Citazioni sulla divulgazione.

  • Curiosamente oggi si parla molto di partecipazione, intesa come uno strumento di sviluppo democratico, ma raramente si parla di divulgazione come condizione essenziale per capire e quindi per partecipare. (Piero Angela)
  • [«Come si conquista la fiducia con la divulgazione?»] È un problema che aveva già messo a fuoco Aristotele: un'idea convincente ha bisogno di «logos», «ethos» e «pathos». Gli scienziati si basano solo sul «logos», cioè sulla teoria e sui dati. È necessario, ma non sufficiente. Occorre anche l'«ethos», cioè dare l'impressione di parlare nell'interesse di chi ascolta. Trattare il pubblico con superiorità, in questo senso, non funziona. Gli scienziati, poi, mancano soprattutto di «pathos», cioè della capacità di toccare chi ascolta o legge a livello emotivo. Soprattutto su tematiche socialmente rilevanti, come vaccini e migrazioni... (Massimo Pigliucci)
  • La comunicazione della scienza in Italia in poche parole (personali e incomplete. Lo dico subito. [...]): abbiamo centinaia di professionisti che si occupano di comunicazione della scienza a vari livelli, dal giornalismo scientifico alla didattica informale passando per musei, enti di ricerca e social media. Questi professionisti hanno una formazione specifica. Ci sono scuole, congressi nazionali e internazionali, ci studi qualitativi e quantitativi, manuali e tanta letteratura. In altri posti nel mondo questi professionisti sono usati sia nei media più tradizionali per coprire le notizie di scienza sia nelle istituzioni per studiare le strategie di comunicazione. Tutti a dire "magari avessimo un [Anthony] Fauci anche noi, così chiaro e preciso". In realtà non vogliamo un Fauci, ma vogliamo il team di comunicatori della scienza che studia assieme a Fauci che cosa dire, come dirlo, quando farlo. Questo perché la strategia di comunicazione è parte integrante di ogni strategia per affrontare [...] qualsiasi [...] emergenza o situazione critica. [...]. Succede poi che nelle redazioni dei principali quotidiani nazionali non c'è neanche un giornalista scientifico. C'erano in passato, li hanno eliminati man mano. Le notizie di scienza vengono affidate a collaboratori esterni (se di colore o molto tecniche. Classico: i buchi neri, il robottino su Marte). Le notiziole le scrivono direttamente gli uffici stampa degli enti di ricerca (o delle aziende) e vanno in pagina così. Quando una notizia di scienza diventa grossa o si intreccia con la politica, l'attualità, l'economia, passa alle GrandiFirme o agli esperti. Non avete letto di Stamina, OGM, pandemia dai giornalisti scientifici, ma ne avete letto dalla GrandeFirma o dallo scienziato x. Anzi, avete letto lo scienziato x che dice una cosa e a fianco lo scienziato y che dice l'opposto. Questo succede per diversi motivi. Lo scienziato non costa, lo scienziato dà autorevolezza (tant'è che al giornalista scientifico chiedono sempre "il virgolettato" dell'esperto). Ma il motivo principale credo che sia (opinione personale, felice di essere smentita) che i direttori, i caporedattori e il giornalismo in generale non conosca e riconosca le peculiarità del giornalismo scientifico. E quindi? E quindi niente. Io che faccio questo mestiere [...] ho rinunciato a credere che le cose, nei media e nelle istituzioni, possano cambiare. Mi sono costruita i miei spazi e come me praticamente tutti i colleghi. Lavoriamo su Instagram, su YouTube, nei festival, con i libri, con le scuole, nelle riviste e nelle trasmissioni di settore e con un pubblico che, a differenza di quello dei giornali, cresce e paga per avere informazione che là non trova. Certo, spiace per le istituzioni. (Beatrice Mautino)
