Pio Viazzi

politico, filosofo e giurista italiano (1868-1914)

Pio Viazzi (1868 – 1914), politico, filosofo e giurista italiano.

L'arte e la felicità umana

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La prima salita sul Duomo di Milano reca al forestiero pensoso una indefinibile impressione di malinconia.
La lucentezza bianca della mole (poiché non avverte l'opulenta sua colorazione fatta di riflessi e di gradazioni mutevoli ed inafferrabili chi non si sia esercitato in un sottile ed amoroso e pertinace culto del tempio) abbarbaglia. – Intorno, al basso, il formicaio umano è in una intricata minuta inconsapevole implacabile agitazione.
E la quantità incommensurabile delle forme scolpite che ad una ad una, in principio, a gruppi via via più numerosi e complessi, in seguito, con l'acuirsi dell'attenzione e col fortificarsi della percezione, giunge allo spettatore, come cosa fatta, accumulata, disposta ordinatamente e diligentemente nei secoli scorsi, per la dilettazione nostra, – siffatta sterminata quantità di forme richiama al pensiero tutte le vite umane che ivi si svolsero, tutte le passioni che qui (in una obliqua e felice deviazione degli effetti) si manifestarono o trovarono conforto, tutte le speranze, gli amori, gli odii, le preoccupazioni, i disinganni, che accompagnarono il martellamento assiduo di tanta pietra, l'innalzamento vertiginoso di tanto peso.

Citazioni

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  • Prima a sorgere tra le forme dell'arte è la danza rappresentativa. Lentamente, scrive il Giani, col progredir dei costumi e più col sorger di classi nell'associazione, la danza si allarga a modi meglio complessi, abbraccia una più ampia cerchia di atti, assume forme particolari per ogni casta, e mentre più e più si affranca dalle altre espressioni della vita collettiva, cede a grado a grado al delinearsi e all'affermarsi dell'elemento individuale. (p. 6)
  • Il Rinascimento, come è noto, fu tutto una consapevole, valida, assidua reazione allo spirito mistico cristiano. L'opera dell'artefice ha ormai un solo fine supremo – il piacere; un solo culto – la bellezza; una sola norma – il gusto dei più raffinati. (pp. 11-12)
  • [...] ogniqualvolta all'arte si impone un fine che le è estraneo, essa è tratta di necessità a decadere. (p. 12)
  • Elevazione dell'arte non è nella creazione industriosa di piccoli canoni tecnici correnti in un cerchio ristretto di persone, onde queste, distinguendosi, non per forza naturale ma per istudiate complicazioni di effetti innaturali, possano trarne illusione di superiorità. Elevazione dell'arte è invece nella più diretta e nella più completa affermazione dell'individuo, cosi come sinceramente abbisogna di manifestarsi agli altri o a sé stesso. (p. 15)
  • [...] l'arte, che è culto e sviluppo del bello è pure, in conseguenza di ciò, la più larga comprensione ed affermazione della Realtà; ed è bisogno fondamentale della natura umana perseguire il raggiungimento di una ideale coscienza (dico coscienza e non conoscenza perché intendo cosa assai più larga del raziocinio, della logica, della formula) con la realtà universa. (pp. 16-17)
  • L'amore! Ecco il nostro Duomo [di Milano] in certe asciutte, limpidissime, ventose giornate di marzo, quando la nostalgia dolce di ignote giovinezze si mescola col tumulto virile delle sane passioni rinascenti! Il Tempio ride ora la risata colossale di un semidio pazzo e giocondo. I santi di pietra, dall'alto dei pulpitini rabescati, predicano e proclamano, con una loro mimica dalla inverosimile ricchezza di atteggiamenti, con una loro enfasi curiosamente persuasiva, la forza di una fede (poiché nelle fedi è la forza), e la gloria rude e la passione intensa dei nostri antichi padri. Tutto si agita, intorno, si avvolge, si incrocia, e ride, e ride, e sale, disciogliendosi a grado a grado ed affinandosi, sottilizzandosi alla fine in una serena compostezza di preghiera amorosa (il profilo diritto della guglia maggiore taglia con risoluta nettezza l'azzurro profondo), che si spinga al cielo nella visione della Vergine pura e trionfante. (p. 17-18)
  • Il sentimento estetico e il sentimento morale sono [...] ambedue anteriori e superiori al principio scientifico, perché laddove la scienza astrae e limita i rapporti della sua considerazione, ivi per contro siffatta limitazione non si verifica: ambedue assai più ancora superiori alla formula scientifica, per quella ulteriore condizionalità che in quest’ultima è data dalla ferrea ristrettezza della parola, e, ciò che è peggio, della parola irrigidita nel termine tecnico. (p. 22)

