Philippe Daverio

storico dell'arte, critico d'arte, personaggio televisivo, gallerista e politico franco-italiano (1949-2020)

Philippe Daverio (1949 – 2020), critico d'arte italo-francese.

Philippe Daverio, 2008

Citazioni di Philippe Daverio modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • I milanesi sono l'unico popolo che io conosca che ha perso il senso della propria provenienza. Non hanno più un rapporto di identità culturale con le proprie istituzioni. Il pubblico milanese è bonario, critica poco e se mai non consuma. Gli si può dare foie gras per due anni e se poi si passa alla buseca non è che quelli dicano vogliamo il foie gras; mangiano meno buseca e se ne vanno. Son così i milanesi.[1]
  • La vita è come un quadro, pieno di pennellate che vanno nel verso giusto, ma ce n'è sempre una che, nonostante l'attenzione del pittore, esce dai confini, macchia il pavimento: ecco, quella è la morte, ineluttabile, fatale, uno strascico blu nell'infinito magniloquente e fantasmagorico, un'esplosione oltre la cornice che tutti vivremo (o moriremo), polvere barbaramente bistrattata quantunque paventasse un volo pindarico.[2]
  • Il Centro direzionale di Napoli, apparentemente corbusieriano avanzato, funziona come armonia quando ci passi sopra in aereo, nel vedere la città assolutamente futura e il Vesuvio insieme. Ma se ci vai dentro, manca la cura del dettaglio di tipo chirurgico che lo leghi al resto dell'impianto.[3]
  • Milano non è una bella città. Perché non è curata, è caotica, non ha armonia. E pensare che era bellissima, una delle più belle città d'Italia. [«Quando è diventata "brutta"?»] Dagli anni '30 del 900. La bruttezza è frutto di un misto di grettezza e avidità. È l'avidità che ha fatto coprire i Navigli, demolire le mura spagnole, sfasciare le periferie. Milano è stata ed è terra di scorrerie per gli avidi, che messi insieme non producono niente di bello.[4]
  • Palermo è un grandissimo laboratorio, un esperimento: è la più grande città multietnica d'Italia senza problemi. Potrebbe essere, domani, una sorta di capitale virtuale del Mediterraneo. Perciò è un luogo dove mi trovo benissimo.[5]
  • [In risposta ad alcuni contestatori che gli davano del "fascista"] Fascista io? Io non sono fascista, io sono stalinista! Quelli come voi andavano nelle miniere di sale! Io non sono fascista, io sono per Giuseppe Stalin![6]
  • Noi siamo fra quelli che credono che il destino delineato in questi ultimi dieci anni non corrisponda alla vocazione di Milano, la quale rimane pur sempre l'unica metropoli internazionale d'Italia. Crediamo che la città non debba solo continuare senza criteri una edificazione che non porta né al bello né all'utile ma solo a consolidare le garanzie in banca d'un gruppo di immobiliaristi che il mercato libero avrebbe destinato al fallimento. Crediamo che la città debba crescere e la vorremmo cosmopolita.[7]
  • [Riferendosi alla casa di Francesco Petrarca (Linterno) a Milano] Un patrimonio internazionale che andrebbe protetto dai Caschi Blu dell'Onu. Non solo l'architettura, ma anche l'ambiente è prezioso e raro, con marcite e fontanili che sopravvivono lì intorno.[8]
  • La parola algebra proviene da al-ğabr wa'l-muqābala, un libro scritto nell'825 d.C. da Abū Jaʿfar Muhammad ibn Mūsā al-Khwārizmī. Al-Khwarizmi diventerà la parola algoritmo e ci apre la strada verso il curioso rapporto tra il mondo arabo e il mondo occidentale, per il qual rapporto è fondamentale la città di Palermo.[2]
  • Palermo, la città barocca, la città delle palme; anche la città che contiene strati molto più antichi che vanno riletti sotto gli strati più recenti.[2]
  • Perché questi normanni in Sicilia non sono affatto isolati. Sentono Palermo come capitale centrale del mondo.[2]
  • A Napoli è stata affibbiata una mutazione di funzione e destino di cui non si è mai compresa la connotazione: da ex capitale, che cosa è diventata? Non si sa. E quel che è peggio: non se ne discute.[9]
  • L'Unione europea dovrebbe prendere atto che senza la cultura di Napoli e Palermo i tedeschi camminerebbero ancora con le corna in testa.[9]
  • Allora dico che Palermo avrebbe voglia di dichiararsi capitale del Mediterraneo, ma ha paura di farlo. Servirebbe un gigantesco Piano Marshall di restauro dei beni storici e artistici del centro storico. Dovrebbero intervenire i privati, ma a Palermo i capitali privati puliti sono difficili da reperire. Palermo dovrebbe focalizzarsi sulle sue ricchezze nobiliari, se non ci fosse stata una stupida sperequazione immobiliare, via Libertà sarebbe potuta essere la più bella strada di una città del Mediterraneo.[10]
