Daniel Libeskind

architetto polacco naturalizzato statunitense

Daniel Libeskind (1946 – vivente) architetto polacco naturalizzato statunitense.

Daniel Libeskind nel 2006

Marco Bassan, artribune.com, 9 febbraio 2022.

  • La mia ispirazione è davvero come una sezione trasversale del tempo che attraversa tutte le epoche. Mi ispiro all'arte micenea cosi come sono di ispirazione tutti gli -ismi dell’arte contemporanea come il Cubismo, il Suprematismo, per non parlare degli artisti barocchi, o dei teorici come Leon Battista Alberti. Non si tratta davvero di cronologia, ma solo di simultaneità di idee che sono presenti nell'arte visiva. Quando progetto qualcosa allo stesso tempo mi viene in mente cosa farebbe un greco e contemporaneamente cosa farebbe Borromini, o cosa direbbe Guarini sulla geometria.
  • [Qual è l'opera che ti rappresenta maggiormente?] Ho due progetti che mi rappresentano di più: il primo progetto che ho realizzato, che è il Museo Ebraico di Berlino, e l'ultimo progetto, che non è finito, che è Ground Zero a New York. Questi progetti rappresentano come una sorta di parentesi fino a ora: l'inizio non può essere cambiato ma la fine deve ancora arrivare perché Ground Zero non è completato. Il Museo Ebraico di Berlino ha a che fare con la mia esperienza, che non ho ricercato in biblioteche o archivi, ma faceva parte del mio background immediato, essendo nato da un sopravvissuto all'Olocausto e vivendo il comunismo in Polonia. E, naturalmente, quel progetto si occupava di come affrontare questo passato. Il museo riguarda il vuoto nel centro di Berlino, che incombe sulla città a causa dello sterminio dei suoi ebrei, non solo a Berlino e in Germania, ma in tutta Europa.
  • [Credi che il futuro possa avere un cuore antico?] Tutti i nichilisti, a partire da Nietzsche fino ai più contemporanei passando per Heidegger, hanno suggerito che dovremmo abbandonare il passato, sbarazzarci del passato in modo da poter fare quello che vogliamo. Ora che dio è morto, siamo liberi di fare tutto ciò che vogliamo nel mondo. Io non credo a questo perché in realtà fa tutto parte di un processo di memoria. Ricordiamo, e ricordando abbiamo il senso della strada, anche se non sappiamo dove punta, è proprio il collegamento tra passato e presente che crea un futuro. E penso che, senza il passato, saremmo più simili ai malati di Alzheimer che possono parlare, vedere, discutere, possono mangiare, ma non hanno idea di chi siano e dove stanno andando.

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