Michele Scherillo
filologo e politico italiano (1860-1930)
Michele Scherillo (1860 – 1930), docente e politico italiano.
- [Su Cesare Balbo] Un uomo che pare un eroe di Plutarco e uno scrittore che pare Plutarco. (da Gabriele Pepe e Gabriele Rossetti, La Lettura, luglio 1905, p. 1)
- [Su Gabriele Rossetti] Povero vecchio sognatore! Aveva vagheggiata un'Italia laica, indipendente, libera, governata dalle Alpi al Faro da un unico Re prode e fedele e da un Parlamento elettivo; e moriva, già cieco, alla vigilia che quel sogno magnanimo era per tradursi in una realtà! Come Mosè sul monte di Nebo, anch'egli, l'apocalittico poeta, moriva in cospetto della Terra promessa! (ibidem, p. 14)
- Dante rivive intero nell'opera sua. Perciò la Divina Commedia è molto più che l'Iliade. Omero è assente dall'opera sua, non è che un nome, un'ombra vana; e la Commedia è invece la grande, l'immortale voce di Dante: os magna sonaturum.
Chi ha messo alla pari Dante e Shakespeare, ha discorso da esteta; ma ha mostrato di non comprendere la ragione complessa dell'eccellenza di Dante uomo-poeta, a cui s'inchinano, con così stupendo consenso, tutte le nazioni colte del mondo, gareggiando nel tributargli onore i vinti e i vincitori di ieri, i potenti di oggi e quelli di domani, dal Belgio e dalla Francia alla Germania, dall'Inghilterra al Giappone e agli Stati Uniti.
Dante è esso medesimo un'affascinante opera d'arte, e la Commedia non è che la sua espressione vocale. Egli è, come con l'usata felicità disse il De Sanctis, nello stesso tempo l'Omero e l'Achille del suo mondo poetico. Nessuno dei personaggi del gran dramma oltramondano riesce a interessarci a sé così lungamente come la persona del poeta, attore e narratore insieme. (da Dante (Commemorazione secentenaria), Emporium, Vol. LIII, n.º 315, marzo 1921, p. 128)[1]
- L'Italia è immortale. La febbre onde essa è ora agitata, è l'effetto transitòrio di quelle crisi che son proprie degli organismi gagliardi. In alto gli animi, o sacra e sana gioventù d'Italia! Col nome di Dante nel cuore e sulle labbra, | leva sù; vinci l'ambascia | Con l'animo che vince ogni battaglia! (ibidem, p. 130)
- Quel fiorentino bizzarro del Lasca fu tra i pochissimi italiani che nel secolo decimosesto avessero un concetto chiaro e concreto di ciò che fosse e di ciò che dovesse essere il genere drammatico. Non che riuscisse a scriver lui delle commedie vitali; ma pur non avendo scritta né una Drammaturgia né un Nathan il saggio, egli ebbe in sé qualcosa del Lessing: una scarsa vena poetica, cioè, e un'acuta vista critica, snebbiata dagli uggiosi e letali pregiudizi della imitazione classica. (da La commedia dell'arte, in AA. VV., La vita italiana nei Seicento. Conferenze tenute a Firenze nel 1894, Fratelli Treves editori, Milano, 1895, p. 427)
Note
modifica- ↑ Gli stessi concetti, a volte con frasi uguali o simili, erano già apparsi in Michele Scherillo, Le origini e lo svolgimento della letteratura italiana. Vol. I, Ulrico Hoepli, Milano, 1919, pp. 80 sgg.
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