Luigi Alberto Villanis

musicologo, compositore e musicista italiano

Luigi Alberto Villanis (1863 – 1906), musicologo italiano.

L'arte del clavicembalo modifica

  • Il registro della cappella reale d'Inghilterra ricorda William Byrd quale padre della musica: il che dimostra l'altissima stima in cui lo tennero i suoi contemporanei, e può spiegarci in parte l'eccellenza raggiunta così presto dalla scuola pianistica inglese. (Libro I - Inghilterra, pp. 50-51)
  • Nelle opere del Byrd i trilli, gli artifizii, i giochetti sonori abbondano; e la forma, quando abbandona il rigido preludio per darsi alle piccole creazioni nate nel seno del popolo, si presenta sempre pura, spesso aggraziata, permettendoci di afferrare la prima genesi di questa quasi spontanea produzione. (Libro I - Inghilterra, pp. 55)
  • Nel cenno su Blow[1] tentai delineare l'impronta di modernità che lo colloca, ai suoi tempi, fra gli innovatori: ora lo stesso elogio va ripetuto, e in grado assai più spiccato, per Enrico Purcell, armonizzatore ardito per l'epoca e lo stato della coltura in cui visse, ricercatore ostinato di effetti nuovi e, spesso, felici. Nel genere religioso, per il primo introduceva lo stile concertante fra voci e strumenti, al luogo del semplice accompagnamento d'organo; l'opera poi otteneva con lui una chiarezza di linea melodica ed un'efficacia drammatica, sconosciuta dai suoi precursori. (Libro I - Inghilterra, p. 78)
  • [Enrico Purcell] La spiccata individualità assunta dalle sue creazioni, se troppo presto non si fosse spezzata la sua esistenza, poteva e doveva creare una cerchia di tradizioni tale, da frenare la straniera influenza: e se, in luogo di spegnersi nel fiore dei trentasette anni, avesse egli goduto la longevità ad altri riserbata, forse il trionfo di Haendel in Inghilterra avrebbe avuto men favorevole ambiente, e le tendenze del colosso tedesco meno si sarebbero imposte. (Libro I - Inghilterra, p. 87)
  • [...] si può qui osservare che Scarlatti, in alcuni punti, rappresenta uno sviluppo musicale quasi superiore a quello affermato dallo stesso Emanuele Bach. Questi infatti ebbe il vantaggio di scrivere musica incensurabilmente pura; ma, in compenso, la sonorità risultante dalla disposizione dei suoi accordi per clavicembalo appare talora deficiente. Di più nei pezzi lenti egli abusa di ornamentazioni accessorie all'idea, dal che rifuggiva sempre l'autore su cui ci veniamo indugiando. (Libro II - Italia, pp. 171-172)

