Giuseppe Maffei

letterato e religioso italiano (1775-1858)

Giuseppe Maffei (1775 – 1858), storico e critico letterario italiano.

Storia della Letteratura Italiana modifica

  • Tali furono le varie e grandi opere del Muratori, che trasse dalle tenebre la storia dell'Italia; che dissotterrò dalla polvere tante cronache e tanti documenti; che illustrò i bassi tempi in guisa che poco più rimaue a dire intorno ad essi; che pose i poeti italiani; prima traviati, sul buon sentiero; che fe' disfavillar nell'Italia novella filosofica luce. (Vol. III, p. 12)
  • Il marchese Scipione Maffei gareggiò col Muratori nel ritogliere alle tenebre pregevoli monumenti d'antichità, e lo superò nella gloria poetica; anzi fu tanta la rinomanza a cui egli salì, che la riconoscente sua patria giudicò che gli si dovesse innalzare una statua, benché ancor fosse vivo. (Vol. III, p. 12)
  • La riconoscente Verona gli avea già fallo erigere un busto coll'epigrafe: A Scipione Maffei ancora vivente; iscrizione al dir del Voltaire, bella nel suo genere al par di quella che si legge in Montpellier: A Luigi XIV dopo la morte; perché le lodi largite al privato vivente mostrano che le sue virtù hanno vinto il livore, mentre quelle che si tributano al principe ancora spirante possono essere un effetto della vile adulazione, e non soglion esser sincere se non quando cessò la sua possanza. Né ci dobbiamo maravigliare che tanti onori abbian fatto inorgoglire il Maffei, di cui si narra che un giorno chiedesse ad una colta dama: Che pagherebbe ella a saper quanto so io? Al che ella prontamente rispose : Pagherei assai più a saper quanto ella non sa. (Vol. III, p. 17)
  • L'avvocato Pietro Giannone faticò intorno ad una parte della istoria italiana, come fatto aveva il Maffei, ed al par di lui si rendette immortale. (Vol. III, p. 18)
  • La Storia civile del Regno di Napoli [Di Pietro Giannone] è un' opera singolare ed utilissima, perché tende ad istruire i lettori nella parte filosofica della storia medesima, cioè nel governo, nelle leggi, nella religione, nei costumi, nello stato delle arti e delle scienze. (Vol. III, p. 21)
  • Carlo Denina si valse delle opere del Muratori, e del Giannone principalmente, per compilare le sue belle Rivoluzioni di Italia; onde è d'uopo il porlo dopo di coloro che gli aprirono il cammino; e lo sgombrarono dei bronchi e dei sassi che troppo arduo lo rendevano. (Vol. III, p. 23)
  • Il Denina non vive nella ricordanza dei dotti italiani, che per mezzo delle sue Rivoluzioni d'Italia, in cui cominciando dagli Etruschi, e passando poi ai Romani, viene sottilmente investigando le cagioni della loro grandezza e decadenza; indi tratta dell'invasione dei barbari, del sistema feudale e canonico, delle repubbliche dei bassi tempi e del risorgimento della potenza italiana. (Vol. III, p. 24)
  • [Girolamo Tiraboschi nella Storia della Letteratura] Grande accuratezza egli mostra nelle discussioni biografiche e bibliografiche; onde corresse molti errori commessi dagl'Italiani non meno che dagli stranieri, e verificò molte date e molti fatti in modo da non lasciarne più verun dubbio. (Vol. III, p. 27)
  • Mascheroni illustre geometra e gentilissimo poeta, come lo dimostra il suo Invito a Lesbia, onde meritò che la sua morte fosse onorata dal canto del primo ingegno italiano, del cav. Monti autore della Mascheroniana. (Vol. III, p. 31)
  • Platone, Tacito, Bacone e Grozio erano i suoi favoriti autori: scorgea nel primo l'uomo quale esser debbe; nel secondo l'uomo qual è; nel terzo i germi di nuove scoperte; nel quarto l'idea di rettitudine nei corpi sociali. (Vol. III, p. 32)
  • La più grande opera del Vico, cui il Corniani dà a buon diritto il titolo di Dante della filosofia, è quella dei Princìpi di Scienza nuova. E veramente nuove e preziose sono le idee che egli vi sparse; ma talvolta le affastellò di troppo, o le coprì con velame misterioso, o le illustrò colla dubbiosa scorta della mitologia. (Vol. III, p. 33)
  • La Scienza della Legistazione [di Gaetano Filangieri] è scritta con grande profondità di dottrina, con calda eloquenza, e con una libertà che fe egualmente onore al principe che la sofferse, ed all'autore che ne seppe far uso. (Vol. III, p. 47)
  • [Ferdinando Galiani] Votosi allo studio delle cose naturali, formò una collezione di tutte le pietre e materie vulcaniche del Vesuvio, e nel donarla a Benedetto XIV scrisse sulle casse che la contenevano: Beatissime Pater, fac ut lapides isti panes flant; ed il Papa fece il miracolo dandogli un canonicato che gli rendeva 400 ducati. (Vol. III, p. 49)
  • A Napoli va debitrice l'Italia della restaurazione della moderna filosofia razionale, che da quel regno si propagò per tutta la penisola. Il Telesio, il Bruno ed il Campanella aveano cominciato a scuotere il gioco aristotelico; il Vico ed il Genovesi lo levarono dal collo degli Italiani e lo infransero. (Vol. III, p. 50)
  • [Antonio Genovesi] Avendo sostituito alla credulità il dubbio filosofico, all'autorità il raziocinio, fu accusato come eretico, e non fu salvo che per la tolleranza del pontefice Benedetto XIV. (Vol. III, p. 50)

Bibliografia modifica

  • Giuseppe Maffei, Storia della Letteratura Italiana, Vol. III, Giovanni Mazzajoli Editore, Livorno 1852.

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