Gino Castaldo

giornalista e critico musicale italiano

Gino Castaldo (1950 – vivente), critico musicale italiano.

Citazioni di Gino CastaldoModifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • [Su Mina] Cosa ha significato per noi questa voce? Questa voce così duttile da poter essere a volte così iperuranica e cristallina, altre volte calda e sorniona, a volte virtuosistica, a volte morbidamente interpretativa. È "la" voce italiana di questi trent'anni. È la grande madre, ma anche una donna passionale, eppure la sua voce ha sempre qualcosa che la rende irraggiungibile, quasi che potesse esistere anche al di là del personaggio a cui appartiene.[1]
  • [...] una volta ascoltate tutte le canzoni della quarantanovesima edizione del festival, si avverte una strana sensazione: mancano delle cose davvero brutte, che a suo modo è un record. Questo non vuol dire che gli appassionati di musica saranno lì a strapparsi i capelli per la gioia. Tutt'altro, ma è un fatto che dopo gli orrori a cui siamo stati abituati in questi ultimi anni, una media decorosa è già un risultato clamoroso. [...] si potrebbe dire che non è tanto il festival ad essere cambiato, ma che l'Italia, anche da un punto di vista musicale, oggi assomiglia di più al festival di quanto non accadesse alcuni anni fa. Questa riflessione potrebbe gettare un'ombra desolante su quello che ci succede intorno, ma nel frattempo bisogna accontentarsi del fatto che quest'anno al festival ascolteremo canzoni meno raccapriccianti del solito.[2]
  • Con Roma e con l'Italia Chico Buarque de Hollanda ha un rapporto profondo e complicato. Ci ha vissuto da bambino, negli anni Cinquanta, quando il padre venne a insegnare all' università, ci è tornato nel 1969 in volontario esilio, dopo aver passato qualche tempo nelle prigioni di Rio de Janeiro, incriminato per le sue canzoni, poco amate dalla giunta militare che aveva preso il potere.[3]
  • [Sul Festival di Sanremo 2001] Succederà anche che si finirà per rimpiangere le gag di Elio e le Storie Tese e le altre stramberie lessicali che ogni tanto per tradizione hanno fatto capolino a Sanremo. Sta di fatto che quest'anno il ritorno verso i temi classici d'amore è totale, massiccio, inderogabile. [...] Può sembrare incredibile nel 2001, ma è pur sempre Sanremo.[4]
  • [Sul Festival di Sanremo 2004] È il primo festival realizzato senza le multinazionali del disco (dopo l'Aventino deciso dalla Fimi, che è la più rilevante tra le organizzazioni discografiche), è il primo del dopo Baudo, e soprattutto organizzato dal più chiacchierato dei direttori artistici [Tony Renis]. Sorprendente che possa sembrare, il risultato è tutt'altro che disprezzabile, sempre che ci si ricordi che siamo in ambito sanremese, dove certo non ci si aspetta di risolvere le sorti della musica italiana, ma al massimo, quando va bene, di scoprire un paio di buone canzoni.[5]
  • [Sugli Arctic Monkeys] Come possono quattro ventenni di Sheffield, una piccola città a est di Manchester, diventare un culto di massa nel giro di pochi mesi? Ci vuole talento in abbondanza, ca va sans dire, ma anche una geniale strategia che non ha precedenti nel mercato della musica.[6]
  • [Sugli Arctic Monkeys] I quattro ragazzi, bisogna dirlo, sono molto bravi, combinano con esplosiva energia i suoni del brit pop più duro e vitale, dai Clash in poi, e hanno il dono della sintesi. Sono il gruppo giusto al momento giusto e anche il modo in cui sono arrivati al successo è una tipica storia dei nostri giorni. A questa ascesa dal basso ci tengono, vogliono rimanere duri e puri e addirittura hanno rifiutato di esibirsi ai Brit Awards, dove ovviamente erano stati invitati, come fenomeno del momento.[6]
  • [Sul Festival di Sanremo 2008] Se mai è esistito davvero, il Baudismo ha subito in questa devastante campagna sanremese la sua più bruciante sconfitta. Inevitabile, del resto, se è vero che proprio lui, il vecchio patriarca televisivo, ha voluto ostinatamente intrecciare il suo destino con quello del Festival. Ma il festival quest'anno si è spento, come un giocattolo che improvvisamente non funziona più, malgrado il palco sia sempre quello, malgrado le scenografie siano più o meno le stesse, e le canzoni siano mediocri come lo sono sempre state. Il paternalismo del conduttore di razza, rotto a ogni vicissitudine, ma sempre in piedi, è apparso inadeguato, irrimediabilmente incrinato, non regge più, avvolto dalla luce malinconica del tramonto, sconfitto dalla fuga di massa che sta spolpando il pubblico della televisione generalista. [...] In questi anni di declino sembrava l'unico che al festival ci credeva davvero. Un capitano d'altri tempi, un soldato fedele nei secoli. Ma come tutti i patriarchi che incrociano il loro autunno, ha tirato troppo la corda. [...] di errori ne ha fatti molti. Ha pensato di essere al di sopra delle parti, è arrivato con la convinzione che niente e nessuno potesse davvero mettere in dubbio il "suo" festival, si è presentato tronfio, autoreferenziale, e anche la generosa divisione del palco col monellesco Chiambretti è stata solo apparenza, puro depistaggio, un espediente per poter confermare la sovranità assoluta