Cecilia Sala

giornalista italiana (1995-)

Cecilia Sala (1995 – vivente), giornalista italiana.

Cecilia Sala nel 2023

Citazioni di Cecilia Sala

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  • Se gli americani e gli europei si aspettano che, se mai i carri russi dovessero entrare, Kiev capitolerebbe in due giorni, allora sono forse propensi a concedere troppo. Per questo gli ucraini sventolano la bandiera azzurra e gialla e tengono i negozi aperti, ostentano tranquillità anche riempiendo i profili Twitter di post in cui si vedono ristoranti pieni per San Valentino e sale da ballo affollate: "Mentre le ambasciate vengono evacuate e i cittadini stranieri invitati a lasciare il paese, noi non abbiamo paura".[1]
  • [Sull'assedio di Černihiv] Chernihiv è stata bombardata così: nessun tentativo di evitare gli obiettivi civili, i proiettili cadono sulle case e sulla scuola del centro, radono al suolo le fabbriche e distruggono i ponti. Kostantin, da Chernihiv, manda al Foglio il filmato girato con l’iPhone mentre scavalca i cadaveri e i corpi dei feriti mutilati camminando tra le macerie nel corso principale, si sentono le urla che provengono da tutte le case.[2]
  • [Sull'assedio di Černihiv] Dopo Kharkiv, adesso Chernihiv è una piccola Aleppo ucraina. Per dimensione e numero abitanti, in rapporto alla distruzione e al numero dei morti, è la città martire di questi primi otto giorni di guerra. Chernihiv è strategica perché si trova sull'autostrada che viene da nord, a metà strada tra il confine con la Bielorussia e la capitale, sulla direttrice da dove i russi hanno più chance di avanzare. La strage di Chernihiv è, anche, un avvertimento per Kyiv.[2]
  • Nonostante tutti gli sforzi di Mosca, imporre una censura totale nel 2022 è impossibile, soprattutto se i migliori gruppi hacker indipendenti del pianeta sono concentrati sull'unico obiettivo di dare fastidio a Putin. Anonymous e altri collettivi cyber hanno attaccato i canali d'informazione russi e per qualche decina di minuti sono riusciti a imporre un palinsesto di notizie sulla guerra vietate dal Cremlino.[3]
  • È in voga una teoria secondo cui, se l'occidente smettesse subito di fornire armi all'Ucraina, non dovremmo più assistere alle notizie di civili massacrati. Perché l'esercito ucraino non potrebbe più combattere e quello russo, non trovando resistenza, dilagherebbe senza aver bisogno di sparare, quindi senza fare vittime. Ai fautori della teoria non interessano chiaramente volontà e capacità della resistenza ucraina: vorrebbero che il paese rinunciasse a difendersi e finisse sotto l'occupazione del nemico, tutto pur di risparmiare vite umane – spiegano. [...] La teoria [...] dà per scontate due cose. Che una volta completata l'occupazione non ci sarebbero massacri da parte dei russi, e questa ipotesi è arbitraria. E poi, che una volta privati di nuovi aiuti militari, gli ucraini opteranno per una resa totale. È il presupposto perché quel ragionamento funzioni, ma anche questo è arbitrario. [...] il risultato potrebbe essere: gli ucraini possono, e in misura considerevole, negare il vantaggio della Russia e ribaltare la situazione a proprio favore ritirandosi nelle città. Prendiamo l'esempio della capitale: ci vivono ancora due milioni di persone e si troverebbero tutte dentro un campo di battaglia, il conflitto diventa più pericoloso ma non si ferma, proprio perché nella guerriglia gli ucraini sono avvantaggiati rispetto ai soldati russi.[4]
  • L'assedio di Mariupol è finito una settimana fa quando i soldati di Mosca sono entrati in città, lunedì il sindaco ha detto che anche i quartieri del centro sono caduti nelle loro mani e poi che "stanno semplicemente uccidendo tutti quelli che incontrano, in una città dove la metà degli abitanti è di etnia russa". Secondo i suoi calcoli i morti sono cinquemila.[5]
  • Belgorod è una città strategica per i progetti militari di Mosca: da quando è iniziata l'invasione da lì sono entrati decine di battaglioni tattici russi e oggi è uno dei due snodi logistici più importanti per rifornire l'esercito di Putin.[6]
  • Sappiamo che in Ucraina c'è una rete di spie e sabotatori del Cremlino che sono arrivati nel paese pochi mesi prima dell'invasione, oltre a quelli che operano sotto copertura dal 2014 e hanno solo finto di sposare il nuovo corso degli eventi senza mai smettere di lavorare per Vladimir Putin. Ma è difficile immaginare che in questi otto anni non ci siano stati, anche in direzione opposta, tentativi di infiltrare l'ex paese fratello diventato nemico. Il passato comune, i legami economici, i rapporti familiari e – nel caso della comunità russofona in Ucraina – la condivisione della lingua, implicano un vantaggio per entrambe le parti e una differenza rispetto ad altri conflitti: in questo caso i confini tra un possibile network di spie ucraine e una "resistenza russa" sono labili, le famiglie divise tra i due paesi sono molte e ci sono due milioni di ucraini che vivono stabilmente in Russia. Per Kyiv esiste un enorme bacino di possibili dissidenti rispetto alla guerra "fratricida" cui attingere.[7]
  • [Sull'occupazione russa dell'oblast' di Cherson] Anche se conquistare Kherson è stato semplice (i soldati di Putin hanno potuto contare sull'effetto sorpresa e il primo giorno dell'invasione le città ucraine non erano difese), controllarla è impossibile. I russi sul campo sono scoordinati e, per esasperazione, alcuni preferiscono che i residenti scappino purché la smettano di complottare contro di loro e passare le posizioni all'esercito di Kyiv. L'armata di Mosca è capace di prendere solo città distrutte (come Mariupol) o vuote.[8]
  • [Sull'occupazione russa dell'oblast' di Cherson] A Kherson hanno imposto il rublo, ma non c'è più nulla da comprare.[8]
  • [Sull'occupazione russa dell'oblast' di Cherson] Riconquistare Kherson significherebbe infliggere a Mosca una sconfitta più grande della soddisfazione che può regalare la conquista del Donbas (sono a metà, hanno quasi tutto l'oblast di Luhansk ma nell'oblast di Donetsk la linea del fronte è quella del 2014) e ribaltare la percezione dei rapporti di forza sul campo. Ma è possibile solo a un costo molto alto in termini di distruzione.[9]
  • [...] il Wall Street Journal ha pubblicato un sondaggio condotto in Ucraina tra il 9 e il 13 giugno assieme a un istituto di ricerca indipendente dell'Università di Chicago, il Norc. Il risultato è che l'89 per cento degli intervistati è contrario a un negoziato con Vladimir Putin che comporti qualsiasi tipo di cessione territoriale delle zone che i russi hanno occupato nel sud e nell'est del paese dal 24 febbraio a oggi. Significa che la quasi totalità degli ucraini appoggia la posizione ufficiale di Volodymyr Zelensky e non vuole vederla cambiare. Significa anche che tutte le accuse che ancora si sentono ripetere contro il presidente (un "ostacolo alla pace"), o contro gli americani (che "combattono la loro guerra contro Putin sulla pelle degli ucraini"), non hanno appigli nella realtà.[10]
  • [...] il Cremlino ha dato inizio all'invasione potendo contare su 15 milioni di munizioni per l'artiglieria stoccate nei propri magazzini e su una capacità di produzione di un milione e mezzo di unità all'anno. Questi numeri, insieme al numero di cannoni disponibili, costituiscono il più importante vantaggio russo nella guerra di aggressione contro l'Ucraina. Semplicemente: è una guerra d'artiglieria e Mosca dispone di un numero enorme di proiettili d'artiglieria: da maggio ne ha sparati una media di 30-40 mila al giorno, con picchi che superano i 50 mila (gli ucraini circa cinquemila). Significa infliggere un livello di distruzione superiore a quello portato dai cannoni sovietici durante la Seconda guerra mondiale e da quelli inglesi, tedeschi o francesi nella Prima. È paragonabile, invece, all'intensità con cui sparavano i cannoni di Hitler tra il 1941 e il 1944.[11]
