Colpo di Stato in Etiopia del 1960
Citazioni sul Colpo di Stato in Etiopia del 1960.
Citazioni
modifica- Il colpo di Stato fu condotto mentre l'imperatore era in Brasile e i suoi protagonisti furono i fratelli Menghistu e Girmané Neway. Né l'uno né l'altro erano ambiziosi o cattivi. Erano solo due tipi stanchi del regime feudale, sinceramente convinti alla causa della giustizia sociale e della libertà. Neanche comunisti, si potevano definire due socialdemocratici con un programma di riforme e non di rivoluzione. (Oriana Fallaci)
- L'ironia della storia vuole che il vecchio sovrano, ormai quasi settantenne, venga ripagato così poco generosamente proprio da quelle forze che egli stesso ha suscitato, con l'identico scopo che oggi si prefiggono i suoi avversari: porre termine a tremila anni di feudalismo e di ingiustizia in Etiopia. (Ferdinando Vegas)
- Le persone che si battevano soltanto per i propri interessi e per aumentare il proprio potere e che erano di ostacolo al progresso, perché, come un cancro, rallentavano lo sviluppo della nazione, sono già state sostituite. E io accetto, da oggi, di servire voi e l'Etiopia come un semplice funzionario salariato. Sappiate che tutte le decisioni e le nomine annunciate dal nuovo governo etiopico formato da me, e sostenuto dalle forze armate, dalla polizia, dai giovani etiopici colti e dall'intero popolo etiopico, sono effettive da questo momento! (Amhà Selassié)
- Negli ultimi anni, in Etiopia ha regnato la paralisi. Tra i contadini, i mercanti, gli impiegati, gli studenti, i membri dell'esercito e della polizia si è diffuso un crescente senso di scontento e delusione... Non si sono registrati progressi in nessun settore, fenomeno da attribuirsi al fatto che un esiguo gruppo di dignitari, invece di lavorare per il bene della comunità, si è arroccato nel più egoistico nepotismo. Il popolo etiopico ha lungamente atteso che miseria e arretratezza venissero debellate, ma non una delle innumerevoli promesse è stata realizzata. Nesun'altra nazione ha avuto tanta pazienza... (Germame Neway)
- Quello che io ho fatto voi lo sapete, ma io non sono colpevole. L'Etiopia è ancora ferma, mentre i nostri fratelli africani camminano speditamente e si battono per vincere la miseria. Ciò che ho fatto era nell'interesse del mio paese. (Menghistu Neway)
- Questi colpi di Stato militari sono di moda; non sono per nulla sorpreso che certa gente abbia avuto l'idea di tentarne uno anche qui; ma ciò non fa che ritardare l'evoluzione economica e politica; e poi non posso ammettere che si assassinino quindici dignitari dell'impero. (Haile Selassie)
- Voi tutti sapete che noi riponevamo la nostra fiducia in coloro che si sono rivoltati contro di noi. Noi li avevamo fatti istruire. Noi avevamo dato loro dei poteri. Lo avevamo fatto perché facessero progredire l'educazione, la sanità e il livello di vita del nostro popolo. Avevamo affidato loro la realizzazione di molti programmi che noi avevamo formulato per lo sviluppo del nostro paese. Ma la nostra fiducia è stata tradita... (Haile Selassie)
- Il colpo di Stato era fallito, ma le idee che lo avevano originato continuavano inesorabilmente a circolare e nessuno sarebbe più riuscito a sradicarle dalle coscienze. L'Etiopia aveva superato decine di complotti negli ultimi cinquant'anni, ma quello del dicembre 1960 era il solo ad aver avuto un chiaro contenuto ideologico, avanzando una proposta autenticamente riformatrice e rivoluzionaria.
- L'eredità dei fratelli Neway e di Workeneh Gebeyehu sarebbe stata raccolta dalla generazione più giovane, quella che sedeva ancora nei banchi delle scuole, che non aveva ancora sperimentato le attrattive e le delusioni del shum-shir imperiale e che guardava alla rinascita dell'Africa come a un momento sublime che non avrebbe potuto non riguardare anche l'Etiopia.
- La rivolta del 13 dicembre 1960, dunque, non era stata come le altre. Anche se era fallita, la carica di proteste e di speranze di cui era portatrice non si era esaurita. Molti in Etiopia lo avevano capito e, a seconda della loro posizione sociale, avevano esultato oppure trepidato. Chi invece sembrava non aver capito nulla della lezione del 13 dicembre era proprio l'imperatore.
- Troppe forze, nel paese, erano ancora contrarie ai cambiamenti radicali: non soltanto l'esercito, saldamente in pugno a uomini devoti all'imperatore, e la Chiesa copta, che si era affrettata a condannare i «traditori», ma lo stesso popolo etiopico, che pure soffriva in silenzio. Germamè Neway si era illuso che i tempi fossero maturi per la rivolta ed era uscito allo scoperto, innalzando pateticamente, lo stendardo della rivoluzione. In questo errore non cadranno, tredici anni dopo, i militari del Derg, i quali agiranno con un'esasperante gradualità servendosi persino dell'imperatore per svuotare il regime sino a farlo morire.
- Era il 1960. Un anno terribile, amico mio. Un verme velenoso si era annidato nel frutto sano e polposo dell'impero, imprimendo alle cose un corso talmente tragico e dsitruttivo che, invece di produrre succo, il frutto produsse sangue. Ammainiamo le bandiere, chiniamo la testa e mettiamoci una mano sul cuore: oggi sappiamo che quello era il principio della fine, e che quanto accadde in seguito era assolutamente irreversibile.
- La città rimase tranquilla. I negozi erano aperti, nelle strade regnava il trambusto di sempre. La maggior parte della gente ignorava l'accaduto e i pochi che avevano udito qualcosa non sapevano che cosa pensarne. Credevano che si trattasse di una faccenda di Palazzo e il Palazzo, da sempre inaccessibile, irraggiungibile, impenetrabile e incomprensibile, faceva parte di un altro pianeta.
- Mi creda, mister Richard: in quel giorno del Giudizio il nostro leale e umile popolo diede a sua maestà una straordinaria prova di lealtà. Quando quei pazzi traditori abbandonarono il Palazzo dirigendosi verso il bosco, la popolazione, istigata dal nostro patriarca, si lanciò all'inseguimento. Non avevano carri armati né cannoni: ognuno afferrava al volo pietre, lance, pugnali e, in preda all'odio e al furore, si precipitava dietro ai fuggiaschi. Quella povera gente di strada, alla quale il nostro sovrano elargiva le sue elemosine, cominciò a spaccare le teste dei mascalzoni che volevano privarli del loro dio per sostituirlo con chissà quale altra esistenza. Senza sua maestà, chi avrebbe distribuito elemosine al popolo, chi lo avrebbe incoraggiato con parole di conforto?
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