  • Dico che Palermo soffre di onfalite perché non riesce a mettersi in discussione. È una città che evita i paragoni, si crede all'apice, non pensa di aver bisogno di un confronto. E invece sbaglia, se si guardasse attorno, scoprirebbe che sta abdicando al suo ruolo principale nel Mediterraneo; ruolo che invece dovrebbe pretendere con forza. Palermo guarda a se stessa, ma soffre di una patologia meridionalista: basti pensare che i genovesi sperano di vivere a Buenos Aires, i veneziani non lo sanno, i bolognesi ci stanno pensando. Palermo no, è felice di stare al suo posto, è uno specchio appannato di una monarchia passata, brillante e decadente. [«Benissimo professore, ma se Palermo è così malata, perché cercare di ricoverarla? Magari non c'è rimedio»] Non diciamo stupidaggini. Palermo ha il dovere di curarsi e rimettersi in sesto. Non può vivere di ricordi, legati al periodo del suo grande splendore, della lunghissima Belle Époque, dall'arrivo di Nelson al fascismo. Poi la città ha cominciato ad implodere, la migrazione ha fatto il resto, nel dopoguerra c'è stato il crollo. Se oggi facesse un po' di autocritica, riuscirebbe a recuperarsi.[10]
  • Io giustifico Palermo perché la sberla presa negli anni del sacco edilizio di Vito Ciancimino, è stata molto forte; ma è giunto il momento di alzare la testa e smetterla di compiangersi. Bisogna che qualcuno si dia una mossa e recuperi certa tradizione che è ricchezza.[10]
  • [Ai palermitani] Siate fieri della vostra tradizione, non fatela marcire, smettetela di pensate che i carretti e la coppola siano da chiudere in un armadio; sarebbe come se i banchieri bavaresi si vergognassero dello Jodel. La fierezza è una pillola antidepressiva, che va presa a manciate. E recuperate la bellezza, il fascino di ieri, la mondanità e la nobiltà di Palermo. La cura mondana è di per sé antimafiosa, perché la mafia sbaglia sempre la cravatta.[10]
  • [Su Palermo] Una città naturalmente splendida che ha una forte inclinazione verso il degrado.[10]
  • Io credo che riscoprire la radici culturali in un momento storico come questo sia fondamentale per un territorio come Palermo. Ogni tanto immagino che si possa dar vita ad una sorta di neo Garibaldi al contrario che parta con le camicie rosse da qui per conquistare non Roma ma Bruxelles, per spiegare che l'Europa non è un fatto solo legato alla monetina ma che è un legata a incroci e stratificazioni culturali dove Palermo gioca un luogo da protagonista.[11]
  • La Sicilia ha un vantaggio. La sua geografia è così forte e così feroce che è quasi impossibile assassinarla: le montagne, la dimensione della campagna. A Sambuca, per esempio, c'è ancora un rapporto plausibile tra fabbricato e paesaggio, una cosa importante dato che spesso il villino del geometra uccide i borghi.[12]
  • [Su Sandro Luporini] Il suo itinerario è assolutamente duplice, genialmente ambiguo fra letteratura e pittura. Spetta a noi scoprire il punto di congiunzione delle due parallele, che sta forse posto all'infinito, nell'accertamento vago d'un punto terminale e fatale dove il caos si dissolve nella metarealtà.[13]
  • Malgrado tutto, la Sicilia fa simpatia e bisognerebbe prenderne atto. Non vorrei che questo servisse a esaltare la megalomania dell'Isola, ma è un segnale che il resto d'Italia è affezionato alla Sicilia. Chi sta fuori la vede ancora come un mito.[12]
  • Ero un sessantottino che s'infilava nei cortei e occupava le aule dell'università. Frequentavo un comitato del movimento studentesco un po' stalinista dove vecchi partigiani ci incantavano con i loro racconti della resistenza. Il mito dell'azione è il più affascinante che ci possa essere per un ventenne. Rapì anche me. Fino a quando non divenne un ideale settario su cui cominciò ad aleggiare la tentazione della violenza.[14]
  • [La Reggia di Caserta] [...] questo edificio [...] fu un esempio per il cambio del gusto e dell'Europa intera. [...] [senza la Reggia di Caserta] la Francia avrebbe continuato a essere Luigi quindici all'infinito, gli Inglesi sarebbero rimasti molto più gotici di quanto non lo son diventati vedendo questi esempi. Questo è un pezzo di cuore dell'Europa.[15]
  • Craco meriterebbe un intervento economico molto forte della Comunità europea, in direzione di un restauro integrale, mandando anche un po’ al diavolo le Sovrintendenze che pensano che anche una rottura vada conservata. Occorre dare un destino turistico, artigianale, di vita, insomma. Fra il fare un viaggio inutile alle Seychelles e fare una vacanza di tre settimane a Craco d’inverno, gustando funghi e andando a cavallo nelle campagne, cosa sarebbe meglio? I clienti in Europa ci sono e noi non sappiamo ancora come portarli giù. Se fossimo svegli ed attenti li potremmo trovare.[16]