del re, l'egemonia munifica del patron dei patron. Non ha voluto capire il vistoso declino che aveva di fronte. Non ha voluto capire che quel modo di fare il festival è ammuffito, frutto stanco di una formula tenuta in vita oltre ogni limite con flebo di botulini televisivi e lifting estremi. Se il festival è una decrepita signora rifatta in ogni centimetro di pelle, Baudo sembra un attempato cavalier servente che fa finta di danzare con una giovane ragazza sexy. Alla fine bisogna dirlo, questo festival lo si guarda con una punta di imbarazzo. In fondo uguale a tanti altri, ma proprio per questo incomprensibile, svuotato di ogni briciolo di vita [...] La partita sarebbe da giocare in tutt'altra maniera. Non si può fare finta di innovare con battute che hanno più di mezzo secolo di vita, non si può far finta, che le canzoni siano belle, e non lo sono. Più che la finale dei mondiali (come la Rai considera il "suo" festival di Sanremo) è una provinciale sgambata da oratorio tra scapoli e ammogliati. Ma l'errore più grosso è quello che risulta più incomprensibile in un personaggio così navigato: far capire al pubblico che considera il festival come una cosa "sua". Questo non se lo può permettere nessuno, neanche un vecchio patriarca. Un errore imperdonabile. Anche perché se è così allora Sanremo diventa come Domenica In, non c'è più differenza, e gli ascolti sono quelli di Domenica In.[7]
  • È arrivato il momento di domandarsi dove vuole andare a parare l'enfant prodige della canzone, il giovanotto di Latina che ha conquistato in pochi anni il mondo della musica, quantomeno quello latino, oltre che ovviamente quello italiano. Guai a parlare con Tiziano Ferro di ambizioni che non siano quelle di un qualunque ragazzo di talento. Vi risponderà che il suo è un lavoro come un altro. Ma dietro il suo viso netto, senza ombre apparenti, i capelli scolpiti e qualche dolce piega di femminilità nel sorriso, dietro la malcelata impertinenza infantile dello sguardo, si nasconde la forza di un gigante, con un piede nella fragilità dell'artista, e l'altro nella determinazione a non fermarsi davanti a nulla.[8]
  • A rimettere insieme gli Spandau Ballet è stato il batterista John Keeble e a vederli tutti insieme, mentre condividono un grosso camerino stracolmo di birre, sembra la rimpatriata di cinque vecchi amici. Eppure vent'anni fa si erano sciolti con un codazzo di polemiche, beghe, avvocati, insulti. La verità la dice Gary Kemp, il chitarrista, quello che era considerato il più brillante del gruppo: "Questa riunione è genuina. E il motivo è semplice, ci siamo accorti che l'esperienza degli Spandau Ballet era la cosa migliore che avessimo fatto e col passare degli anni ci mancava".[9] 
  • Esserci o non esserci? In musica questo non è più un dilemma. Bisogna esserci e basta, dovunque, comunque a ogni costo, senza badare alla qualità e al pregio dell'occasione, bisogna farsi vedere, cantare, concedere selfie, saltare su ogni carro possibile, tributi, serate di beneficenza, riappacificazioni in pubblico, duetti e featuring di massa. [...] È una morbosa necessità che rasenta l'ossessione e sta creando danni vistosi. A cominciare dalla spremitura creativa degli artisti. Se si fa troppo, se non ci si prende il tempo dovuto, come l'agricoltura intensiva e la pesca a strascico, alla fine le risorse si impoveriscono. Prendete l'estate, diventata appuntamento imprescindibile per il mondo della musica, sembra una nave stracarica di migranti, ci si aggrappano tutti, anche se è già strapiena, escono pezzi in continuazione, e continuano a uscire in pieno luglio, nessuno riesce a starsene fuori, come se saltare un anno equivalesse a morire, o meglio scomparire, che in arte è la stessa cosa. [...] Questo gli artisti lo sanno, molti di loro, i più giovani, ci sono cresciuti dentro e questo spiega anche perché i divi di oggi sono diversi dai divi di qualche tempo fa. Quelli di oggi, grazie ai social, sono sempre in scena, sono sempre davanti al pubblico, 24 ore su 24, non escono mai dal personaggio, non possono mai abbassare la maschera, Tik Tok, Instagram, Twitter ti inseguono, ti incalzano, generano una sorta di "second life", un mondo parallelo al tuo in cui vive una parte di te che non può fare a meno di esistere.[10]

NoteModifica

  1. Da Una donna passionale, una vita inaccessibile, la Repubblica, 22 ottobre 1988.
  2. Da C'è qualcosa di nuovo al festival di Sanremo, repubblica.it, 20 febbraio 1999.
  3. Da Chico Buarque, la Repubblica, 2 aprile 2000.
  4. Da Le parole di Sanremo tra amore e droga, repubblica.it, 20 febbraio 2001.
  5. Da Le canzoni di Sanremo, repubblica.it, 8 febbraio 2004.
  6. a b Da Arctic Monkeys, rock da record, la Repubblica, 27 gennaio 2006.
  7. Da Un festival spento e ammuffito, è l'estrema sconfitta del Baudismo, repubblica.it, 28 febbraio 2008.
  8. Da Le canzoni migliori nascono dalla follia, la Repubblica, 3 novembre 2008.
  9. Da Dopo 20 anni tornano gli Spandau: "Rock e melodia, l'Italia ci ama", repubblica.it, 26 ottobre 2009.
  10. Da Apparire sempre, a costo di non essere, espresso.repubblica.it, 11 luglio 2022.

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