L'arte del pianoforte in Italia modifica

  • Clementi si valeva di strumenti inglesi in cui la maggior caduta del martello strappava alle corde una sonorità più vigorosa: inoltre la chiarezza cristallina del suono, unita con questa pienezza di voce, vibrava imponente nei rapidi passaggi di terze e seste e ottave ripetute, nel fiero attacco e preciso di interi accordi ribattuti o seguentisi in rapida successione. Mozart per contro ed i successori si perfezionavano sui pianoforti viennesi, più dolci e carezzevoli e siffattamente sensibili al tocco, da rispondere alla minima pressione del tasto. Qualche cosa dell'antico clavicembalo, per quanto si riflette alla grazia femminile delle sonorità, riviveva in questi prodotti: e mentre la cedevolezza somma del tasto guidava spontanea alla leggerezza del tocco, la minor tenuta di voce delle corde suggeriva una maggior rapidità nelle successioni del canto, un alternare di arpeggi, un giocherellare di abbellimenti che con grazia squisita trillavano nella vocina gentile di quegli strumenti, e circondavano di sonorità ideali le pagine eseguite. (Parte prima, cap. I, p. 12)
  • Cristoforo Gluck, ispirandosi ad un concetto che già si era affermato sin dagli inizi dell'opera in musica, poteva dire che "sull'atto del comporre si dimenticava di essere musicista" perché come tale non avrebbe potuto negare il fascino di quella forma di per sé completa e creatrice di una pura bellezza formale: mentre, seguendo più strettamente il valore del testo poetico, la preoccupazione di tale bellezza passava in seconda linea e lasciava più libero il campo all'elemento passionale. (Parte prima, cap, I, p. 18)
  • [...] possiamo considerare l'opera di un vero artista, nel quale il sentimento e quello che chiamammo "lo stile intimo" hanno schietta sanzione, e cui, per l'influenza rivelatasi nei successori, può riannodarsi una prima fase romantica della scuola pianistica italiana.
    Quest'uomo fu Stefano Golinelli. Professore di pianoforte al Liceo di Bologna dal '40 al '70, a questo solo strumento limitò la sua produzione: ed a quel modo che della sua abilità pianistica fa fede la parola dell'Hiller, il quale nel 1842 lo considerava il miglior pianista italiano [...]. (Parte seconda, cap. III, pp. 185-186)
  • Sotto l'aspetto pianistico, il Golinelli è ancora contraddistinto dal meccanismo che potremo dire classico, e si risolve in una pesantezza ben nota a chi abbia seguito la struttura delle opere clementine[2]. (Parte seconda, cap. III, p. 188)
  • Questo ricordo delle formule classiche già superate dai grandi pianisti che sorgevano, appesantisce talvolta lo stile del Golinelli, il che non annebbia completamente la signorile individualità del procedere, cui attingeranno i successori. Inoltre, attraverso alle fitte volute di questo meccanismo ancor classico, in ispecie nei piccoli momenti cui prima accennai, lo spirito del poeta si leva e canta una canzone propria e sentita, che sempre più ribadisce il nuovo spirare di ideali anche fra coloro, che nei mezzi materiali dell'arte subivano il fascino di epoche passate. (Parte seconda, cap. III, pp. 188-189)
  • Modesto, solitario, ristretto al culto dell'arte ed alla pratica dell'insegnamento, [Carlo Rossaro] fu mal conosciuto dai contemporanei e pienamente scordato dai successori: quasi l'abbandono del brutto genere imperante fosse colpa mortale presso chi dovrebbe tracciare nella storia il cammino del pensiero nuovo. (Parte seconda, cap. III, p. 204)
  • [...] l'evoluzione del Rossaro è dovuta all'ammirazione per l'arte e la riforma wagneriana: ammirazione che raggiungeva il feticismo, rendendo impossibile ogni discussione su tale argomento, e schierandolo in primissima linea nella battaglia che i pochi proseliti combattevano fra noi contro l'immensa maggioranza degli oppositori. (Parte seconda, cap. III, pp. 205-206)
  • Questo stesso entusiasmo schietto e profondo, questa fede incrollabile fra l'universale diffidenza e il tiepido calore dei musicisti vale a dimostrare quale tempra di artista fosse il Rossaro: costretto dalla forza inesorabile delle cose a trascinarsi fra le lezioni in ambiente retrivo, traviato fra l'universale ignoranza ch'egli tentava scongiurare, comperando le opere allora carissime dello Scarlatti nell'edizione Haslinger: ma pronto a rianimarsi non appena un alito di vera idealità potesse giungere a lui, come la voce di un'arte ch'egli presentiva, ed all'anima entusiasta rivelava la terra promessa, da lungo sospirata. (Parte seconda, cap. III, p. 206)
  • Pianista mirabile, Adolfo Fumagalli, pianista fra i più valorosi che si siano prodotti nei saggi mondiali, posso ammetterlo e, con qualche limitazione dovuta al fatto che nel pianista io ricerco anche la coltura, son pronto a concederlo. Ma grande compositore per pianoforte, ma anche un più che mediocre scrittore di cose vere e sentite, questo poi no. Lo si ricordi per la rara abilità nel suscitare dalla tastiera le sonorità meglio indicate a riprodurci un dato quadro orchestrale da altri creato: e, per sostenere l'elogio attribuito al geniale riproduttore, anch'io citerò la "Grande Fantasia di concerto sui Puritani di Bellini" [...], ove si è tratti ad ammirare l'ingegnosità ch'egli spiega ad ogni passo, la conoscenza perfettissima di tutte le risorse, che una buona tastiera può offrire. (Parte seconda, cap. III, p. 214)

Note modifica

  1. John Blow (1649 – 1708), organista e compositore inglese.
  2. Muzio Clementi.

Bibliografia modifica

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