Ornela Vorpsi

scrittrice albanese

Ornela Vorpsi (1968 – vivente), scrittrice albanese.

Ornela Vorpsi

Citazioni di Ornela Vorpsi modifica

Da Ornela Vorpsi, le ali rosse degli sradicati

Intervista di Maria Serena Palieri, L'Unità, 23 febbraio 2007

  • Gli italiani mi sembrano un popolo molto flessibile e simpatico. Ma con una buona dose di razzismo. Essere un’albanese in Italia non è stato semplice, seppure studiavo, ero alta, insomma avevo certe grazie.
  • In Albania ci sono tornata solo con una toccata e fuga, perché mi sono resa conto che lì c’è solo il mio passato. E mi fa male lo stato transitorio, liquido, in cui versa il paese.
  • Mi ha sedotto il vostro capitalismo, che fa mercato anche dei geni degli animali.

Da La scrittrice: "In quelle case ancora i segni degli errori della dittatura"

Intervista di Stefania Di Lellis, Repubblica.it, 27 novembre 2019

  • Anche nella costruzione delle case l'Albania porta i segni della dittatura e degli errori che sono seguiti.
  • Durante la dittatura di Enver Hoxha, i bisognosi potevano fare richiesta di una casa e il regime forniva i materiali e un progetto, ma poi ognuno si arrangiava, faceva da sé, pure se non aveva alcuna esperienza edilizia. Anche mia madre si costruì la casa da sola.
  • Con Sali Berisha al potere dagli anni Novanta le città sono state cementificate in modo selvaggio. Chi desiderava tirare su un chiosco o una casa lo faceva senza curarsi di permessi o norme.
  • In parte noi albanesi non abbiamo ancora capito del tutto che ci vogliono regole se si vuole vivere bene la libertà
  • Le donne sapranno essere importanti nella ricostruzione. Sotto la dittatura erano già abituate a lavorare e anche se la società tradizionale è patriarcale stanno trovando la loro voce. Si faranno sentire.

Da Ornela Vorpsi, L'Europa è un sogno da toccare, l'Italia è blu e l'Albania è il paese in cui non si muore mai

Intervista di Nicola Baroni, linkiesta.it, 8 giugno 2020

  • Mi fa un male folle la parola "identità", anche se pare necessaria. Sentendola all'overdose e soprattutto intrufolata tra parole e luoghi politicamente corretti, mi ha creato un rigetto. Non m'interessa nulla l'identità albanese, francese, italiana o europea [...]
    Se dovessi per forza utilizzare la parola identità la riferirei al concetto di essere umano, al lavoro che questo fa su se stesso e con se stesso per sedersi bellamente nel mondo.
  • La mia terra ha delle caratteristiche che mi toccano in lacrime: la generosità o l'apertura al gioco e alla dimensione dell'assurdo per esempio. Ma quando torno a Tirana i demoni del passato mi vogliono divorare.
  • Qui nel Marais ci sono queste grandi porte cochère[1]e le travi a vista degli appartamenti che mi ricordano la Tirana profonda, casa mia. Anche a Milano o Roma ci sono i portoni ma sono perfetti, mentre qui sono un po' maldestri, hanno una familiarità molto sotterranea che mi viene incontro.
  • [L'Europa] Un sogno che porta dei frantumi. Come l'umanità – da fare, disfare, educare. Mentre dall'Albania era un sogno da toccare.

Incipit di Il paese dove non si muore mai modifica

  • È il paese dove non si muore mai. Fortificati da interminabili ore passate a tavola, annaffiati dal rachi, disinfettati dal peperoncino delle immancabili olive untuose, qui i corpi raggiungono una robustezza che sfida tutte le prove.
    La colonna vertebrale è di ferro. La puoi utilizzare come ti pare. Se capita un guasto, ci si può sempre arrangiare. Il cuore, quanto a lui, può ingrassare, necrosarsi, può subire un infarto, una trombosi e non so cos'altro, ma tiene maestosamente.
    Siamo in Albania, qui non si scherza.

Note modifica

  1. Porta carraia.

Bibliografia modifica

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