Elena Milašina
giornalista russa
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Elena Valer'evna Milašina (1978 – vivente), giornalista russa.
Citazioni di Elena Milašina
modificaIntervista di Simone Alliva, huffingtonpost.it, 9 giugno 2017.
- Possiamo dire che in Cecenia ci sono i gay, come in ogni altro luogo del mondo. E subiscono repressioni, vengono torturati e uccisi solo perché gay, senza aver fatto altro.
- [«Ha contatti con le famiglie dei perseguiti?»] No, non abbiamo contatti con le famiglie perché quella del Caucaso è una società ultra tradizionalista e anche i parenti mettono in atto persecuzioni e uccisioni. Non è solo la polizia Cecena, sono soprattutto i parenti a fare questo ai loro cari quando scoprono che sono gay.
- Queste persone ci hanno detto che sono state ricattate dalla polizia cecena dopo che questa ha scoperto il loro orientamento sessuale. È una cosa molto diffusa in Cecenia, la polizia chiede soldi per non rivelare informazioni e loro hanno pagato la polizia per molto tempo. Ma improvvisamente è iniziata la campagna contro le persone LGBT. Negli ultimi tre anni, lavorando in Cecenia, abbiamo visto campagne di detenzione illegale: le persone sono state arrestate, torturate e perfino uccise per svariati motivi. E ora c'è la campagna contro LGBT: arrestati, torturati e uccisi solo perché gay. È una pratica diffusa in Cecenia perché qui non ci sono leggi, le leggi russe, non esistono. Vivono secondo le proprie leggi. Queste persone sono arrestate e tenute in prigione, molti di una sola prigione. Ma ora sappiamo di cinque prigioni segreti dove tengono le persone LGBT.
- [...] questa situazione [...] è un crimine contro l'umanità. Non ho mai visto niente del genere, in Europa almeno. Centinaia di persone sono state arrestate, torturate e anche uccise perché gay. Questa situazione dovrebbe allarmare il mondo intero. [...] È una situazione terribile perché il governo russo dovrebbe fare qualcosa per salvare le vite di quanti sono stati arrestati in Cecenia.
Intervista sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, ilducato.it, 29 marzo 2022.
- La censura di guerra è applicata in Russia illegalmente perché la Costituzione russa la vieta e perché non abbiamo ufficialmente una situazione di guerra nel nostro paese, e nemmeno con l’Ucraina, eppure è largamente praticata. Questo vuol dire che sospendere l’attività [di Novaja Gazeta] è stata una decisione forzata, non è dipeso da noi.
- Il 24 febbraio abbiamo cominciato una guerra in Ucraina e quello che sta accadendo ora dimostra che non c'è assolutamente spazio per libertà d'espressione in Russia. Potevamo esistere prima, anche perdendo i nostri colleghi uccisi dalla guerra ma continuando a lavorare, ora non possiamo più.
- Molte persone si trovano fuori dalla Russia perché non sono al sicuro e io stessa sono venuta via prima ancor prima dell'inizio della guerra perché ho ricevuto una minaccia dal governatore della Cecenia, Ramzan Kadyrov. Lunedì ho ricevuto la risposta dalla commissione d'inchiesta: mi ha detto che non è disposta perseguire e condannare Kadyrov – che mi ha definita una terrorista – rispetto alle sue minacce nei miei confronti perché non le vede come un crimine. La situazione per i giornalisti che dicono la verità è ancora peggio rispetto a prima che la guerra cominciasse.
- Quando c'è stata la guerra nel 2014 in Crimea, il supporto dei russi era maggiore. Ora vedo qualcosa di diverso, anche se pensano che la guerra in Ucraina sia giusta, non vedo lo stesso entusiasmo. Gli uomini russi non vogliono andare a combattere, portare la "primavera russa" in Ucraina, come la chiamano loro, e portare via il Donbass. Molte persone, non importa che supportino o meno la guerra, non capiscono il motivo di bombardare Kharkiv, Kiev, Odessa che sono città all'origine della nostra storia. Bombardare Kharkiv che è una città russa nella cultura o Kiev che è la madre della nostra storia è inconcepibile.
