Ildebrando Pizzetti

compositore, musicologo e critico musicale italiano (1880-1968)

Ildebrando Pizzetti (1880 – 1968), compositore, drammaturgo, musicologo e critico musicale italiano.

Ildebrando Pizzetti

Citazioni di Ildebrando Pizzetti modifica

  • Con una sobrietà mirabile di mezzi tecnici, il Debussy ha saputo ottenere una stupenda varietà di espressioni: la sua partitura [di Pelléas et Mélisande] è senza dubbio una delle più degne di studio fra quante ne son state scritte da Beethoven a oggi: e intendo con queste parole di farne il maggior elogio possibile, un elogio che non potrei ugualmente fare alle partiture di Riccardo Strauss.[1]
  • [Fernando Agnoletti] È uno che dell'arte musicale non conosce neppure gli elementi, e che certo non si era mai neppure sognato, sino a due mesi fa, di diventare un giorno un compositore: la musica del suo Inno egli dovette dettarla a un amico, battuta per battuta.[2]
  • Nello strumentale del Debussy non v'è quasi mai alcunché di troppo, e raramente vi si avvertono delle deficienze, le quali, del resto, quando vi si avvertono, dipendono più da un errore di concezione della espressione musicale drammatica nel suo complesso, che dalla realizzazione sinfonica, come tale, della stessa espressione. Lo strumentale debussysta ha poi, oltreché per sé stesso, un importante valore sintomatico di reazione contro certa tecnica strumentale moderna che consiste sopratutto – a quel che pare – nel produrre con l'orchestra il maggior rumore che si possa. Io mi rallegro nella speranza di un avvenire prossimo, nel quale i compositori si saranno convinti che, per esprimere musicalmente il dramma, non c'è proprio bisogno di una orchestra enorme, fragorosa, urlante, assordante.[3]
  • Paul Dukas è un artista non molto, come si dice, personale, ma non è neppure il seguace di alcuna scuola. Nella sua musica appare talvolta manifesta l'influenza di altri maestri, ma non l'imitazione. Egli è sopratutto un artista sincero, e la sua arte è perciò quasi sempre efficace, anche quando manca di carattere proprio, distinto. Io ho latto delle critiche nelle quali si vuol far derivare la musica del Dukas da quella di Vincent d'Indy e da quella di Claude Debussy. Ma son giudizi infondati e assurdi.[4]

Lo straniero modifica

Incipit modifica

PERSONAGGI
LO STRANIERO
MARIA
IL RE HANÒCH
SCEDEÙR
IL PIETRA
IL FALCO
UN VECCHIO
IL ROSSO
ESAÙ
IL VECCHIONE
ATTO I
Una radura erbosa e petrosa nella Valle delle Acacie.
A sinistra le ultime pendici di un monte coperte di boschi; e dove il bosco finisce e comincian le terre coltivate è l'attendamento della tribù: e se ne scorge fra gli alberi, lontano, una parte. A destra un gruppo di palme alte, dietro le quali è stata costruita, di mattoni d'argilla, la casa del Re Hanòch: e fra le palme e la casa, da un lato, una catasta di legne grosse e piccole: e sotto le palme, a semicerchio, grosse pietre rozzamente squadrate, per le assemblee degli Anziani. Basse dune di sabbia all'orizzonte: e di là da quelle il deserto.
In giro sotto le palme, seduti sulle pietre, e dietro ritti in piedi, stanno i più vecchi pastori della tribù, capi di famiglia, e sulla pietra di mezzo siede Re Hanòch.
Il suo genero Scedeùr è l'ultimo seduto a sinistra, dove il cerchio si spezza.
È prossimo il tramonto.

IL RE ANÒCH
Io dico: Se nel tempo del bisogno
m'aiuta il mio fratello, e mi dà pane
e vesti e asilo, io bacio le sue mani
e son suo debitore per il giorno
dell'abbondanza. Io dico: Se una fiamma
esce fuori e s'apprende alla mia casa,
e il mio servo le spegne col mantello,
con le mani, col corpo, io benedico
il mio servo e ne faccio un uomo libero.
Se un uomo del mio popolo, un sapiente,
guarisce il mio figliuolo (egli ha salvato
la verde discendenza del suo Re),
io gli offro in dono il meglio che possiedo.
E il servo è cosa mia, e tutti gli uomini
d'una stessa famiglia hanno il dovere
d'aiutarsi l'un l'altro... Or dite voi:
se un uomo viene, e salva da una morte
certa non il suo Re, non il fratello,
ma tutto quanto un popolo straniero,
quale riconoscenza e qual compenso
gli saranno dovuti?

Citazioni su Ildebrando Pizzetti modifica

Renato Fondi modifica

  • Ha agito: ed ha insegnato l'energia, l'ardore, la forma decisione di combattere per un'arte sana, aureata, nuova.
    Pizzetti: musicista di razza, un nome e una bandiera fiammante.
  • Pizzetti: apostolo degno della propria missione, anima gagliarda che solleva e ringagliardisce l'anima nostra; maestro che non insegna con la parola, ma con l'esempio; uomo di ingegno che ha intuito lo spirito dei tempi e reagisce; uomo di fede che pone un ostacolo al dilagare della corruzione musicale elevata a virtù dai fabbricanti di romanze, ed è capace di sollevarsi alla concezione di uno stato migliore.
  • Pizzetti: pensatore e apostolo in un'età sfiduciata.
    Forte disciplinatore e ardito rinnovatore; spirito d'alta coltura, che sa fondere una magnifica visione poetica dell'universo umano con le esigenze del ragionamento dialettico, porta fra la tronfiezza delle parrucche accademiche tutta la ruvidezza della sua indipendenza; porta fra la rettorica di tamburo vuoto una fiamma viva d'entusiasmo. Pizzetti: coscienza superiore che s'inalza di volo con un poema drammatico musicale sui follaioli che sfamano il pubblico a chili di melodrammi.

Note modifica

  1. Da Arte contemporanea. Pelléas et Mélisande, in Rivista musicale italiana, vol. XV, Fratelli Bocca Editori, Torino, 1908, p. 361.
  2. Da I canti di guerra del popolo italiano, ne La lettura, 1 settembre 1915, p. 773; citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921, p. 635-636.
  3. Da Arte contemporanea. Pelléas et Mélisande, in Rivista musicale italiana, vol. XV, Fratelli Bocca Editori, Torino, 1908, p. 361.
  4. Da Arte contemporanea. "Ariane et Barbableu", in Rivista musicale italiana, vol. XV, Fratelli Bocca Editori, Torino, 1908, pp. 92-93.

Bibliografia modifica

  • Ildebrando Pizzetti, Lo straniero, Dramma in due atti, G. Ricordi E C. Editori, Milano 1930.

Altri progetti modifica