Anton Francesco Doni

letterato, editore e traduttore italiano
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Anton Francesco Doni (1513 – 1574), letterato, editore e traduttore italiano.

Anton Francesco Doni

Citazioni di Anton Francesco Doni

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  • La vera sapienza non è quella che va volando con le ali delle parole, ma quella che si fa vedere con le opere della Virtù.[1]
  • Nei morti sempre leggevo qualche cosa nuova e nei vivi udivo replicar mille volte mille cose vecchie.[2]
  • Non possono in un cuore star due amori parimente: si come parimente non possono anchora i nostri occhi rimirare il Cielo & la terra.[3]
MIGLIOR GUIDOTTI E SALVESTRO DEL BERRETTA

Migliore. Voi stareste meglio di gennaio al fuoco, messer Salvestro, che di luglio su i Marmi; perché cotesto berretton tinto in grana che voi portate, che fu giá fodrato, si convien piú con il verno che non si confá con la state.
Salvestro. E tu staresti meglio con un celatone in capo, di questo tempo, che con cotesto cappuccio. Oh quanto ti stanno peggio indosso i panni a te che 'l berrettone a me! Ma, s'io m'allegerissi, infredderei, e un altro maggiore sarebbe troppo: di questa sorte, che fosse nuovo, non credo che se ne trovi. Ma dimmi, tu, che sei grande piú degli altri, debbi aver maggior caldo degli altri, di ragione; noi, avendone manco e non lo potendo sopportare, come fa' tu a tollerar il tuo, ch'è tanto maggiore?

Citazioni su Anton Francesco Doni

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  • Un ingegno bizzarro, eteroclito, versatile e versipelle, il fiorentino Antonfrancesco Doni, già frate, poi smonacatosi, per furore di vita sciolta e libertina, poi stampatore a Firenze, quindi in Venezia poligrafo e adulatore smaccato di potenti; amico dell'Aretino, e in troppe cose a lui somigliante; questo Doni, dico, inquieto, litigioso, violento, è tutto fuoco verso la società nel cui mezzo s'aggira e di cui sfrutta i vizi e le debolezze, e formula contro di essa un atto d'accusa, che si direbbe scritto oggi, del quale (se fosse consentito dare così grande valore ad una voce solitaria, sperduta) si direbbero un'eco le odierne proteste. (Giovanni De Castro)
  • Fra gl'ingegni eterocliti, come si diceva nel cinquecento, od eccentrici come si direbbe oggi, spiccò mirabilmente Antonfrancesco Doni, fiorentino. Aggiratosi per diverse città e stamperie, serbò il sapore del dir nativo non ostante la bassa lega, presa altrove, con cui ne intorbidò la chiarezza.
  • Gettato il cappuccio de' Servi, e rimasto prete, voleva spretarsi come s'era sfratato, e non potendo, usurpava dal suo grado la licenza dei costumi e della parola; cortigiano e cinico, amico fino all'entusiasmo, nemico fino alla delazione, musico, novelliere, bibliografo, scrittore pieno di capricci, e che avrebbe voluto, come in quella fola di Perrault, che le parole, uscendogli di bocca, diventassero oro; erano in effetto oro e piombo.
  • Non fu novelliere di proposito, ma d'occasione; non raccontò con solennità, ma con disinvoltura ariostesca; disse naturalmente ed efficacemente come chi, trovandosi in una conversazione, s'abbatta a narrar un caso ch'altri ascolta con affetto, non come chi si ponga a magnificar con parole una storia inetta. Fatta ragione del tempo, che aveva modi di sentire e d'esprimere non poco vari dai nostri, il Doni è moderno per la franchezza, per l'efficacia, per quell'andare difilato al suo fine, senza strascichi o ammennicoli ciceroniani.
  1. Da Fiore di sentenze tratte dall'ornamento della lingua italiana.
  2. Da I marmi.
  3. Da Mondi celesti, terrestri, et infernali, p. 274.

Bibliografia

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