  • Dietro al successo della controffensiva ucraina nella regione di Kharkiv e nel nord del Donbas c'è il generale Oleksandr Syrsky. È stata sua l'idea del tranello per confondere i russi con annunci continui di un imminente attacco nel sud che ha costretto Mosca a riposizionare in quella zona i suoi uomini lasciano scoperto il fianco est, dove gli ucraini hanno appena sfondato. È l'operazione militare più spettacolare compiuta finora da Kyiv ed era anche più difficile della difesa della capitale dal pericolo di rimanere accerchiata alla fine di febbraio e poi a marzo. Anche la difesa di Kyiv all'inizio dell'invasione è stata organizzata dal generale Syrsky, che nei giorni immediatamento successivi al 24 febbraio aveva sorpreso il Cremlino e il Pentagono (la previsione di entrambi era che Kyiv sarebbe caduta in due o tre giorni) e anche i suoi superiori.[12]
  • [Sulla strage di Izjum] Nella foresta che circonda la città di Izyum ieri mattina sono cominciate le operazioni della scientifica per disseppellire circa 540 corpi senza nome. Le fosse sono una accanto all'altra: hanno sopra una croce di legno con scritto a penna un numero e alcune, poche, accanto alle cifre hanno un nome, una data di nascita e di morte. C'è almeno una fossa comune con 20 cadaveri di soldati ucraini uccisi cinque mesi fa, quando l'esercito di Mosca ha conquistato la città. Le tombe numerate sono quelle scavate dai civili ucraini: quando si è fermato il rumore delle bombe hanno trasportato i corpi dai loro giardini e dalle strade nelle foresta. Invece le fosse in cui i corpi sono accatastati in un'unica grande buca sono quelle scavate dai russi.[13]
  • Una leggenda russa dice che l'imperatore Pietro il Grande – che voleva recuperare i "territori perduti" e al quale Putin si è paragonato – dopo la sconfitta contro gli svedesi del 1700, si era arrabbiato con un suo aiutante che gli aveva risposto: "Diremo alle madri russe di produrre più figli". Stalin è famoso per la frase "la quantità ha una qualità tutta sua", che è stata interpretata con il significato: i russi hanno una capacità di sopportare un numero altissimo di perdite e questo è un vantaggio unico di Mosca. [...] Putin la vede allo stesso modo di Pietro il Grande e di Stalin e ad agosto ha ripristinato un premio da un milione di rubli che si chiama "Madre eroina", viene assegnato alle donne russe che fanno dieci figli o più – lo aveva istituito Stalin nel 1944, poi era stato abolito.[14]
  • [Sui referendum russi d'annessione nell'Ucraina occupata del 2022] Ieri sono cominciate le operazioni di voto per i falsi referendum di annessione alla Russia in una porzione di territorio ucraino grande quanto un terzo dell'Italia da dove è già scappata la maggior parte degli abitanti (nel caso del Donbas, il 90 per cento di chi viveva nelle zone controllate da Kyiv). I soldati russi sapevano che sarebbero stati pochissimi i cittadini ucraini a presentarsi spontaneamente ai seggi, così sono andati a estorcere il loro voto armati, suonando al citofono di ogni appartamento.[15]
  • [Sui referendum russi d'annessione nell'Ucraina occupata del 2022] Secondo i servizi segreti di Kyiv, i russi stanno facendo votare anche gli adolescenti minorenni nelle zone occupate e si tratta sempre di un artificio per aumentare i dati dell'affluenza: su cosa voteranno i russi non hanno dubbi visto che il voto non è segreto e nelle foto diffuse dagli stessi media russi si vedono uomini della compagnia Wagner con il fucile accanto agli scatoloni dove vanno infilate le schede. Si è votato per il referendum di annessione anche in Yakutia, in Russia, a dieci fusi orari e più di cinquemila chilometri dal Donbas: perché è lì che molti abitanti del sud e dell'est dell'Ucraina sono stati portati fin dai primi giorni dell'invasione.[15]
  • [Sui referendum russi d'annessione nell'Ucraina occupata del 2022] La strategia di Putin sui referendum ha l'ambizione di ridefinire la cornice della guerra agli occhi dei russi: da offensiva – in un territorio straniero e ostile – a difensiva, a tutela della sicurezza e della sovranità della Federazione russa. [...] Il presidente russo promuove l'escalation e contemporaneamente fa la vittima, in termini di comunicazione non sta funzionando e lo si capisce dal fatto che, oggi, il numero di cittadini maschi scappati dal paese è quasi lo stesso dei mobilitati. Ma aver spostato il conflitto in una nuova categoria permette a Putin di usare metodi più pericolosi (in teoria, "quasi illimitati") e Kyiv deve decidere come comportarsi.[16]
  • [Sulla liberazione di Cherson] Il ritiro [russo] è logico e allo stesso tempo clamoroso. I russi si erano già ritirati da Kyiv, ma avevano giustificato la disfatta dicendo che i carri armati in direzione della capitale non erano altro che una “distrazione” per l’esercito ucraino, per tenerlo lontano dal vero obiettivo: il Donbas. Allora avevano detto: “Sta andando tutto secondo i piani di Mosca”. A settembre erano scappati da Kharkiv ma, ufficialmente, avevano presentato il fatto come un “riposizionamento di truppe” intenzionale e strategico. Le parole pronunciate dal ministro della Difesa Shoigu e dal generale Surovikin su Kherson sono un’ammissione di debolezza senza tentativi di mistificazione.[17]
  • [Sulla liberazione di Cherson] Più di trentamila russi si sono ritirati perché erano rimasti isolati dai loro compagni, senza possibilità di avere cibo, carburante e munizioni se non per vie lunghe, lente ed esposte: quelli che avrebbero dovuto percorrerle per rifornirli sarebbero finiti nel mirino degli Himars. Così se ne sono andati ordinatamente, metodicamente, cominciando le evacuazioni con anticipo: non è stata una fuga precipitosa e sicuramente non è iniziata il giorno in cui è stata annunciata dal ministro della difesa Shoigu e dal generale Surovikin, il 9 novembre. Tanto che un comandante, Oleg Zubkov, durante la ritirata ha trovato il tempo di rapire un procione, una scimmietta e un lama di nome Roma dallo zoo di Kherson per portarseli nel suo parco safari privato in Crimea. Gli ucraini si dicono pronti a restituire a Mosca dieci prigionieri di guerra in cambio del solo procione.[18]
  • [Sulla liberazione di Cherson] I russi se ne sono andati ordinatamente, gli ucraini sono avanzati ventiquattro ore dopo e non c’è stato nessun contatto tra i due eserciti, nessuna carneficina di soldati ucraini e di soldati russi, nessuna vittima tra i civili di Kherson. Per recuperare questi settemila chilometri quadrati di territorio e liberare centinaia di migliaia di ucraini dall’assimilazione forzata è bastata la pressione degli attacchi a spillo (precisi e specifici, contro i ponti e i depositi di munizioni) con gli Himars esercitata fino al punto di rendere impensabile l’ipotesi di restare.[18]
  • Quella di Putin è una guerra di aggressione che non ha senso paragonare a quelle antiche in cui era la Russia l’aggredito.[19]
  • Da quasi nove anni in Crimea vigono le regole dispotiche di Putin e si può leggere e ascoltare soltanto la sua propaganda, con le politiche di deportazione e di ripopolazione forzata oggi il sessanta per cento dei due milioni di abitanti è russo.[20]