  • La divulgazione deve infatti fare i conti con questi due problemi, che richiedono competenza e immaginazione: cioè da un lato comprendere nel modo giusto le cose, interpretandole adeguatamente per trasferirle in un diverso linguaggio: dall'altro essere non solo chiari ma anche non-noiosi, pur mantenendo integro il messaggio (anzi, non aver paura di esser divertenti: l'umorismo è uno dei compagni di strada dell'intelligenza). (Piero Angela)
  • La divulgazione è sempre stata difficile e sempre lo sarà, indipendentemente dalla particolare disciplina accademica. Non è facile scrivere per un pubblico generale di argomenti di fisica, biologia, filosofia, storia, ecc. Questo perché si devono navigare delle acque turbolente cercando di evitare sia la Scilla del semplificare troppo, perché allora si presenta un'immagine falsa della disciplina di cui si scrive, sia la Cariddi del mantenersi così tecnico che la gente semplicemente perde interesse. Non ci sono formule magiche, ma direi che il semplice fatto di essere un accademico, anche se di grande statura dal punto di vista specialistico, non prepara per nulla allo scrivere per un pubblico generale. A questo aggiungiamoci che ancora oggi troppi dei miei colleghi considerano lo scrivere per il pubblico un'attività secondaria, probabilmente a cui si dedica gente che non è sufficientemente brava a fare lavoro tecnico; e anche il fatto che il pubblico stesso è spesso refrattario all'idea di investire tempo ed energia per capire argomenti difficili, e otteniamo l'attuale situazione, un tantino deprimente. Ma bisogna continuare, la scienza e la filosofia (e la storia, e l'economia, ecc) sono troppo importanti per lasciarle solo agli specialisti. (Massimo Pigliucci)
  • La divulgazione scientifica non si improvvisa. Sono temi complessi, vanno seguiti, leggendo ogni giorno centinaia di comunicati stampa e ricerche scientifiche: una volta capita qual è la cosa importante, devi capire come raccontarla perché se lo fai improvvisando può andare bene in un talk show per una battuta, ma se vuoi spiegare un argomento complesso devi prepararti adeguatamente, pensando a come articolare il discorso, a un'eventuale grafica di supporto... (Barbara Gallavotti)
  • Non esiste delitto, inganno, trucco, imbroglio e vizio che non vivano della loro segretezza. Portate alla luce del giorno questi segreti, descriveteli, rendeteli ridicoli agli occhi di tutti e prima o poi la pubblica opinione li getterà via. La sola divulgazione di per sé non è forse sufficiente, ma è l'unico mezzo senza il quale falliscono tutti gli altri. (Joseph Pulitzer)
  • [«I social media hanno salvato la divulgazione?»] Senza questi mezzi saremmo morti, se vedi l'andamento delle riviste classiche c'è da chiedersi quando moriranno, non se. Noi siamo andati su Youtube o Instagram un po' per disperazione, perché Facebook ormai era invivibile ed era difficilissimo raggiungere questi nuovi pubblici. Invece vedo che adesso le Scienze qualcuno lo compra e mi manda le foto, ma non è una roba da giovani, così come leggere i blog, che sono una roba veramente da matusa. Per iniziare però la cosa più importante per arrivare al pubblico giovane è fargli sapere che esisti e che sei affidabile. (Beatrice Mautino)
  • Sono entrata a piedi uniti in un ambiente che, fino a prima di me, era totalmente maschilista, con divulgatori uomini, anziani, alla lavagna. Io, con il background francese e americano, completamente lontana da questo schema classico, ho iniziato a raccontare il mondo dell'infinitamente piccolo con un'impronta disconosciuta in Italia. [...] Nei centri di ricerca capita che ti puntino il dito perché metti il rossetto, porti i tacchi o non raccogli i capelli, "mica devi fare sfilata" ti dicono. Ma io sono sempre andata oltre questi cliché e, fortunatamente, ho trovato un pubblico variegato, tra cui anche giovanissimi e giornalisti pronti a cogliere la mia "rivoluzione". (Gabriella Greison)

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