- [...] non abbiamo mai avuto quei numeri [di morti in guerra], né in Cecenia né in Afghanistan né dalla Seconda guerra mondiale. Penso che il popolo russo – non tutto – stia acquisendo questa consapevolezza e probabilmente cambierà idea ma il supporto generale rimane alto perché non c'è libertà d'espressione in Russia. Questo è il risultato dell'uccisione di media liberi.
Intervista sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, fanpage.it, 29 marzo 2022.
- Non ce n'è più di [media] tradizionali: non c'è più Ekho Moskvy, non ci sono più televisioni libere. Ora non ci saremo neanche noi. Ma esistono forze che continuano a produrre giornalismo indipendente. Cercando modi alternativi di lavorare in questa nuova realtà di stretta censura. Che non durerà solo per il tempo della guerra in Ucraina, ma continuerà anche dopo.
- [Sulla propaganda nella Federazione Russa] Sta vincendo. Stava già vincendo da molto tempo: in preparazione dell'operazione in Ucraina, erano già stati chiusi la maggior parte dei media indipendenti. E oggi vince perché influisce pesantemente sulla maggioranza della popolazione russa. Lo possiamo vedere dalla reazione della gente alla guerra: se c'è un sostegno, è il risultato del lavoro della propaganda. Per tutti questi anni quella contro la propaganda è stata una lotta impari. Era impossibile vincerla. Lo Stato ha tante risorse in più rispetto a noi. Così hanno eliminato tutte le voci in cui il mondo intero e una minoranza di russi avevano fiducia.
- Se ci fossero stati più media indipendenti questa tragedia enorme non si sarebbe mai verificata. Perché, per assurdo, le autorità, il Cremlino e Putin avrebbero saputo che l'Ucraina non è certo un Paese che avrebbe dato il benvenuto all'esercito russo. E che l'esercito russo è debole a causa dalla corruzione dilagante. E che tutti i potenti armamenti che sfilavano davanti a Putin e sulla tivù di stato non erano che una bufala. Perché in realtà gli armamenti russi sono di scarsa qualità, e l'esercito è male equipaggiato e ha molti problemi. Si sono fatti un autogol, trasferendo al Cremlino il controllo totale dei media: son rimasti prigionieri di quelle stesse fake news create dalla propaganda di regime.
- Il fatto è che le corde che Putin tocca nei russi delle generazioni nate e cresciute nell'Unione Sovietica sono molto sensibili. Si tratta di emozioni forti. E di sentimenti imperialisti. La gente ricorda i giorni in cui credeva di vivere in un grande Paese, e non ricorda tutte le cose negative di quei giorni.
- Noi abbiamo iniziato questa guerra, e in questa guerra saremo battuti. Non la vinceremo. E dopo che avremo perso dovremo dire addio all'imperialismo russo per come l'abbiamo conosciuto per molti secoli. E cominciare a costruire un altro Paese. Più piccolo, più gentile e meno militarista. Ma dobbiamo probabilmente affrontare tempi orribili, prima di poter dire addio al nostro passato.
Sull'invasione russa dell'Ucraina del 2022, lastampa.it, 5 luglio 2023.
- Quando, a invasione dell'Ucraina già iniziata, i Wagner sono venuti in soccorso all'esercito russo, Kadyrov si rendeva già pienamente conto che lunga campagna militare nella quale l'«operazione militare speciale» si stava trasformando richiedeva sacrifici ai quali non era pronto: rischiava la sua guardia, che per anni aveva spacciato per la «fanteria di Putin», e gli uomini della repubblica che si era abituato a considerare un suo feudo. Mentre a Grozny si svolgevano le performance dei kadyroviani che, armati fino ai denti, promettevano di marciare anche fino a Berlino, in privato il loro leader stava riportando i suoi uomini dal fronte. È stato il primo in Russia a reclutare volontari da altre regioni russe, e già a maggio del 2022 il numero dei ceceni inviati in Ucraina si era ridotto al minimo.