ilfoglio.it, 10 marzo 2022

  • [Sull'occupazione russa dell'oblast' di Cherson] [...] la città di Kherson è il primo capoluogo di una regione ucraina a essere caduto in mano russa. Gli abitanti si radunano nella piazza principale, hanno le bandiere gialle e azzurre legate intorno alle spalle e aggrediscono i soldati che presidiano il centro. I russi iniziano a sparare in aria per disperdere la folla e perché hanno paura che, se restano fermi, saranno linciati. Gli abitanti non si spaventano per i colpi a vuoto e continuano a urlargli contro e a spintonarli. Kherson è l'unica grande città (quasi trecentomila abitanti) conquistata, e questo primo successo assomiglia già a un disastro.
  • [Sull'occupazione russa dell'oblast' di Cherson] La città di Kherson si è rivelata così ostile che i russi – pur di avere qualche minuto di girato da mandare in onda sulla tv di stato mentre la voce fuori campo dà la notizia della conquista – hanno dovuto organizzare una messa in scena orwelliana: prendere un po' di abitanti dalla Crimea e spostarli temporaneamente a Kherson, chiedere loro di sventolare la bandiera della Federazione e di festeggiare l'arrivo delle truppe di Mosca a favore di camera.
  • L'avanzata della Russia ha preso di mira i centri abitati e – ancora secondo l'intelligence americana – si tratta di una tendenza destinata a peggiorare. Significa che lo schema ucraino assomiglierà sempre di più a quello già visto in Cecenia e in Siria. Quest'ultimo paragone gli ufficiali qui lo fanno da giorni, perché hanno interrogato i piloti russi catturati e sono uomini che venivano ricevuti da Bashar el Assad e che per lui hanno già fatto pratica con i bombardamenti a tappeto nelle città.
  • Se la guerra lampo di Putin non ha funzionato, adesso il piano B – la nuova strategia russa – si divide in due e la divisione segue grosso modo il percorso del fiume Dnipro. A est del fiume non si può rimanere impantanati, bisogna essere pronti a tutto pur di portare a casa i risultati, anche a bombardare un ospedale pediatrico. Non si può tollerare che gli ucraini russofoni che nelle illusioni di Mosca avrebbero dovuto accogliere a braccia aperte l'invasore continuino a creare problemi, ed è proprio nei confronti della popolazione russofona dell'est che si stanno perpetrando i peggiori massacri. A ovest del fiume, e in particolare per quanto riguarda la capitale, la strategia è quella opposta: l'accerchiamento per poi tagliare i rifornimenti alla città, logorarla e costringerla a trattare.

ilfoglio.it, 14 aprile 2022

[Sulla battaglia dell'Isola dei Serpenti]

  • L'ammiraglia della flotta russa nel Mar Nero ha preso fuoco. Se affonda, è la più grande nave da guerra persa dai tempi della Seconda guerra mondiale (è lunga due volte un campo da calcio e pesa 12.490 tonnellate). I russi dicono che non succederà "anche se è gravemente danneggiata", ma gli esperti hanno fatto i calcoli: le munizioni sono esplose, e considerato che la prima funzione dell'incrociatore è antinave, il carico di armi che portava sarebbe stato potenzialmente sufficiente per provocare l'affondamento. Poi tutto l'equipaggio è evacuato, e se una nave viene abbandonata è perché non si può più salvare.
  • La Moskva è una nave simbolo per la Russia (era sui francobolli sovietici del 1970), ma lo è anche per gli ucraini. È quella che, alla fine di febbraio, ha intimato ai soldati dell'isola dei Serpenti di arrendersi e si è sentita rispondere: "Nave da guerra russa, vaffanculo!". L'invasione era appena cominciata e questa frase è diventata il primo motto della resistenza, è stampata sulle magliette e sulle tazze che i combattenti vendono online per finanziarsi.
  • Adesso i social ucraini sono pieni di meme sarcastici: "L'eroica nave Moskva promossa a sottomarino". "Tutto secondo i piani di Mosca: la nave inizia un'operazione speciale di pesca subacquea".

ilfoglio.it, 19 aprile 2022

[Sull'assedio di Mariupol]

  • La resistenza di Mariupol non si è arresa perché conosce i russi e i loro metodi.
  • A Mariupol stanno vincendo i russi ma hanno già perso moltissimi uomini da quando le truppe sono entrate in città, e non possono permettersi che la carneficina continui.
  • Durante gli otto anni di guerra [in Donbass] i cecchini russi sono diventati famosi per una pratica: sparare a un soldato, concordare un cessate il fuoco insieme alla missione europea di monitoraggio per permettere i soccorsi, aspettare gli altri soldati che vanno a prendere l'uomo a terra e ammazzarli.

ilfoglio.it, 19 luglio 2022

  • [Sull'occupazione russa dell'oblast' di Cherson] Kherson non è stata conquistata: è stata abbandonata. I russi sono arrivati subito e il 3 marzo, quando l'invasione era cominciata da appena una settimana, avevano già occupato tutto senza dover distruggere niente, quasi senza combattere. Questo si spiega in minima parte con l'effetto sorpresa su cui Mosca poteva contare nei primi giorni della guerra, si spiega soprattutto in un altro modo: chi doveva proteggere Kherson è scappato o ha fatto di peggio.
  • Quando questa guerra è cominciata, sapevamo che alcuni agenti operativi di Mosca erano arrivati in Ucraina nei mesi precedenti, studiavano il territorio e aspettavano gli ordini. Sapevamo anche che i più pericolosi non erano gli infiltrati, ma le talpe dentro le istituzioni. Quelle che – dopo il 2014, dopo che l'Ucraina ha smesso di essere un satellite russo e l'allora presidente Viktor Yanukovich è scappato a Mosca – hanno solo finto di sposare il nuovo corso politico e, in realtà, non hanno mai smesso di lavorare per Putin.
  • L'Sbu è un erede del Kgb, è un servizio segreto di dimensioni spropositate (ha 30 mila dipendenti, sette volte quello britannico) ed era famoso per la corruzione. È pieno di uomini abituati a lavorare con i russi e per i russi da tutta la vita. Non c'è solo l'esempio di Kherson, ce ne sono molti altri e un ex dirigente è scappato poche ore prima dell'invasione: lo hanno trovato in Serbia con 600 mila euro, 125mila dollari e delle pietre preziose. Riformare la struttura e trovare tutti i nemici interni non doveva essere un'impresa semplice per Bakanov, ma non c'è riuscito ed è per questo che Zelensky – con i poteri che gli dà la legge marziale – lo ha appena licenziato.

