Graziana Pentich
pittrice, poetessa e scrittrice italiana (1920-2013)
Graziana Pentich (1920 – 2013), pittrice, scrittrice e poetessa italiana.
Citazioni su Graziana Pentich
modifica- [Lettera a Graziana Pentich del 18 marzo 1985] Cara Graziana, la tua lettera dell'Epifania mi ha portato una ventata di ricordi. I miei ricordi di Alfonso [Gatto] sono soprattutto del 1946-47, Milano, Genova, forse Venezia ma soprattutto i mesi che avete passato a Torino, in quella camera d'affitto di via Garibaldi, ricordi di Alfonso e te insieme, noi tre che camminiamo ore e ore per quelle tristi vie discutendo, Alfonso a sopracciglio alzato gridando le sue invettive... Poi anche Roma, 1948, 1949... [...] Le amicizie sono sempre legate sopratutto a una stagione della vita e la nostra a quei nostri anni di miseria del dopoguerra, i cui ricordi restano folti e vivi sebbene sospesi in una nuvola quasi intemporale, come ricordi d'infanzia. (Italo Calvino)
- Si è tenuta a Pavia, nella Sala dell'Annunciata, la mostra "I colori della storia: Alfonso Gatto, poesia e pittura", curata sapientemente da Anna Modena. L'esposizione ha offerto al pubblico immagini e documenti messi a disposizione dalla compagna del poeta campano, Graziana Pentich. La mostra, e l'elegante volume edito da Vanni Scheiwiller, che ne è spunto, catalogo e sintesi, narrano tredici anni di una vita e di un amore che si intuiscono lacerati e regali, addirittura oltraggiosi nella loro ricerca dell'assoluto. Come tanti, si dirà. Certo, ma questa storia ha qualcosa di più tragico e necessario insieme, che brevi cenni biografici basteranno a illuminare.
- Alfonso Gatto e Graziana Pentich si incontrano nel dopoguerra, lei pittrice triestina, lui già noto e inquieto poeta dai vasti orizzonti: passano insieme vent'anni, «sempre in piedi sul ciglio di un abisso, ma col coraggio noncurante e divertito degli equilibristi». Hanno un figlio, Leone, «bello e prodigioso, forte e cattivo, delicato, come è la vita, come deve essere». Gatto muore in un incidente stradale nel '76, il figlio si uccide tre mesi dopo. Per dieci anni, Graziana Pentich si vieta anche solo il recupero mentale di un passato irripetibile e miracoloso, rifiutando ostinatamente la consolazione della memoria. Ma poi le si impone l'esigenza di un risucchio dal nulla e di una comunicazione illuminante agli altri della sua esperienza: «I buoni, i cari gesti della vita resistevano intatti in quegli sparsi disegni e dipinti ritrovati: ogni figura rimossa dal buio e dal disordine alla luce chiamava a sé altre figure, moltiplicava i gesti, le voci, i passi perduti...».
- Il volume si apre con lo schizzo di alcuni nomi preparati per il bambino che sta per nascere. Tra essi campeggia, perentorio nel suo stampatello, quello poi effettivamente scelto di Leone, «un nome che avrebbe arricchito di felinità il cognome Gatto». Dopo 280 pagine, il libro si chiude su un ritratto della madre fatto dal figlio dodicenne. In mezzo, riproduzioni di circa trecento disegni, acquerelli, ritratti, poesie, lettere, che stordiscono il lettore quasi con una continua febbre, lo emozionano come la rivelazione di un incanto che si sa destinato a spezzarsi. L'artista che ricompone e cuce gli strappi, che tenta di raggiungere nell’appagamento dei colori un lembo di serenità è lei, Graziana Pentich; e i suoi dipinti sono densi, pieni, sicuri di un bene che si conosce sicuro: orgogliosi della bellezza del figlio, carichi di stupore verso le cose e i colori della vita.
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