Note modifica

  1. Citato in L'arte con Daverio fa il tutto esaurito, Corriere della Sera, 17 gennaio 2004.
  2. a b c d Dal programma televisivo Palermo o l'Europa di una volta, Passepartout, 29 settembre 2013; visibile su Rai TV, Rai.tv.
  3. Dall'intervista di Stella Cervasio, Philippe Daverio: "N'Albero ok, ma il lungomare è un cadavere, napoli.repubblica.it, 15 novembre 2016.
  4. Dall'intervista di Mauro Cereda, Job; riportata in Milano una volta sì che era bella, Cislmilano.it, 25 giugno 2012.
  5. Citato in Philippe Daverio: Vado in Sicilia per capire l'Unità d'Italia, La Stampa.it, 6 giugno 2010.
  6. Da una contestazione a Palermo, 14 luglio 2010. Video disponibile su YouTube.com (min. 0:37).
  7. Citato in «Tu combatti la cementificazione», Corriere della Sera, 12 novembre 2010.
  8. Citato in Solo Petrarca può salvare il gioiello Cascina Linterno, Corriere della Sera, 4 dicembre 2010.
  9. a b Dall'intervista di Enzo Ciaccio Philippe Daverio: "La banalità uccide Napoli", Retenews24.it, 14 gennaio 2015.
  10. a b c d e Citato in Simonetta Trovato Giardini, ricchezza da custodire. Daverio: «È lì che si respirano i fasti del passato», Giornale di Sicilia.it, 26 giugno 2015.
  11. Citato in Manlio Viola, Ripartire dalla Palermo arabo-normanna, l’idea di Daverio allo Steri, BlogSicilia.it, 23 marzo 2016.
  12. a b Citato in Mario Di Caro Sambuca borgo più bello d'Italia ma è polemica sul televoto, Repubblica.it, 29 marzo 2016.
  13. Dalla prefazione al catalogo della Mostra al Museo Nazionale Romano/Terme di Diocleziano, Roma, 10 giugno-11 settembre 2016. Citato in Mostra a Roma, Terme di Diocleziano, 10 giugno-11 settembre, sandroluprini.it, 14 giugno 2016.
  14. Da un'intervista di Nicola Mirenzi,"La Le Pen è una malattia endemica della Francia". Intervista a Philippe Daverio, Huffington Post, 23 aprile 2017.
  15. Da Philippe Daverio alla Reggia di Caserta / Parte 1, Video disponibile su Youtube. com, min. 1:34.
  16. Da un'intervista di Armando Lostaglio,Philippe Daverio: l’Italia un museo diffuso., francavillainforma.it, 2 settembre 2020.

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