ilfoglio.it, 19 settembre 2022

  • Nei piani iniziali del Cremlino la Guardia nazionale di Mosca doveva entrare in Ucraina con uno scopo diverso: reprimere le manifestazioni degli ultranazionalisti una volta che Kyiv fosse caduta e un amico di Vladimir Putin come l'oligarca Viktor Medvedchuk o l'ex presidente ucraino Viktor Yanukovych avessero preso il posto di Volodymyr Zelensky. Sei mesi dopo abbiamo scoperto che alla fine di febbraio nella capitale c'erano degli appartamenti pronti per alcuni comandanti della Guardia nazionale russa e addirittura dei tavoli prenotati per loro nei migliori ristoranti del centro. Ma durante la prima fase della guerra Kyiv non è caduta e Mosca ha subito così tante perdite che gli uomini della Guardia nazionale si sono ritrovati in prima linea a Balaklya.
  • Mosca non ha abbastanza uomini per proteggere sia il sud che l'est. Il Cremlino sta portando avanti da mesi una mobilitazione ombra ma non funziona: con una mobilitazione ufficiale i capi delle Forze armate potrebbero andarsi a scegliere uomini giovani e con competenze utili a sopperire alle mancanze dei battaglioni che in questo momento sono schierati in Ucraina. Con la mobilitazione ombra questa selezione non è possibile, bisogna farsi andare bene chi si presenta spontaneamente e spesso sono persone sopra i cinquant'anni, con problemi economici e nessuna esperienza in combattimento. Alla scadenza del contratto (dopo aver guadagnato qualche migliaio di euro) non lo rinnovano e di conseguenza anche quel poco di formazione che viene fatta loro non è un investimento che si può ammortizzare nel tempo, va sprecato.
  • L'aspetto paradossale di questi ultimi sviluppi del conflitto è che la maggior parte delle perdite subite da Mosca in questa guerra riguarda i soldati del distretto ovest della Federazione che, in teoria, è proprio quello che dovrebbe difendere la Russia da un'aggressione da occidente – cioè da un attacco della Nato. Un'ipotesi che in realtà non esiste, ma che corrisponde a una paranoia di Putin da cui deriva una teoria in voga anche in Italia secondo cui la Russia avrebbe in qualche modo un "diritto naturale" a un paese amico "cuscinetto" sul proprio fianco ovest (cioè l'Ucraina). Una teoria che sposano quelli secondo cui sarebbe stata l'Alleanza atlantica a provocare Putin con il suo allargamento verso est, che però è avvenuto per libera scelta dei paesi dell'Europa dell'est che hanno il terrore dell'espansionismo russo e ottimi esempi da portare a supporto delle proprie paure.
  • [Sulla battaglia di Vuhledar] Vuhledar è una piccola cittadina in un punto strategico, quello dove passa la strada che – scendendo poi in verticale – va dritta a Mariupol. I russi hanno cominciato ad attaccarla e stanno ammassando lì moltissime armi. Ma dipendono da una sola linea ferroviaria per portare il grosso delle armi e quindi sono vulnerabili. Quella linea ferroviaria passa per un ponte. Per distruggere quel ponte basterebbe un’arma che gli alleati di Kyiv hanno, Kyiv no. Sarebbe un’operazione mirata, limitata, intelligente, mentre quello che i russi hanno in serbo per Vuhledar è un corpo a corpo sanguinoso e lungo oltre alla distruzione di tutte le case dei civili, come a Bakhmut. Distruggere un singolo ponte sarebbe un’escalation? Mentre migliaia di cadaveri in una carneficina a Vuhledar sarebbero una de-escalation e un passo verso la pace?[21]
  • Non sono le dimostrazioni di forza dell'occidente a "provocare" Vladimir Putin, è il contrario: lo ridimensionano.[22]
  • [Sul rapimento dei minori durante l'invasione russa dell'Ucraina] I bambini e adolescenti ucraini deportati in Russia, secondo l'ultimo dato diffuso da Kyiv due mesi fa, sarebbero 13.899. La Corte penale internazionale dice di aver raccolto sul campo testimonianze per circa seimila casi e prove per più di seicento.[23]
  • La parola "bavovna" è stata inaugurata dai blogger militari ucraini sui social network e poi è diventata di uso comune anche nei bollettini ufficiali e nei resoconti delle autorità. Viene utilizzata quando ci si vuole riferire alle esplosioni che sono una conseguenza degli attacchi di Kyiv contro le infrastrutture militari russe, i depositi di munizioni e, per estensione, anche i raggruppamenti di soldati e i loro comandanti. Sia quando si tratta di operazioni precise da lontano, come quelle con i lanciarazzi americani Himars, sia quando si tratta di operazioni di successo fatte sul posto da partigiani e da truppe speciali che si muovono in incognito nei territori occupati. E’ un termine che ha senso per due motivi: perché nelle immagini che circolano in rete il fumo che si alza nei punti colpiti assomiglia a dei batuffoli, ma soprattutto perché quando i media russi riferiscono di questi attacchi usano spesso la parola "botto" invece che "esplosione", perché permette di rimanere vaghi sulle cause e minimizzare gli eventi. "Botto", in russo, si scrive allo stesso modo di "cotone".[24]

ilfoglio.it, 13 gennaio 2023

  • [Sulla battaglia di Soledar] Non è una conquista importante dal punto di vista militare, ma lo è dal punto di vista simbolico per Mosca: sono mesi che non conquista niente.
  • [Sulla battaglia di Soledar] I mobilitati russi poco addestrati ci sono, ma vengono mandati a suicidarsi, senza copertura in mezzo alle strade deserte, per distrarre gli ucraini dalle operazioni delle forze speciali della Wagner: la battaglia corpo a corpo si fa con loro. "Usano abilmente il bilinguismo, dicendo: 'Ciao, siamo amici'", tentano imboscate e di mescolarsi con gli ucraini.
  • La battaglia di Bakhmut è spaventosa. Assomiglia a un suicidio di massa perché il corpo a corpo è un metodo di combattimento primitivo che implica una carneficina di tutti, dei russi che l'hanno imposto e di chi si difende. Per evitarne altre, bisogna stravolgere di nuovo i metodi di conduzione della guerra come è già stato fatto con le battaglie per le zone di Kharkiv e Kherson.
  • Le armi a lungo raggio servono a evitare battaglie mostruose che si sostanziano in un corpo a corpo lungo quattro mesi in cui si sacrificano circa 10 mila vite di soldati – che è il modo in cui Mosca sta per conquistare Bakhmut.

ilfoglio.it, 24 febbraio 2023

[Sull'assedio di Mariupol]

