Maria Mikhailovna Stepanova (1972 – vivente), scrittrice russa.

Maria Stepanova nel 2006

Citazioni di Maria Stepanova modifica

  • Dopotutto l'immagine rende la storia non necessaria, ed è curioso che proprio il nuovo secolo ne abbia fatto la forma privilegiata di racconto. Qui tuttavia qualche stranezza c'è. Priva di testo l'immagine risulta astratta: una meditazione sui cliché. Tutte le immagini di guerra sono identiche se togli la firma [...] ci troviamo di fronte a un inferno che per così dire non ha differenze, buchi, che può scatenarsi ovunque. Ma sono identiche anche le foto dei bambini (sorriso, orsetto, vestitino), le foto di moda (sfondo monocromatico, scatto dal basso, braccia spalancate), le vecchie foto (baffi, bottoni, occhi; sbuffi, cappellino, labbra). Il messaggio della foto è semplice: non narra, ma elenca. Dell'Iliade resta una lista di navi.[1]
  • Già da tempo, la cultura vive un'unica vita comune, ed è impossibile rinchiuderla dentro le cornici nazionali, fare in modo che i russi scrivano solo di russi, i polacchi di polacchi, i francesi di francesi e così via. Non si può comprendere il XX secolo e le persone che lo hanno attraversato se non si tiene conto della contemporaneità del tutto, dell'invisibile e enorme sistema di conformità che ha interessato tutto e tutti. Mi piacerebbe pensare che il mio libro [Memoria della memoria] possa costituire un possibile territorio per mostrare questa contemporaneità. Non ho mai creduto nell'esistenza dell'enigmatica anima russa e nemmeno nel fatto che la nostra sofferenza, il nostro trauma collettivo, il nostro modo di pensare sia diverso da quello di tutti gli altri, per cui per capirlo lo si deve analizzare al di fuori del contesto generale, servendosi di strumenti speciali.[2]
  • [Su Winfried Sebald] Il sentimento di fratellanza di fronte a una sorte comune, come in una città assediata o su una nave che affonda, rende il suo metodo universale, totalizzante. Non ci sarà alcun miracolo, tutto ciò che è davanti a noi, noi stessi inclusi, si accinge [...] a sparire e non ci vorrà molto. Dunque non serve scegliere, e ogni cosa, ogni sorte, ogni persona e ogni insegna merita di essere ricordata, di scintillare ancora nella luce prima del buio finale.[1]
  • [...] la peculiarità della poesia è quella di convincersi della propria impossibilità: morire insieme a ogni poeta e risorgere e rinascere di nuovo a ogni nuova pratica poetica. [...] solo la parola, solo la lingua sono in grado di seppellirsi e di piangere la propria morte. Il pianto funebre è una funzione naturale della poesia, i primi versi che furono scritti erano epitaffi. La continuità nel tempo dei versi fa risuonare la parola umana, la fa durare a lungo, addirittura per secoli dopo che il corpo dell'autore, e persino il suo nome, hanno cessato di esistere. Non so se ci sia, in questa situazione, più disperazione o più speranza.[2]
  • [Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022] Natura morta. Questa guerra sbagliata su un territorio straniero, con i suoi crimini e le sue vittime (sono già a milioni, se parliamo non solo dei morti, ma anche di coloro che sono stati feriti, che sono rimasti senza casa, senza i parenti, senza un futuro), viene condotta dall'aggressore secondo i canoni di una creazione artistica, il cinema o un libro, dove gli avvenimenti vengono decisi da colui che li crea. Solo che si tratta di un libro che viene scritto da un pessimo autore — pessimo in entrambi i sensi — perché solo una persona cattiva oltre che uno scrittore da strapazzo può infischiarsene del tutto dei suoi eroi. Gli è indifferente se vivranno o moriranno, per lui non è importante quello che vogliono o di cosa hanno bisogno, e non è assolutamente disposto a riconoscere loro alcuna libertà. L'unica cosa che lo preoccupa sono il diritto d'autore, l'affermazione della sua volontà personale e la possibilità di controllo sul testo e sugli avvenimenti. È esattamente di questo — l'affermazione della sua volontà personale, il tentativo di riscrivere la storia dell'Ucraina e dell'Europa, di cambiare il nostro presente e di predeterminare il futuro — che si sta occupando Vladimir Putin. Egli sta tentando di trascinare l'Ucraina, la Russia, l'Europa, il mondo (e tutti coloro che scorrono incessantemente l'elenco dei notiziari) in questa narrazione orrenda che lui stesso ha scritto. Fa assegnamento sul fatto che in questo libro noi esisteremo, vuole essere il nostro autore, il nostro sceneggiatore, colui che sa come cambiare la nostra vita al meglio. Come ci riesca, lo sappiamo bene. Possiamo affermare che tale è la vera essenza di una qualsiasi dittatura e la logica di un qualsiasi dittatore: l'affermazione di un solipsismo personale, lo sguardo su un mondo vivo e abitato come fosse una natura morta, su piatti inermi disposti sulla tavola, che non grideranno se verranno rotti. Mi sembra però che qui si tratti di un caso particolare: dietro il movimento dei reparti militari russi c'è il terrore reale dinanzi all'esistenza dell'Altro e la brama sfrenata di schiacciare sotto di sé questo Altro, di trasformarlo, assimilarlo, attribuirselo, fagocitarlo, divorarlo.[3]

Note modifica

  1. a b Da Memoria della memoria, traduzione di Emanuela Bonacorsi, Bompiani, Milano, 2020. ISBN 978-88-452-9985-8. Citato in Maria Ercolani, Marija Stepanova, memoria della memoria, doppiozero.com, 24 giugno 2020.
  2. a b Dall'intervista di Claudia Scandura, Marija Stepanova, recitativi di ombre rinate, ilmanifesto.it, 23 febbraio 2020.
  3. Da «I nazisti a Kiev? Sì, siamo noi russi», Corriere della Sera, 18 marzo 2022, p. 20.

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