Giuseppe Manacorda
Giuseppe Manacorda (1876 – 1920), storico e insegnante italiano.
Storia della scuola in Italia
modificaL'antica civiltà greca e latina si svolse, come è noto, in gran parte nelle scuole e per merito di esse e furono insegnanti i più grandi pensatori e filosofi elleni, ed anche alcuni dei romani. Ma se scuole ed insegnanti furono liberi sotto la repubblica romana, e lo stato allora si assunse soltanto la cura dell'educazione militare dei giovani, sotto l'impero invece, gradualmente dal II secolo in poi, si viene formando una scuola di stato. Questa perciò storicamente appare nata e cresciuta piuttosto per conservare che per creare il sapere. Nello sfacelo rapido delle istituzioni e nell'affievolirsi della cultura, la scuola pubblica fu palestra e seminario di dotti, conservatori del sapere, serra ove si racchiusero – fiori senza profumo – la tarda rettorica e la dialettica di grammatici, vissuti nella scuola piuttosto che nel foro, pedagoghi più che artisti od uomini pubblici.
Citazioni
modifica- I primi re barbari che dominarono in Italia, rispettosi di ogni istituzione romana, non solo non soppressero le scuole, ma piuttosto, a cominciare da Teodorico, coadiuvato da Cassiodoro, trovatele languenti, le fecero rifiorire. Cassiodoro stesso ci informa che il re barbaro era vago degli studi scientifici, specie geografici; per pubblici ufficiali egli cercava uomini dotti, la erudizione dei quali Cassiodoro non manca di lodare nelle lettere ufficiali. (vol. I, parte I, cap. I, p. 4)
- Fin dagl'inizi suoi il Cristianesimo fu, come ogni religione che si diffonda, un insegnamento: doctrina, docere è il termine usato dagli scrittori per indicare la predicazione, l'apostolato religioso ad un tempo e, talora, una vera e propria scuola di lettere [...]. (vol. I, parte I, cap. I, p. 11)
- Un potente impulso al cristianizzarsi della scuola dovette venire presso di noi in Italia dal dominio greco, succeduto a quello gotico nell'età giustinianea. Giustiniano proibì ai pagani l'insegnamento, come Giuliano l'aveva proibito ai cristiani, e fissò in mente un disegno di restaurazione e di difesa dello stato romano, basandolo sulla religione cristiana e sull'assolutismo monarchico. Egli concentrò, gli studi superiori a Costantinopoli od a Berito, né esitò a tal fine di sopprimere nel 529 la gloriosa accademia di Atene, ove fioriva la filosofia, disperdendo la bella scuola dei dotti, dei quali alcuni cercarono invano fortuna oltre l'Egeo, presso il trono dei Sassanidi. (vol. I, parte I, cap. I, pp. 14-15)
- La grande antipatia di S. Gregorio Magno pel sapere, già lo dicemmo, va intesa limitatamente al sapere profano, pagano; egli non voleva che su una stessa bocca risonassero le lodi di Giove e di Cristo, non voleva la parola divina costretta nelle regole di Donato[1], e se, come nota il Sepulcri, egli, come i suoi contemporanei, non si mostra forte in grammatica, classicamente intesa, gli è che Gregorio stesso rilevava come nessun traduttore della Bibbia aveva obbedito alle regole di Donato, ed egli, come Beda nel trattato De Tropis, vuole seguire il modello della Bibbia in tutto, anche nello stile, non già l'esempio dei classici. (vol. I, parte II, cap. III, p. 112)
Note
modifica- ↑ Elio Donato (in latino Aelius Donatus), grammatico romano del IV secolo.
Bibliografia
modifica- Giuseppe Manacorda, Storia della scuola in Italia, vol. I Il Medioevo, parte I Il diritto scolastico, Remo Sandron Editore, Milano-Palermo-Napoli, 1913.
- Giuseppe Manacorda, Storia della scuola in Italia, vol. I Il Medioevo, parte II Storia interna della scuola medioevale italiana, Remo Sandron Editore, Milano-Palermo-Napoli, 1913.