  • Alla vigilia di Natale, a Mariupol si è sentita un'esplosione e poi un tonfo con una lunga eco che ha ricordato i rumori che a marzo scorso erano l'abitudine: i combattimenti non c'entravano, i russi stavano demolendo ciò che rimaneva del teatro drammatico regionale e, insieme, le prove scientifiche del loro crimine. Il teatro della strage del 16 marzo 2022, quello con la grande scritta déti, bambini, dipinta con la vernice bianca sull'asfalto davanti alla facciata e sul retro: ogni lettera, in russo, era alta tre metri perché saltasse all'occhio dei piloti di aerei caccia come quello che ci ha sganciato sopra un missile. In quel momento un grattacielo di fumo grigio alto due volte i palazzi accanto si è sollevato sopra i corpi delle vittime e dei sopravvissuti del più grave attacco russo contro civili ucraini in un anno di guerra. C'erano poco più di mille persone e ne sono morte seicento.
  • La parola pace per descrivere la vita a Mariupol oggi è impropria. La ricostruzione russa è parziale e i residenti fuggiti chiamano la loro città "città Potemkin". Dalla definizione di "facciata Potemkin" che significa un posto fasullo, con un esterno di cartone luminoso e spettacolare messo a coprire un luogo tetro: una facciata progettata unicamente per nascondere un edificio marcio.
  • Gli stupri sono un'emergenza, anche le malattie, i saccheggi sono continuati e sono diventati più sofisticati: i russi sono entrati nelle filiali abbandonate dalle banche ucraine a Mariupol. Hanno spostato la polvere e i pezzi di vetro e di cemento scavando tra le macerie, hanno trovato i faldoni e gli hard disk e hanno rubato i dati dei correntisti ucraini. A metà febbraio l'agenzia d'intelligence Sbu, i servizi segreti interni di Kyiv, se n'è accorta: ma i russi avevano già inserito quei dati nelle interfacce online degli sportelli bancari, erano riusciti ad accedere e avevano trasferito sui propri conti – dai conti corrente degli abitanti di Mariupol – più di cento milioni in grivnia, oltre due milioni e mezzo di euro.
  • A Vladimir Putin dà fastidio l'idea di dover mantenere con i propri soldi le sue, ingrate, vittime.
  • Le cliniche private e gli otto complessi ospedalieri di Mariupol – una città grande come Miami – non curano più gli abitanti perché si sono riempiti di soldati russi che tornano mutilati dal fronte del Donbas, dalla città di Bakhmut o da quella, più piccola e più strategica, di Vuhledar. L'ospedale bombardato dai russi un anno fa è il numero tre, quello pediatrico con il grande reparto maternità. Il più importante, il numero 2, che ha cinquecentocinquanta posti letto e, prima della guerra, aveva il reparto di terapia intensiva migliore del Donbas, sarebbe anche l'unico ad avere i farmaci per le malattie neurologiche e il più attrezzato a curare i pazienti oncologici. L'emergenza sono le epidemie, le infezioni che si diffondono e non vengono né studiate né isolate né curate. I pazienti ucraini apparentemente infetti vengono respinti ai pronto soccorso, a dei malati cronici sono state rifiutate cure e ricoveri. Ci sono state scene selvagge di tentativi di rapine nei depositi di medicinali, l'ultimo dieci giorni fa: i rapinatori sono i malati. Gli oltre centomila abitanti rimasti dei quattrocentocinquantamila che c'erano prima della guerra vivono come fantasmi mentre ascoltano la televisione di Mosca raccontare l'ucronia della "Nuova Mariupol". Il progetto russo è rendere la città dove i lavori per rifare l'asfalto sono continuamente rallentati dall'emersione di altri cadaveri (gli abitanti avevano seppellito i vicini alla buona sotto le bombe, per non ammalarsi) una scintillante "meta turistica internazionale". "I mammut" – dicono i russi chiamando le grandi industrie siderurgiche come Azovstal a Ilyich con il soprannome dato dai locali – ormai "sono il passato".
  • Una delle prime azioni dei soldati russi all'inizio dell'invasione su larga scala, un anno fa, era stata un bombardamento mirato contro un archivio nella città di Chernihiv famoso per essere il posto dove venivano custoditi i documenti sulla repressione del Kgb nei confronti dei dissidenti ucraini, oltre a quelli che riguardavano l'Holodomor, il genocidio di contadini ucraini voluto da Stalin.

ilfoglio.it, 24 maggio 2023.

  • Il piano iniziale dei russi non era conquistare chilometro quadrato per chilometro quadrato il territorio dell’Ucraina ma decapitare il governo, far cadere Kyiv e di conseguenza prendersi tutto il paese senza combattere. Budanov la sera del 23 febbraio chiama sua moglie e alcuni dei suoi uomini e chiede di raggiungerlo. Sono tutti nella grande sala del suo ufficio, ordinano McDonald’s e mangiano hamburger e patatine fritte con i fucili appoggiati tra gli stivali mentre studiano il modo di tenere lontani i russi dai palazzi del centro. Poco dopo le quattro i carri armati russi varcano i confini da nord, da est e da sud, Volodymyr Zelensky è al telefono con le cancellerie occidentali mentre gli uomini delle squadre speciali convocate da Budanov vanno ad appostarsi all’aeroporto. Gli ucraini acquattati tra i cespugli hanno falciato quasi tutti gli incursori: l’operazione Hostomel si è trasformata in un suicidio per i russi. Dalla difesa di una capitale dipende la difesa di un paese, non sappiamo come sarebbero andate le cose senza l’azione di Budanov, ma sappiamo che, con quella, Kyiv è ancora libera.
  • Ex militari e analisti ucraini con cui il Foglio ha parlato sono convinti che portare scompiglio nella Crimea occupata e nel territorio di Mosca sia molto efficace perché con un costo ridotto, nessun rischio per i civili ucraini e con azioni piccole si infligge un danno enorme a Putin. Un danno materiale perché se i droni ucraini che trasportano esplosivo varcano spesso i cieli russi, Mosca è costretta a usare la contraerea a casa propria e non può spostarne troppa al fronte, e perché se ci sono delle incursioni armate a Belgorod, al Cremlino conviene usare un po’ di soldati per proteggere le proprie aree di confine e quegli uomini vengono sottratti, di nuovo, al fronte. Poi c’è un danno psicologico per Mosca e un vantaggio potenziale per Kyiv perché, se Putin puntava alla guerra lunga, se anche la Russia è sotto attacco allora la guerra lunga gli conviene meno.
  • Quando Budanov è stato condannato in contumacia da un tribunale di Mosca per l’esplosione sul ponte di Kerch che collega la penisola occupata alla Russia, avvenuta a poche ore dal compleanno di Putin, ha reagito così: “E’ un piacere, lavorerò ancora più duramente per dimostrare al tribunale di Mosca che ha ragione”.
  • Il 4 gennaio, il giorno del suo compleanno, il capo del Gur si è mangiato una torta fatta a forma di Russia.
  • Gli attacchi mirati a casa dei nemici di Budanov imitano quelli più famosi del Mossad, l’intelligence israeliana, e dei suoi antenati: dalla caccia internazionale ai nazisti a quella ai terroristi in anni più recenti. La dottrina degli attacchi in Russia di Budanov sembra sintetizzabile così: le buone con Putin non hanno mai funzionato, non deve più vederci come vittime inermi ma considerarci pericolosi, forti: proviamo a fermare il bullismo sanguinario con la deterrenza brutale.

ilfoglio.it, 26 maggio 2023.

  • Gli Humvee non sono né preziosi né potenti: sono dei semplici veicoli leggeri per il trasporto truppe con quattro ruote.
  • Kyiv non ragiona come un paese in pace ma in ottica di sopravvivenza, per l’intelligence militare a cui rispondono le legioni straniere che combattono in Ucraina come Russia libera, se dei russi sono disposti a rischiare la loro pelle invece di farla rischiare a delle truppe ucraine e compiere un’azione che è utile a Kyiv: bene così. Gli Stati Uniti invece mettono dei limiti.
  • Se il New York Times ha buone fonti, a questo punto tutti gli attacchi rilevanti sul territorio russo a cui abbiamo assistito nell’ultimo anno sono stati pensati a Kyiv.

ilfoglio.it, 7 giugno 2023

[Sulla distruzione della centrale idroelettrica di Kachovka]

