Davide Pagliarani

sacerdote cattolico italiano

Davide Pagliarani (1970 - vivente), presbitero italiano della Fraternità sacerdotale San Pio X.

Citazioni di Davide Pagliarani

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  • [Se lo immaginava di ritrovarsi Superiore Generale della FSSPX?] Qualche mese prima del Capitolo Generale 2018, ovviamente qualche rumore mi era arrivato all'orecchio. In precedenza, devo dire, non ci ho mai pensato. In particolare ricordo la gioia di lavorare durante 3 anni in Asia, a Singapore. Viaggiando molto in Asia, ricordo il desiderio di restare in quei paesi per tutta la vita. Ricordo molto bene una volta, visitai un cimitero, con tutte le tombe dei missionari. Un cimitero cristiano, in un paese musulmano. E quando vidi queste tombe di missionari, ricordo benissimo il desiderio di spendere la mia vita in quei paesi fino alla fine. Di essere un giorno sepolto anche io, lontano dalla mia terra. Il Signore poi, ha cambiato le carte in tavola.[1]
  • Innanzitutto mi sembra evidente che con le beatificazioni e canonizzazioni di tutti i Papi recenti a partire da Giovanni XXIII, si è cercato in qualche modo di "canonizzare" il Concilio, la nuova concezione della Chiesa e della vita cristiana che il Concilio ha stabilito e che tutti i Papi recenti hanno promosso. È un fenomeno inedito nella storia della Chiesa. Così, la Chiesa post-tridentina non ha mai pensato di canonizzare senza distinzione tutti i Papi da Paolo III a Sisto V. Ha canonizzato san Pio V non solo in ragione dei suoi legami con il Concilio di Trento o con la sua applicazione, ma in ragione della sua santità personale, proposta come modello a tutta la Chiesa e messa al servizio della Chiesa come Papa. Il fenomeno a cui assistiamo attualmente ci fa piuttosto pensare al cambiamento dei nomi delle piazze principali e dei viali, in seguito a una rivoluzione o a un cambiamento di regime.[2]
  • Non capitolare davanti a questo mondo, ma tutto ricapitolare in Cristo.[3]
  • Papa Francesco ha una visione generale molto precisa della società contemporanea, della Chiesa di oggi e, in ultima analisi, di tutta la storia. Mi sembra essere affetto da una sorta di iperrealismo che si pretende “pastorale”. Secondo lui, la Chiesa deve arrendersi all’evidenza: le è impossibile continuare a predicare una dottrina morale quale quella che ha predicato finora. Deve decidersi a capitolare davanti alle esigenze dell’uomo di oggi, e in conseguenza a ripensare la propria maternità. Certo, la Chiesa deve sempre essere madre: ma invece di esserlo trasmettendo la vita ed educando i propri figli, lo sarà nella misura in cui li saprà accettare come sono, ascoltare, comprendere ed accompagnare...Queste preoccupazioni, che non sono cattive in se stesse, vanno qui comprese in un senso nuovo e molto particolare: la Chiesa non può più imporsi, e per conseguenza non lo deve più. È passiva e si adatta. La vita ecclesiale, tale che può essere vissuta oggi, condiziona e determina la missione stessa della Chiesa, financo la sua ragion d’essere. Per esempio, poiché non può più esigere le stesse condizioni di un tempo per accedere alla Santa Eucaristia, visto che l’uomo moderno vi vede un’intollerabile intolleranza, la sola reazione realista e autenticamente cristiana, in questa logica, consiste ad adattarsi a questa situazione e a ridefinire le proprie esigenze. Così, per forza di cose, la morale cambia: le leggi eterne sono sottomesse ad un’evoluzione resa necessaria dalle circostanze storiche e dagli imperativi di una carità falsa e mal compresa.[3]

Fsppx.news, 11 febbraio 2022

  • La Tradizione è un tutto, perché la Fede è un tutto. E nel frangente attuale più che mai, si manifesta la necessità di una professione della Fede assolutamente libera. La vera libertà dei figli di Dio è innanzitutto la libertà di professare la propria Fede.
  • L’atto di Monsignor Lefebvre nel 1988 – come tutta la storia della Fraternità San Pio X – è un atto di fedeltà alla Chiesa; è un atto di fedeltà al Papa, alla gerarchia, alle anime. Indipendentemente da ciò che le autorità romane ne possono dire o non dire, pensare o non pensare.
  • Notate qui un problema: l’unità si fa nella Fede. E l’unità non si può ottenere con un indulto, un privilegio che ha in vista per gli uni una cosa, e per gli altri il suo contrario. Per gli uni, i sacerdoti e i fedeli che vogliono mantenere la Messa tridentina, si tratta di un mezzo per mantenere la Tradizione, ma per le autorità romane – ora lo ammettono apertamente – si tratta di un mezzo per farli transitare progressivamente e completamente alla “Chiesa conciliare”, al modo di pensare proprio della chiesa di oggi. Tutto questo è stato stabilito, promesso alla luce del protocollo firmato il 5 maggio 1988 dal Cardinal Ratzinger e da Monsignor Lefebvre. Ritorniamo alla saggezza di Monsignor Lefebvre.
  • La vita della Chiesa e delle anime redente è una, dell’unità stessa della croce, della redenzione. C’è un solo Cristo, una sola croce attraverso la quale noi possiamo adorare Dio ed essere santificati. Ed è dunque questa stessa unità che ritroviamo nella Messa, in questa applicazione della redenzione alla vita della Chiesa, alla vita delle anime. Poiché c’è una sola redenzione, e poiché è perfetta, c’è una sola maniera di perpetuare questa redenzione, di attualizzarla nel tempo per applicarla alle anime: c’è una sola Messa cattolica. Non ce ne sono due.
  • Allora cosa vogliamo? Cosa vuole la Fraternità San Pio X? Noi vogliamo la croce. Vogliamo la croce di Nostro Signore. Vogliamo celebrare questa croce, e vogliamo entrare nel mistero di questa croce. Vogliamo fare nostra questa croce. Non ci sono due croci possibili e non ci sono due redenzioni o due messe possibili. [...] In questo senso la Messa è veramente la nostra bandiera, il nostro stendardo. Ed in una battaglia, lo stendardo è l’ultima cosa che si abbandona. C’è un’ultima cosa che la Fraternità deve procurare. Ed è capitale. Noi non vogliamo questa Messa unicamente per noi, ma la vogliamo per la Chiesa universale. Non vogliamo un altare laterale. Non vogliamo il diritto di entrare con il nostro stendardo in un anfiteatro dove tutto è permesso. No! Vogliamo questa Messa per noi stessi e per tutti. Non vogliamo un privilegio. È un diritto per noi e per tutte le anime, senza distinzione. È per questo tramite che la Fraternità San Pio X continua e continuerà ad essere un’opera di Chiesa. Perché ha in vista il bene della Chiesa; non mira ad un privilegio particolare. Dio sceglierà il momento, la modalità, la gradualità, le circostanze. Ma in quanto dipende da noi, noi vogliamo questa Messa ora, senza condizioni e per tutti.

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