Nikolaj Gavrilovič Černyševskij

filosofo, rivoluzionario e scrittore russo

Nikolaj Gavrilovič Černyševskij (1828 – 1889), filosofo, rivoluzionario e scrittore russo.

Nikolaj Černyševskij

Citazioni di Nikolaj Gavrilovič Černyševskij

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  • I paesi in cui lo sviluppo economico comincia in ritardo, percorrono in compenso l'intero cammino molto più rapidamente, saltando, per così dire, interi periodi storici. La Russia potrà quindi saltare il periodo capitalistico ed entrare direttamente in quello socialista.[1]

Che fare?

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La mattina dell'11 luglio 1856, la servitù di uno fra i maggiori alberghi di Pietroburgo presso la stazione ferroviaria di Mosca era in una grande perplessità, non esente da agitazione.[2]

Citazioni

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  • La bellezza, come l'ingegno, come ogni altra dote, viene apprezzata dalla maggioranza alla stregua dell'opinione pubblica. Il giudizio proprio è un sospetto; quello degli altri costituisce un diploma. (I, 7)
  • Per le persone senza carattere è molto seducente il pensiero: «Io non ho paura di niente; io ho un carattere.» (I, 7)
  • E l'amore, tu lo sai, non è che il desiderio di veder felice chi si ama. Ora, senza libertà non esiste amore. (VII, 6)
  • Occorre aver per le mani un'occupazione seria, costante; allora si è più forti. (VIII, 6)
  • Non c'è pienezza di felicità, senza pienezza d'indipendenza. (VIII, 8)
  • Dialogo sulla gelosia:
    Vera: «Voi non ammettete la gelosia?»
    Rachmetov: «Fra gente evoluta la trovo affatto inammissibile. È un sentimento storpio, falso, abietto; una manifestazione di quell'ordine di cose, in forza del quale io non permetto ad altri di portare la mia biancheria o di fumar la mia pipa; una conseguenza dello stolto pregiudizio che ci fa considerare una creatura umana come una cosa di nostra proprietà»
    Vera: «Badate però che, a non ammetter la gelosia, le conseguenze possono essere terribili.»
    Rachmetov: «Terribili per chi è geloso, ne convengo; ma per chi no, né terribili né importanti.»
    Vera: «Voi predicate una completa immoralità, Rachmetov!»
    Rachmetov: «Così dunque vi pare dopo quattro anni di vita con lui? Ecco la sua colpa! Quante volte al giorno voi mangiate? Una. E se, poniamo, vi venisse in testa di mangiar due volte, offendereste forse qualcuno? Non credo. Perché dunque non lo fate? Non già per non dare ad altri un dispiacere, ma perché non ne avete voglia. Ora, il desinare è certamente una cosa gradita; e se pure la ragione e lo stomaco vi dicono che la ripetizione produrrebbe la nausea, nessun timore di dare ad altri un dispiacere vi tratterrebbe dal mangiare due volte, se così vi piacesse. Se davvero qualcuno se ne dolesse o ve lo vietasse, voi mangereste in fretta e di nascosto. Ecco tutto. Non si tratta di sapere se il fatto sia morale o immorale, ma se sia buona o no una cosa di contrabbando. Chi è che reprime i propri sentimenti e si condanna ad un martirio, solo per riguardo della gelosia altrui?... Solo quelle poche anime elette, per le quali non c'è da temere che siano trascinate all'immoralità. Gli altri, non che reprimersi, s'infingono, ingannano, diventano cattivi. Ecco tutto. Non lo sapevate forse?»
    Vera: «Sicuro che lo sapevo.»
    Rachmetov: «E dov'è dunque l'utilità morale della gelosia?» (VII, 8)
  1. Citato in Massimo L. Salvadori, Storia dell'età contemporanea, Loescher editore, Torino, 1977, vol. I, cap. XII, p. 223.
  2. Citato in Giacomo Papi, Federica Presutto, Riccardo Renzi, Antonio Stella, Incipit, Skira, 2018. ISBN 9788857238937

Bibliografia

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  • Nikolaj Gavrilovič Černyševskij, Che fare?, traduzione di F. Verdinois, Garzanti, Milano, 1976.

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