La bellezza della vita

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  • Il fascino singolarissimo che emana dalla Santa Teresa del Bernini è nel contrasto fra la grazia squisita dei particolari (chi, dopo aver veduto, non ricorda il supremo abbandono di quella mano e di quel piede femminili modellati con delicatezza di paradiso?) e la prepotenza dell'ingegno e del polso dell'artefice nella concezione e nella esecuzione generale dell'opera. (parte seconda, cap. IV, p. 172)
  • Con quanta gioia, quasi religiosa, mi accade di riportarmi sull'alto colle dove è Ponzone, la terra della mia infanzia, appoggiata alla catena dell'Appennino ligure, circoscritta per un lato dal massiccio gruppo dei monti piacentini, e per l'altro dalle prime diramazioni delle Alpi Marittime, sino al Monviso, dominatore per lungo tratto all'intorno!
    Nel quale spazio, come varia e ridente si dispone la serie dei piccoli paesi, a dieci, a venti, a trenta chilometri di distanza, quasi fioritura umana delle cime più aguzze o riposo momentaneo dalle salubri fatiche giornaliere lungo le più lievi pendenze e, presso un torrente, nelle più spaziose vallate! Torri mozzate e sgretolantisi; con esse il fratel minore, tuttora vivente, il campanile della chiesa; ed intorno alla torre od al campanile i graziosi nipotini freschi per la loro giovine vita, le casette linde che sembrano stringersi in un comune abbraccio, come se la fine brezza delle alture le invitasse così a ripararsi affettuosamente dal freddo nelle tardive primavere e negli autunni precoci. (parte terza, cap. III, p. 258)
  • Chi attese mai, con qualche conformità di disposizione sentimentale, al levar del sole nella nostra piazza del Duomo in un mattino umido di autunno? Il Duomo dorme ancora, e sembra sdraiato. Si colorano gli accenni del nuovo giorno dietro di lui; ma poiché in basso ogni cosa è avvolta da una leggera nebbia e da una tenue oscurità violacea, che non consentono il gioco delle ombre e distruggono gli effetti della prospettiva, vale a dire delle distanze, cosi le parti singolari della fronte del tempio, per essere disposte tutte sovra lo stesso piano più prossimo, sono tutto individualmente notate dall'occhio, mentre i contorni più ampi della grande massa che sta dietro appaiono quasi un complemento misterioso ed irregolare di sfumature e di mezze tinte a ciò che, meglio visibile, trovasi nei piani che si accostano alla facciata; onde sembra che l'edificio si allarghi straordinariamente, e, per naturale contrasto, lo si direbbe abbassato. Giace esso, intatti, o dorme! Ma, ecco, il sole, improvviso, balza dai tetti delle case là in fondo; passa, fulmineo, da un pinnacolo all'altro; scorre, in fretta, sotto gli archi e tra i festoni; suscita forme e figure non prima vedute, a centinaia, a migliaia, prossime e lontane; e, gettando manate d'oro in ogni parte, grida festosamente la novella giornata. (parte quarta, cap. II, pp. 307-308)

Bibliografia

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