  • Quando Vladimir Putin ha ordinato l’invasione totale dell’Ucraina quindici mesi fa, aveva alcuni obiettivi deliranti come “rirussificarla” e liberarla da un “governo di nazisti”, ma ne aveva anche uno molto concreto: prendere il controllo della diga di Nova Kakhovka. La diga che da ieri mattina non esiste più – è sommersa da quasi dieci metri d’acqua e non può essere riparata – era strategica perché regolava il flusso di acqua potabile verso la Crimea occupata dal 2014. Il canale che porta l’acqua nella penisola comincia in corrispondenza della piena della diga e quella barriera di cemento messa a fermare il flusso naturale del fiume garantiva la pressione nei tributari fino ai campi e alle case dei crimeani. In quindici mesi le priorità di Mosca sono cambiate e, tra la guerra di aggressione che non va come previsto e la guerra in casa fatta di incursioni a Belgorod, scontri interni alla cerchia di Putin e droni contro la capitale, i rubinetti della Crimea non sono più in cima ai pensieri del Cremlino. Ieri mattina la Russia ha risposto con una mossa molto distruttiva e poco sensata alla controffensiva di Kyiv appena cominciata.
  • È un disastro che infligge danni lentamente ed è troppo presto per quantificare quelli alle persone, alle cose, all’ambiente e agli animali, ma ci sono isole abitate finite completamente sott’acqua, nei video dal campo si vedono delle casette di legno navigare in mezzo al fiume, le mine galleggianti per difendere la costa che esplodono sotto la pressione dell’acqua, i cani sui tetti, e si sentono i versi degli animali nelle gabbie dello zoo che affogano.
  • Kyiv vuole liberare le zone del sud occupate e non ha alcun interesse a rendere questo processo più complicato allontanandole di un po’ dal raggio di azione della propria artiglieria come effetto dell’ispessimento del fiume o a distruggerle. Da Mariupol a Bakhmut, Mosca, invece, ha dimostrato di non avere nessuna remora alla distruzione dell’Ucraina e degli ucraini.
  • Mosca ha sacrificato uno dei pochi obiettivi raggiunti in questa guerra – il controllo dell’infrastruttura che garantiva acqua potabile ai cittadini della Crimea – e ha allagato soprattutto i propri soldati di occupazione e i civili ucraini che dopo i referendum farsa finge di considerare cittadini propri, perché la sponda del fiume controllata da Mosca è quasi al livello del fiume mentre quella controllata da Kyiv è rialzata: la distruzione riguarda principalmente la prima.

ilfoglio.it, 7 giugno 2023

[Sulla distruzione della centrale idroelettrica di Kachovka]

  • Le evacuazioni sono cominciate la mattina stessa del disastro sulla sponda nord, quella controllata da Kyiv; contemporaneamente sulla sponda sud, occupata dai russi, il sindaco di Nova Kakhovka imposto da Mosca registrava un video per dire a tutti di non preoccuparsi, che nessuno era in pericolo imminente, mentendo.
  • Il collasso della diga comporta un danno a lungo termine per l’Ucraina libera perché quella barriera che fermava il flusso del fiume Dnipro e che non si può aggiustare pompava acqua in quattro grandi canali più a nord che erano fondamentali per rifornire le case di un pezzo della regione di Zaporizhzhia, oltre che per irrigare i campi di una delle zone più fertili del paese.
  • L’esercito russo ha ammesso di aver minato la diga il 21 ottobre, e allora aveva detto che l’avrebbe fatta saltare nel momento in cui gli ucraini avessero tentato di passarci sopra per avanzare. Anche Kyiv, in passato, aveva detto di essere pronta a far saltare la diga se fosse stato necessario a fermare l’invasione di Putin, e che in quel caso avrebbe evacuato la zona. Ma fuor d’ipotesi: le mine lì le avevano piazzate i russi ed è chiaro quale esercito stia provando ad avanzare in questo momento e quale abbia interesse a far saltare i ponti dietro alle proprie spalle per provare a fermalo: la diga è saltata la mattina dopo il giorno in cui proprio il ministero della Difesa russo ha comunicato che la controffensiva ucraina era cominciata.

Intervista di Nadia Corvino, illibraio.it, 25 settembre 2023.

  • [«Come si raccontano luoghi in cui passata la notizia più eclatante, si rischia venga perso l'interesse dei lettori?»]
    Questo è un po' il problema di chi si occupa di esteri, ed è anche un circolo vizioso, perché leggendo le notizie provenienti da certe parti del mondo solo due volte l'anno poi è difficile capirle. In più, chi si occupa di paesi come Iran e Afghanistan, ma anche di Ucraina, a differenza di chi si occupa di Stati Uniti o di Francia deve dare per scontate meno informazioni, perché si conosce meno la loro cultura e la loro storia. A chi racconta serve più spazio per dare elementi di contesto e un po' di bravura per non renderlo un saggio respingente, e serve anche un po' più di concentrazione da parte del lettore per rimettere insieme i pezzi.
  • [«C'è anche una categoria di lettori che di fronte a flussi di notizie particolarmente disturbanti, come quelli che provengono dai paesi in guerra, sceglie di evitare di informarsi su quel tema».]
    Se da un lato non scuserei chi si allontana, perché informarsi su quello che succede è importante, dall'altro in questo fenomeno c'è anche la responsabilità di chi le notizie le fornisce in un certo modo. Il sensazionalismo delle breaking news, sconnesse le une dalle altre, in cui si dà spazio senza contesto solo alle dichiarazioni più assurde e più allarmiste, più che a informare punta a mettere ansia, ed è normale che, a un certo punto, allontani e spaventi le persone.
  • [«La multimedialità dell'informazione sembra anche aver contribuito a un rinnovato interesse verso gli esteri, soprattutto nelle generazioni più giovani».]
    Credo che gli avvenimenti che racconto [nel libro L'incendio] siano stati protagonisti di questo rinnovato interesse. Dopo aver visto le immagini della caduta di Kabul del 15 agosto del 2021, di un'invasione con i carri armati alle porte dell'Europa e di una protesta senza precedenti in Iran, chi credeva stessimo andando ogni giorno più vicini a un mondo un pochino più pacifico ha visto quell'illusione infrangersi. Gli esteri, quindi, non possono più essere relegati a pagine di interesse per una ristretta cerchia di persone. Va anche detto che le generazioni più giovani hanno a che fare quotidianamente con il resto del mondo, vivono questa separazione in modo meno netto e guardano ai problemi con una prospettiva più globale di quanto non facessero le generazioni precedenti.
  • [«Le storie personali nel libro emergono come punti chiave nell'affrontare la complessità degli eventi recenti».]
    Certo, perché una storia potente ha un pubblico potenzialmente sconfinato, non incuriosisce soltanto a chi si interessa di geopolitica o di esteri. Una storia, inoltre, aiuta a creare quell'intimità di cui parlavamo prima: immedesimarsi con un altro essere umano è naturale, mentre partendo dalla teoria questa immedesimazione è difficile, se non impossibile. Le storie particolari, così, si fanno portatrici di messaggi universali.
  • C'è una differenza fondamentale tra paura e panico. La paura, in certe situazioni, è utile perché ti protegge, aiuta a concentrarti, a migliorare vista e udito, riducendo il rischio di farti del male. Il panico, invece, ti rende più pericolosa per te stessa rispetto alla situazione in cui ti trovi.[25]
  • Teheran, mi è mancato persino il tuo smog.[26][25]

ilfoglio.it, 7 dicembre 2024

[Sulla caduta di Damasco]

  • L'avanzata fulminea dei ribelli jihadisti guidati da Abu Muhammad al Julani, che in poco più di una settimana sono arrivati a oltre metà della strada tra il punto da cui sono partiti e la capitale Damasco, e quella dei curdi che hanno preso senza sparare un colpo la città dell'est di Deir Ezzor, si spiega con la fuga dalle loro posizioni dei soldati dell'esercito siriano più che con le abilità militari dei conquistatori. E non è una novità: l'esercito di Assad non funzionava nemmeno un decennio fa, ma allora sopperivano alle sue mancanze Vladimir Putin da Mosca e Qassem Suleimani da Teheran.
  • I russi e gli iraniani si erano divisi i compiti: ai primi spettavano i cieli, ai secondi il terreno. I bombardamenti aerei sono la parte più costosa ma anche quella meno pericolosa della guerra, perché il nemico – che siano i ribelli democratici o lo Stato islamico – non ha una propria aviazione. Gli iraniani invece si erano presi il ruolo più faticoso: il campo di battaglia. L'obiettivo di Suleimani non era soltanto decidere la strategia militare e farla funzionare, ma anche vigilare sugli assadisti, controllarli e compattarne le file: per evitare defezioni, per impedire che fuggissero invece di combattere come fanno in questi giorni.
  • In dieci anni per l'esercito siriano è cambiato poco: non sa combattere oggi come non sapeva farlo allora. Ma per gli amici di Assad è cambiato tutto. Mosca è impelagata in una guerra totale e ambiziosa all'Ucraina che doveva durare tre giorni ma dura da tre anni. Suleimani, il generale più efficiente della Repubblica islamica dell'Iran, è morto, è stato ucciso all'inizio del 2020 da un drone americano per ordine dell'ex e prossimo presidente degli Stati Uniti Donald Trump. E l'Asse della resistenza messo in piedi da Suleimani, che dieci anni fa era al suo apice, oggi è in crisi: la milizia più potente – Hezbollah – ha perso tutta la catena di comando militare, almeno duemila combattenti e la maggior parte del suo arsenale, non si può più permettere di riversare migliaia di libanesi armati al fianco di Assad. Il 26 ottobre Teheran è stata colpita per la prima volta in quarant'anni da bombe israeliane: la priorità dei pasdaran oggi non è più la Siria.

