Ettore Messina

allenatore di pallacanestro italiano

Ettore Messina (1959 – vivente), allenatore di pallacanestro italiano.

Ettore Messina (2021)

Citazioni di Ettore Messina

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  Citazioni in ordine temporale.

  • [«Tecnicamente si sente "padre" di qualcosa?»] Non ho inventato nulla [nel basket], ho contribuito al concetto di spazio e tempi nella costruzione di un attacco, mutuandolo dalla tradizione jugoslava. Ho avuto grandi maestri, ma l'anno da vice di Cosic, addirittura surreale per l'estemporaneità del suo basket spesso incomprensibile, è stato illuminante. Come Hill per la gestione di un gruppo difficile. Io ero un seguace di Gamba, organizzazione, lavoro, difesa...[1]
  • Sulle regole non vorrei fare un discorso semplicistico, perché ci sono dei casi che meriterebbero molta attenzione. Però chiaramente in un gruppo ci devono essere delle regole che non devono essere imposte ma condivise e chiare. Rispettare le regole solo perché c'è qualcuno pronto a punirti non ha senso, si deve arrivare ad un'autodisciplina. Di solito i gruppi maturi sono formati da persone che riconoscono il valore delle regole e sanno quando fare un passo indietro per favorire un compagno o un collaboratore, ma sanno anche quando è il momento di prendersi delle responsabilità sulle spalle perché hanno la capacità e il talento per farlo che altri non hanno.[2]
  • Negli Anni 70 [Tonino Zorzi] era il capo allenatore della Reyer Venezia, ma per arrotondare faceva anche il professore di Educazione fisica nel mio liceo classico di Mestre. A me piaceva il basket e il latino.... Avrei voluto giocare, sognavo di diventare un campione e grazie alla mia ostinazione arrivai a giocare nelle giovanili, ma a 16 anni Zorzi mi convinse ad allenare i bambini della Reyer. Ho iniziato così. E qualcosa come allenatore ho pure fatto. Ma non sapete quanto mi dispiaccia ancora adesso di non essere stato un giocatore.[3]
  • Come la gente ricorda dov'era quando hanno assassinato Kennedy, quando hanno rapito Moro o quando sono crollate le Torri Gemelle, io ricorderò per sempre dov'ero quando mi hanno detto di Kobe. Ero con la squadra sul pullman che ci stava portando da Trieste a Ronchi dei Legionari, quando uno dopo l'altro i ragazzi, che sono sempre connessi via telefonino, mi hanno detto: "Coach, sarebbe morto Kobe Bryant". Kobe? Il mio Kobe? Quello della maglia autografata che mio figlio ha nella sua stanza? Non poteva essere possibile. Non doveva essere possibile... [«Che cosa ci resta di Kobe, quale eredità ci lascia?»] Aveva un talento enorme e lo aveva messo a disposizione del suo impegno ossessivo. Lui non aveva giorno libero. Lavorava con puntiglio per migliorare ogni dettaglio e non era mai convinto di avere fatto abbastanza. Lui voleva essere il migliore. E aveva anche una grande testa. Come campione di basket è stato un superuomo.[3]

Da un'intervista a Famiglia Cristiana; citato in Sportando.com, 30 aprile 2014.

  • [Lo sport] È lo specchio della società. L'aggressività, la superficialità, l'egoismo che si vedono nell'aula del nostro Parlamento non sono gli stessi che vediamo sui campi di pallacanestro? Gli esempi sono questi. Ci mancano una leadership responsabile e l'autodisciplina: io ho avuto maestri, scuola, famiglia, amici, università. Adesso ci si chiude con le cuffiette, vedo crescere una forma di individualismo difficile da rompere.
  • Ho perso un fratello e una sorella tra il 2008 e il 2011. In quei momenti ti dà fastidio vedere la quotidianità affrontata con sufficienza mentre tu vorresti tutti impegnati al 101% perché hai avuto la fortuna di svegliarti e fare ciò che ti piace. Avevo reazioni sbagliate. Razionalmente capivo che lo erano ma emotivamente non riuscivo a dominarle per quello che c'era nella mia testa. Per la stessa ragione, ora, anche se vorrei, non so rispondere a chi mi chiede di futuro: non so guardare più in là di domattina.
  • I campioni e i problemi sono uguali ovunque. Ma le ultime generazioni faticano di più a capire che serve sacrificio per essere all'altezza delle proprie attese. Problema nostro: tocca a noi entrare nella loro testa e aiutarli.

Basket, uomini e altri pianeti

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  • Quando il club è di un certo tipo, il modo in cui sei trattato ti fa sentire che devi essere inappuntabile. Il senso di responsabilità non deve sfociare però nel vedere questi club come un punto di arrivo. I miglioramenti si ottengono con il lavoro e devono essere autentici, non fatti percepire come tali tramite un buon lavoro di pubbliche relazioni verso l'esterno.
  • L'allenatore, ma più in generale chiunque organizzi altre persone per lavoro, si chiede sempre se siano più importanti le regole che fissa o le persone che a queste regole devono attenersi. Io credo che il concetto principale per relazionarsi professionalmente agli altri sia invece quello della responsabilità. Cioè il sentirsi spinto a dare il meglio di sé su base quotidiana.
  • È disciplinato quell'attaccante che sa capire chi è nella migliore posizione per fare un tiro. E se quel giocatore è lui, passare non significa essere un bravo soldato ma rifiutare la propria responsabilità. Autodisciplina, durezza mentale e voglia di sacrificarsi in difesa sono i tratti che le squadre vincenti di qualsiasi livello e continente hanno in comune, e non può essere un caso. È autodisciplina anche dire ai compagni: «Scusate, oggi abbiamo perso per colpa mia perché non ho giocato al mio livello».

Citazioni su Ettore Messina

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  • Ettore è un'icona per chi fa il nostro mestiere: con quello che è stato capace di vincere, dà valore alla categoria degli allenatori italiani. (Romeo Sacchetti)
  1. Dall'intervista di Luca Chiabotti, Mezzo secolo di Messina, La Gazzetta dello Sport, 30 settembre 2009.
  2. Dall'intervista di Carlo Sgrò, Ettore Messina: "La Sicilia è terra di grande passione", Sportiamoci.it, 13 gennaio 2014.
  3. a b Dall'intervista di Pier Bergonzi, Io, Armani, Kobe, il basket e il latino, SportWeek nº 6 (975), 8 febbraio 2020, pp. 16-21.

Bibliografia

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