Marco d'Oggiono
pittore italiano
Marco d'Oggiono (1475 circa – 1524 circa), pittore italiano.
Citazioni su Marco d'Oggiono
modifica- Ma una fatica sostenuta con paziente intelligenza, della quale a Marco d'Oggiono devono essere grati artisti e arte, fu di ritrarre con fedeltà e vita il Cenacolo di Leonardo alle Grazie, che pochi anni dopo fatto, per il modo tenuto nel frescarlo, andò deperendo e a tal punto, che il Vasari, che venne a Milano e lo esaminò nel 1566, ebbe a scrivere, che «non si vedeva più che una macchia abbagliata». (Giuseppe Merzario)
- Marco e Giovanni Antonio son ricordati nei manoscritti vinciani come due allievi suoi prediletti: si tratta, verosimilmente, come notò il Solmi[1], di Marco d'Oggiono e del Boltraffio. (Francesco Malaguzzi Valeri)
Citazioni in ordine temporale.
- Tra gli scolari più antichi di Leonardo, Marco d'Oggiono (n. 1407?–1530), tendente al manierismo di lusso e di gran pratica, ripete, in modo pedestre, costantemente, le opere del maestro, le traduce nei proprii forti contrasti di chiaroscuro e nel proprio intenso colore. Il suo momento massimo è rappresentato dal "Salvator Mundi" della Galleria Borghese e dalla "Madonna allattante" del Museo del Louvre: opere con diligenza condotte, con i capelli delle figure lumeggiati uno ad uno, le sottili pieghe delle vesti color di rubino. La modellatura non manca di finezza, ma le teste son compresse, le mani gonfie, gli occhi sporgenti dall'orbita.
- Nel trittico già in casa Crespi, le colline del fondo sembran di stoffa; la Vergine e il Battista ripetono stancamente il gesto della Madonna e di Gabriele nella Vergine delle Rocce di Leonardo; le dure ali uncinate degli angeli hanno la pesantezza degli ornati nel seggio di Maria; San Pietro, con la testa contorta per mancanza di scorcio, si perde nel gomitolo di stoffa formato dal manto. Comincia ad apparir la maniera nel convenzionale paese, nel vorticoso girar delle pieghe, nel chiaroscuro artificioso. La testa dell'angelo a destra si rivede nella Madonna dell'Ambrosiana [...], dove il segno svanisce e le ombre si raccolgono in pesanti chiazze sul gonfio corpo del Bambino e sul collo della Vergine, mentre nel volto piatto il chiaroscuro si perde e ogni contorno si slarga, come disfacendosi.
- Marco dipinse i tre Arcangeli nella Galleria di Brera, facendo del vinciano Gabriele un vezzoso manichino; di Michele una macchinosa figura che oscura il cielo con le enormi ali distese e gli sbuffi tondeggianti del mantello; di Raffaele una grassa donzella imbarazzata nel sacco di pieghe delle vestimenta. Tra Gabriele e Raffaele è piombato Lucifero con la liscia testa di porcellana, le braccia sottili, le mani piccolette, le scure piante artigliate. L'artista già cade nella più uggiosa maniera, dimentico di proporzioni, di rapporti tra le figure e il paese, legnoso nelle figure memori del linearismo convenzionale del Civerchio[2], cupreo nell'effetto di colore.
- Nella tarda "Assunzione" della Galleria di Brera in Milano, gli Apostoli, che in terra si agitano per mirare l'Assunta in cielo, tra corone di nubi e di cherubini, non hanno più posto per muoversi; si attaccano, si accatastano, mentre i cherubini che attornian Maria con le ciocche della chioma al vento, con le gonfie vesti fasciate, volano, nuotano, cadono all'ingiù, perdon l'equilibrio. Tutto è sgangherato, tutto è come strappato a viva forza, per il grido dell'enfasi, per il tumulto degli elementi. Spentasi davanti agli occhi di Marco d'Oggiono la luce accesa dal maestro, egli s'irretì sempre più. Incapace di vedere un paese nella sua linea d'insieme, si contentò di far tutto di convenzione: paesaggio, figura umana, panneggio; cercò l'effetto nell'enfasi del gesto, nel turbinio barocco delle lucide pieghe, nell'accesa tonalità dei colori; parve anticipare i giorni del manierismo romano, senza pur possedere la virtuosità, la forza, propria ai maggiori seguaci di Raffaello e di Michelangelo.
Note
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Opere
modifica- Madonna col Bambino, san Giovanni e l'angelo (1510 circa)
- Pala dei tre arcangeli (1516 circa)
- Nozze di Cana (1519-1522)