ilfoglio.it, 10 dicembre 2024

  • Alla fine l'intervento in Siria è costato all'Iran almeno trenta miliardi di dollari che sono poi andati bruciati in una decina di giorni: tra il 27 novembre, quando è cominciata la marcia da Idlib verso Aleppo, e la caduta di Damasco nelle mani dei ribelli il 7 dicembre. Due mesi prima anche l'investimento più importante mai fatto da Teheran all'estero – la costruzione di Hezbollah e del suo arsenale portata avanti meticolosamente per quarant'anni – era evaporato in dieci giorni: tra il 17 settembre in cui quattromila cercapersone sono esplosi nelle mani di altrettanti miliziani libanesi e il 27 settembre in cui l'aviazione israeliana guidata dall'intelligence militare ha finito di decapitare la leadership del gruppo uccidendo il suo capo, Nasrallah, con due bombe da mille chili ciascuna.
  • Secondo alcune fonti di solito bene informate, nonostante il generale iraniano [Qasem Soleimani] non abbia mai avuto remore a usare tecniche brutali, ha avuto un sussulto quando il dittatore siriano ha deciso di usare le armi chimiche – il gas sarin – a Ghouta, contro i civili e contro il suo popolo arrabbiato e indomito pur di stroncarlo. Come tanti maschi iraniani della sua generazione Suleimani aveva visto gli effetti delle armi chimiche di Saddam Hussein sui corpi dei suoi commilitoni quando era in trincea a difendere la neonata Repubblica islamica dall'invasione irachena. Le armi chimiche in Iran sono impronunciabili perché sono una ferita collettiva – tutti ne conoscono gli effetti e conoscono almeno una vittima. Ma per Suleimani la Siria era un mattone irrinunciabile dell'Asse, il sarin valeva l'autostrada nel deserto su cui passavano i missili per gli alleati più stimati e più preziosi: gli uomini di Hezbollah che – fino all'ultima guerra con Israele – non avevano mai subìto una sconfitta militare, non avevano mai deluso o disobbedito, che erano dei veri fratelli, dei veri sciiti, che riconoscevano l'ayatollah a capo dell'Iran come autorità suprema. E che, soprattutto, dovevano funzionare come un'assicurazione sulla vita contro il nemico esistenziale: Israele. Una sorta di patto di mutua distruzione sul modello di quello della Guerra fredda ma su scala minore, in salsa mediorientale e senza plutonio, che le autorità di Teheran intendevano più o meno così: lo stato ebraico non oserà attaccare il territorio della Repubblica islamica con i suoi aerei da guerra perché altrimenti noi scateneremmo tutta la potenza di fuoco di Hezbollah contro "l'entità sionista", e gli israeliani sanno che i razzi di Hamas non sono nulla rispetto alle decine di migliaia di missili potenti che partirebbero in massa dal Libano diretti verso Tel Aviv. Questa assicurazione poteva valere finché Hezbollah non si è accartocciato in dieci giorni come nessuno – tranne forse il Mossad – aveva previsto che potesse accadere. Dopo aver messo in ginocchio il Partito di Dio, Israele ha colpito con i jet la capitale Teheran (le sue difese aeree di fabbricazione russa) il 26 ottobre. Non lo aveva mai fatto in quarant'anni.
  • L'ironia della storia ha voluto che il capo di un gruppo relativamente piccolo, considerato strategico a fini di propaganda più che per le sue capacità militari, con un'operazione-massacro a sorpresa di cui né l'intelligence israeliana né i pasdaran iraniani lo pensavano capace, ha sconvolto non soltanto un nemico più forte, Israele, ma anche tutti i progetti dell'alleato più potente, l'Iran, fino a portare l'Asse della resistenza al punto di collasso.
  • Un comandante dei pasdaran iraniani ha detto che la caduta della Siria è, per Teheran, quello che la caduta del Muro di Berlino fu per Mosca.
  • [In merito al suo periodo di detenzione in Iran nel 2024] E poi c'è questa cosa che [...] è il privilegio che noi abbiamo. Noi che abbiamo una casa sicura in un paese sicuro, no? Quando andiamo in Afghanistan, quando andiamo in Ucraina, quando andiamo a Jenin, [...] possiamo tornare a casa, e le persone che incontri lì non possono farlo. E questa è la prima volta che mi capita di perdere per un periodo, per tre settimane, questo privilegio, la possibilità di scegliere, la possibilità di andartene, che le donne afghane non hanno, che i soldati ucraini chiamati al fronte non hanno. E questa cosa mi ha fatto sentire una responsabilità ancora in più...[27]
  • [Su Il seme del fico sacro] Andate a vedere questo film magnifico. [...] Ma non è un film su Evin, è un thriller. C'è la storia recente di una società racchiusa nella storia di una famiglia, e nell'arco di un personaggio.[28]
  • [Sull'incontro tra Donald Trump, J. D. Vance e Volodymyr Zelens'kyj il 28 febbraio 2025] Un americano che non è mai stato in Ucraina e un presidente che, oggi, non sa dire in quale anno sia cominciata l'invasione russa spiegano a Zelensky la guerra nel suo paese dandogli sulla voce per cinque minuti senza interruzioni.[29]

