Giuseppe Conte (scrittore)
scrittore e poeta italiano (1945-)
Giuseppe Maria Silvio Conte (1945 – vivente), poeta e scrittore italiano.
Citazioni di Giuseppe Conte
modifica- Il secondo giorno dopo le calende di aprile siamo partiti dal porto di Genova, alle prime luci dell'alba. C'era un bel sole, anche se a ponente se ne stavano acquattate delle nuvole gonfie e grigie.
Era la prima volta che lasciavo la mia città. Sembrava schiacciarsi su se stessa e contro i monti, diventava una striscia color avorio e argilla man mano che la nave si allontanava da terra: non distinguevo più il colonnato della mia vecchia biblioteca, la facciata della basilica, le arcate del circo, niente dei cunicoli intorno al porto, delle botteghe che si affacciano su di esso, del mercato coperto a tre piani. Soltanto il profilo delle insulae più alte, ma da noi non erano né numerose né alte come a Roma, semplici dentellature in quella striscia avorio-argilla che era ormai la mia città. [...] Mi dispiaceva vedermela lì davanti schiacciarsi e rimpicciolirsi sempre di più, Genova, la città dove ero nato e dove avevo passato sino a quel momento tutta la mia vita, e che mi era sempre sembrata importante e in fondo non proprio brutta. Ma ora lì dal mare, che quasi spariva... Non facciamola lunga, non è che mi sia messo a piangere o a sospirare: soltanto un po' di nodo alla gola, un'ansia indefinibile, che è subito passata.[1] - [Su Lillo Gullo] Il suo lirismo si stempera spesso in ironia e l'ironia si addolcisce di malinconia.[2]
- Leggere Buzzi è sempre un viaggio nel retrobottega delle parole e delle idee, dove la loro vitalità e il loro assurdo vengono abilisssimamente fatti deflagrare. Basta una metafora arguta a miniaturizzare una storia; e si sorride, ci si sorprende, si pensa, si divaga, si ride di cuore. Anche per questo libro è così. Il lettore vedrà comparire improvvisi conigli che, con un occhio diritto e l'altro piegato, assomigliano a Maurice Chevalier. Imparerà diverse bizzarrie, che tra gli antenati dell'autore c'è una Trattoria Buzzi, che esiste una pasta detta "tempesta" e adatta per il brodo ristretto. E concorderà che quando un barbiere dalla forbice leggera come una musica tocca il tasto della malinconia ricordando che i capelli crescono anche dopo la morte, è sicuramente meglio parlare d'altro: perché non di un bel piatto di tagliatelle al burro e tartufi? [3]
- Ma se vai su Internet a cercare la poesia, trovi tanto materiale inerte, esternazioni emozionali da scemi del villaggio: i blog sono fatti per lo più da esibizionisti. Si trova la fuffa peggiore, senza un orientamento. Anche nei libri, intendiamoci, ma lo scemo del villaggio, il buffone di corte fanno comodo alla deriva in cui ci troviamo: la società ha una struttura di valori che lavora contro la poesia e in Italia abbiamo una classe dirigente nemica della letteratura.[4]
- [Su L'attimo fuggente] [...] non sa l'ingenuo, il poverino, che la poesia è un puro gioco di fonemi, un puro frutto dell'inconscio, una critica ideologica dell'esistente, una menzogna, una metafora dell'impossibilità e del nulla? No, Keating per sua fortuna non lo sa: forse neppure Peter Weir lo sa, e il successo del film dipende da questo. La poesia cui il regista australiano si ispira e di cui il pubblico ha probabilmente una sotterranea fame, è quella che crede: in se stessa, nell'istantaneità D.H. Lawrence vide proprio nella pulsante istantaneità il cuore della poetica di Whitman nella vita, nella natura, nell'amore, nel potente spettacolo dell'universo.[5]
- [Antonia Pozzi] Nelle immagini che ce la mostrano giovinetta, spiccano gli elementi distintivi della sua classe sociale: indossa camicie candide dai grandi colletti inamidati, blazer di gran taglio, porta una scriminatura larga e perfetta che divide in due bande i suoi capelli ricci e relativamente corti. Un segno di eccentricità è forse la cravatta annodata al collo: un enigma i suoi occhi interroganti in un viso malinconico, che può sembrare ora molto bello, ora ambiguamente mascolino.[6]
- Se il professor Keating, il protagonista di L'attimo fuggente, il film di Peter Weir che sta avendo un così vasto e sorprendente successo, fosse capitato in mezzo a certi poeti e critici italiani molto autorevoli e celebrati, la sua vicenda si sarebbe conclusa ancora più infelicemente. Il professor Keating crede che parole e idee possono cambiare il mondo e, da studente, aveva fondato la Dead Poets Society, (il bel titolo originale del film), un circolo iniziatico in cui, mentre ogni ragazzo con l'aiuto dei versi più amati inseguiva la pienezza della propria esistenza, nuovi dei nascevano. Il suo punto di riferimento più preciso è lo zio Walt, Walt Whitman, il grande cantore di Foglie d'erba [...].[5]
- [Antonia Pozzi] Uno dei fatti capitali della sua breve esistenza è il suo innamoramento, negli anni in cui frequenta il liceo Manzoni, per il suo professore di latino e greco, Antonio Maria Cervi. Le poesie che oggi portano la dedica "ad A. M. C." ci parlano di questo amore felicissimo e infelice, pudico e appassionato, innocente e contrastato. Contrastato al punto che il padre, rimaneggiando, tagliando, correggendo le poesie della figlia pubblicate postume, aveva ogni volta cancellato quella dedica, con la furia maldestra con cui si può cancellare un ricordo doloroso.[7]
Note
modifica- ↑ Da L'impero e l'incanto, De Ferrari, Genova, 2003, pp. 32-33
- ↑ Citato in Gigi Zoppello, Lillo Gullo, il giornalista poeta del Tg regionale, l'Adige, 7 giugno 2000.
- ↑ Risvolto di copertina in Aldo Buzzi, Parliamo d'altro, Ponte alle Grazie, Milano, 2006. ISBN 88-7928-829-6
- ↑ Citato in Paolo Stefano, Oggi Montale pubblicherebbe su internet, Corriere della sera, 5 agosto 2006, p. 37.
- ↑ a b Da Oh Capitano, mio Capitano, la Repubblica, 13 gennaio 1990, p. 14.
- ↑ Da Pozzi Antonia, in AA.VV., Italiane. Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011), www.150anni.it
- ↑ Da Pozzi Antonia, in AA.VV., Italiane. Dagli anni Cinquanta ad oggi (1951-2011), www.150anni.it
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