevre di quel sentimentalismo sensuale genuinamente italico. (p. 9)
  • Neppure Giovanni Filippo Rameau, il più diretto continuatore del Lulli, acuto teorico, con le sue tre opere ha potuto evitare la decadenza rapida di una forma d'arte appena tentata e invano sostenuta: evidentemente la struttura psichico-estetica dei francesi non era la più adatta ad accoglierla. (p. 10)
  • [...] è cosa notoria, [che] l'opera buffa italiana continuò ad esercitare una grande influenza sulle sorti dell'opera seria, nel senso che andò adusando il gusto dei francesi alla musica spigliata, scorrevole, leggera, spoglia di ogni superfluità ingombrante, preparando cosi il terreno alla riforma di Gluck, la quale tecnicamente si riduce ad un puro processo di semplificazione e di idealizzazione. (p. 12)
  • L'opera italiana si era supinamente asservita al virtuosismo del soprano e della prima donna; costoro imponevano la loro volontà ai poeti e ai musicisti, impugnavano lo scettro del comando, allo scopo di sfoggiare, con infinita prodigalità, voce e gesti, d'infiorare il canto di gorgogli, arabeschi, artificii, ai quali il pubblico finiva col non prestare più la sua attenzione, o almeno la sua fede; l'opera era divenuta una collezione di arie, senz'alcun interesse ed unità drammatica, appiccicate, o, per essere più precisi, disgiunte da un recitativo povero di movimento, di realtà umana, di bellezza artistica e di senso comune. (p. 13)
  • [...] il Metastasio trovò anche un prezioso interprete [delle sue idee] in un maestro italiano, uno di quelli che non solo sentivano il bisogno di rinnovarsi e di apportare nuove energie all'opera, ma si sforzavano di creare, suscitare e porre in azione queste energie; un maestro che, su gli altri, ebbe audacie e possibilità estetiche, e fu perciò chiamato il Gluck italiano: voglio dire Nicolò Jommelli di Aversa, di quell'Aversa ingrata, che più tardi doveva gloriarsi anche dei natali di Domenico Cimarosa. (p. 17)
  • Spirito eclettico e assimilatore, ragionatore calmo e ponderato, artista cosciente e lucido, Cristoforo Gluck è prodotto necessario dell'evoluzione e delle necessità storiche. Egli, nell'ultimo periodo d'una fulgida carriera che l'aveva innalzato all'Olimpo, riassume i suoi sforzi e le sue idealità, e trae dall'intimo del suo essere e mette in valore gli elementi atti a costruire una forma d'opera lirica, scevra degli abusi, delle sconnessioni, delle superfluità e tendente ad esprimere sentimenti veraci ed illuminare situazioni drammatiche. (pp. 29-30)

Note modifica

  1. Gruppo di nobili che nel XVI secolo si incontravano a Firenze per discutere di musica, letteratura, scienza ed arti.

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