- Il diverbio tra Kadyrov e Prigozhin è diventato rapidamente uno scontro tra i Wagner e i ceceni, e non c’è nulla di strano. Per i Wagner, i ceceni sono sempre stati più logici come avversari che come alleati, e il mitico comandante dei mercenari Dmitry Utkin ha subito ricordato al capo del parlamento ceceno Daudov che aveva combattuto in Cecenia contro di lui, mentre i canali di propaganda di Prigozhin lanciavano il flashmob "Possiamo rifarlo".
- Kadyrov si è schierato con i generali contro Prigozhin. Prigozhin poteva permettersi degli ultimatum, Kadyrov no. Ora potremmo assistere a uno scontro frontale tra i Wagner e i kadyroviani. Se qualcuno pensa che per i ceceni sarà più facile psicologicamente sparare ai russi, si tratta di un’ennesima decisione molto poco intelligente. In caso di scontri nelle città russe contro i Wagner gli uomini di Kadyrov possono scarseggiare di competenza come di motivazione. Ma è evidente che i Wagner non gli perdoneranno mai il sangue versato. Questo significa che oggi soltanto uno sparo ci separa da un nuovo conflitto interetnico nel Caucaso.
Intervista della radio russa Echo Moskvij, lastampa.it, 8 luglio 2023.
- Insieme all’avvocato Aleksandr Nemov abbiamo preso l’aereo per andare a Grozny ad assistere alla sentenza di Zarema Musaeva. Abbiamo chiamato un taxi locale, fatto 500 metri e siamo stati circondati da diverse auto, che ci hanno costretto a uscire fuoristrada. C’erano almeno quattro uomini, tutti con le maschere, t-shirt e pantaloni neri, cappellini da baseball neri. Il resto l’ho visto solo a sprazzi, il tassista è stato buttato fuori, ci hanno piegato la testa, hanno cercato di legarci le mani, hanno iniziato a picchiarci. Ci hanno trascinati nel fosso e ci hanno picchiati con i bastoni di polipropilene. È un’arma standard per le torture in Cecenia, ne avevo scritto tanto, ma era la prima volta che la sperimentavo sulla mia pelle. La pistola l’hanno utilizzata soltanto per minacciarci, grazie a dio. Tutto è durato 8 minuti.
- Quegli uomini hanno detto di avermi già picchiato. Cioè avevano partecipato al crimine precedente, rimasto irrisolto per impossibilità di identificare gli aggressori. Eravamo state assalite in albergo, pieno di telecamere, ma le registrazioni sono sparite. Peccato che non posso venire nominata a capo dell’indagine sull’aggressione contro me stessa, l’avrei risolta in una settimana.
- Il problema è che questi crimini sono irrazionali. Tutti gli attacchi e le minacce che il leader ceceno si permette di fare in pubblico, e ai quali la nostra giustizia purtroppo non reagisce, sono un comportamento emotivo. Dobbiamo partire da qui, non dalla nostra logica “cui prodest”. È una vendetta. La testa rasata, il disinfettante verde, la mia schiena picchiata con i bastoni: è la punizione orientale per una donna che va contro gli uomini, contro il mondo dei maschi, che urta il loro onore. Ed è la cosa che mi ferisce di più, perché i ceceni, tutto il popolo, possono venire associati a questa bestialità.
- Io non sono una separatista. Io credo che la Cecenia sia parte della Russia e non possa vivere senza la Russia, come la Russia non può vivere senza la Cecenia. Certo, è un rapporto complesso.
- In Russia tutto è pericoloso. Nel nostro Paese non si usa parlare di spazi sicuri, né crearli, per tutti, non solo per i giornalisti, ma anche per gli attivisti, gli avvocati, i politici. Viviamo in un ambiente aggressivo e io mi sono scelta forse uno dei settori più aggressivi. Non sono stata io a fare questa scelta, l’hanno scelto per me le persone che hanno ucciso Politkovskaya ed Estemirova. Si parte da lì. Resuscitatele e non tornerò mai più in Cecenia.
Note
modifica- ↑ Da Le vittime non hanno paura, Internazionale, n. 780, 30 gennaio 2009, p. 31.
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