ilfoglio.it, 25 gennaio 2025

  • [Su Volodymyr Zelens'kyj] È convinto che a Trump non piaccia essere preso in giro e che non gli piaccia perdere, il presidente ucraino ha scelto come strategia politica fare leva su questo aspetto del carattere dell'americano.
  • Dal punto di vista degli ucraini, il patto del 2019, per cui Zelensky aveva speso il suo capitale politico nonostante la metà del suo paese fosse contraria a un accordo col nemico, si è risolto con la Russia che vendeva il suo gas, l'Europa che otteneva il suo gas e l'Ucraina che otteneva la guerra.
  • Se oggi il conflitto venisse congelato (già questo non è un traguardo semplice) gli ucraini si troverebbero a vivere di nuovo accanto al pericolo, accanto a un vulcano attivo, "con un serial killer in giardino", e affinché una tregua lo sia davvero chiedono garanzie più forti di quelle che hanno già sperimentato in passato e che non hanno funzionato. Zelensky ripete che queste garanzie hanno un unico nome possibile: la Nato. L'Alleanza atlantica però non è soltanto un insieme di articoli, è un accordo militare che prevede basi americane sul territorio dei paesi membri, fornite di armi potenti fabbricate negli Stati Uniti, piene di soldati americani. Non sembra probabile che l'Amministrazione Trump spenda molti dollari per costruire le nuove basi, spedire le armi e inviare truppe americane in Ucraina, nemmeno se ci fosse una tregua.
  • Abbiamo chiesto al presidente ucraino se tre anni di bombardamenti e tentativi di assassinarlo abbiano ucciso il vecchio Zelensky, il comico. Ha risposto ridendo che l'aggettivo "vecchio" accostato al suo nome non lo aveva ancora mai sentito pronunciare, si è incupito quando ha cominciato a raccontare che gestire una guerra si mangia il tempo per i sentimenti – che i problemi sono così tanti, la fretta è così tanta, che si diventa pragmatici, soltanto risolutivi e poco emotivi, che la testa prende il sopravvento sul cuore. A dire il vero nel corso di un'ora di intervista almeno due volte le risposte fiume del presidente ucraino hanno rallentato e gli è venuta un'espressione commossa. Quando ha parlato di suo nonno, Semyon Ivanovich Zelensky, fante ebreo dell'Armata rossa durante la Seconda guerra mondiale con trenta medaglie appese al petto, che in Ucraina ha combattuto i nazisti veri e non quelli che vivono negli ossimori della propaganda putinista (che vuole denazificare Zelensky), ed è stato l'unico della propria famiglia a sopravvivere all'Olocausto, che ha ucciso un milione di ebrei ucraini tra cui i suoi genitori e i suoi tre fratelli. La seconda volta è stata quando abbiamo parlato dei fanti di oggi, dei maschi giovani e non solo che in questo momento sono settecento chilometri a est da qui, nelle trincee a zero gradi sotto i colpi dell'artiglieria russa, che in questi tre anni di grande invasione hanno sostenuto da soli il settanta per cento di tutte le perdite, di tutte le morti in combattimento di ucraini. Quelli che più della nuova Amministrazione americana di destra vogliono che questa guerra finisca presto – a patto che possano dire, questa volta, che sia finita davvero.

Citazioni su Cecilia Sala

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  • Cecilia Sala ha raccontato l'infame ritiro americano dall'Afghanistan in modo superlativo, semplicemente dal suo account Instagram, mentre gli inviati di razza si godevano il Ferragosto al mare, e poi le elezioni cilene e la guerra incivile dei russi all'Ucraina e il post sette ottobre in Israele, con una compostezza anglosassone, e così poco italiana.
  • Cecilia Sala non va in posti orribili per sbattere in faccia l'orrore che vede, né ci va per stupire i lettori con effetti lacrimogeni, e nemmeno per lanciare in faccia ai mullah quel «cencio medievale» che copre i capelli delle donne, come fece Oriana Fallaci durante la celebre intervista al primo responsabile della quarantennale carneficina iraniana, Ruhollah Khomeini.
    Cecilia Sala è semplicemente una giornalista brava, una merce rara.
  • È arrivato il momento di riconoscere che Cecilia è la giornalista più brava e coraggiosa della sua generazione, e anche di molte generazioni precedenti.
  • Le corrispondenze di Cecilia Sala dall'Afghanistan e dall'Ucraina orientale, così come quelle dal Grande Medio Oriente o dal Sudamerica, sono sempre puntuali e avvincenti, curiose e non ideologiche, fresche più che fiere, piene di umanità ma mai lagnose, a ciglio asciutto. Il suo stile giornalistico non è né pugnace né militante, non è ideologico, e questo scontenta i tifosi delle due curve e prende in contropiede chi si aspetta di leggere le cronache del derby e non le notizie sulle immani tragedie raccontate da Cecilia.
  1. Da Oggi in Ucraina è la festa dell'Unità, ilfoglio.it, 16 febbraio 2022.
  2. a b Da Dopo Kharkiv, i russi stanno radendo al suolo Chernihiv per far vedere di cosa sono capaci, ilfoglio.it, 5 marzo 2022.
  3. Da I prigionieri russi ci dicono che Putin pensava a una guerra-lampo, ilfoglio.it, 8 marzo 2022.
  4. Da Ecco perché l'assistenza militare all'Ucraina è garanzia di protezione per i civili, ilfoglio.it, 19 marzo 2022.
  5. Da L'ultima resistenza: Mariupol è quasi presa dai russi e "non si contano i morti", ilfoglio.it, 30 marzo 2022.
  6. Da Gli ucraini liberano la direttrice verso Kyiv. I dubbi su Belgorod, ilfoglio.it, 2 aprile 2022.
  7. Da La rete di spie e sabotatori che in Russia organizza la resistenza, ilfoglio.it, 13 maggio 2022.
  8. a b Da Fuga dai russi. Anatoly ci racconta com'è scappato da Kherson, ilfoglio.it, 19 maggio 2022.
  9. Da Liberare Kherson è fondamentale ma cruento. Kyiv: "Scappate da lì", ilfoglio.it, 23 giugno 2022.
  10. Da Agli attacchi indiscriminati di Mosca ora rispondono quelli molto precisi di Kyiv, ilfoglio.it, 30 giugno 2022.
  11. Da Mosca ha 15 milioni di proiettili d'artiglieria: ne spara più dell'Urss e come Hitler, ilfoglio.it, 20 agosto 2022.
  12. Da Il geniale generale Syrsky, stratega della controffensiva ucraina, ilfoglio.it, 11 settembre 2022.
  13. Da Nelle fosse di Izyum si decifra l'orrore russo, ilfoglio.it, 17 settembre 2022.
  14. Da Mosca può anche muovere molti uomini ma la sua intelligence è cieca e così resta vulnerabile, ilfoglio.it, 23 settembre 2022.
  15. a b Da Russi a caccia di voti tra i pianerottoli e nei cortili, fucile alla mano. Parla Maria Zolkina, ilfoglio.it, 24 settembre 2022.
  16. Da Putin s'annette un altro pezzo d'Ucraina, ilfoglio.it, 30 settembre 2022.
  17. Da L'intelligence di Kyiv si chiede: cosa vuole Putin dopo il ritiro da Kherson?, ilfoglio.it, 11 novembre 2022.
  18. a b Da A Kherson niente vittime civili e carneficina di soldati grazie agli Himars salvavita, ilfoglio.it, 15 novembre 2022.
  19. Da Sul campo di battaglia neanche il freddo sta con Putin, ilfoglio.it, 26 novembre 2022.
  20. Da Crimea 2023: La penisola pericolosa per tutti, ilfoglio.it, 29 dicembre 2022.
  21. Da A Vuhledar si vede dove va la guerra. Un esempio contro il dibattito sull'escalation, ilfoglio.it, 28 gennaio 2023.
  22. Da A "provocare Putin" è la debolezza occidentale, non la sua forza. Dal Biden di Kabul a Biden a Kyiv, ilfoglio.it, 23 febbraio 2025.
  23. Da Il mandato di cattura per Putin visto da una madre a cui i russi hanno rubato due figlie, ilfoglio.it, 21 marzo 2023.
  24. Da Kyiv è famosa (e vincente) per i suoi attacchi mirati, ma a Bakhmut adotta la tecnica del logoramento, ilfoglio.it, 28 marzo 2023.
  25. a b Citato in G. Pr., «Teheran, ti amo». Quella passione per il mondo tra tv e podcast, Corriere della Sera, 28 dicembre 2024.
  26. Da un post sul profilo ufficiale instagram.com, 13 dicembre 2024
  27. Citato in Chiara Pizzimenti, Cecilia Sala: «La cosa più difficile è stato l'isolamento». La puntata speciale del podcast Stories, su Vanity Fair Italia, 9 gennaio 2025. URL consultato il 9 gennaio 2025.
  28. Da un post sul profilo ufficiale instagram.com, 20 febbraio 2025.
  29. Da un post sul profilo ufficiale x.com, 28 febbraio 2025.

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