Carlo Silvestri
giornalista italiano (1893-1955)
Carlo Silvestri (1893 – 1955), giornalista italiano.
Citazioni su Carlo Silvestri
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- Silvestri aveva conosciuto Mussolini quando erano entrambi socialisti e aveva appoggiato nel 1914 il suo passaggio dal pacifismo all'interventismo. Nel 1920 poi, Silvestri aveva provato a giustificare il nascente squadrismo in quanto «legittima reazione alle violenze rosse». Ma, dopo aver indagato, sul «Corriere» ne aveva denuciato gli eccessi. E, come risposta, aveva ricevuto dagli squadristi un pestaggio che lo aveva fatto finire in ospedale. Dopo aver puntato il dito contro Mussolini per il delitto Matteotti, Silvestri era stato segretario generale delle Opposizioni nella secessione parlamentare dell'Aventino. Nel 1925 fu processato e (in ottobre) nuovamente picchiato dalle camicie nere alla stazione di Milano, ciò che gli provocò una commozione cerebrale. Sarà poi radiato dall'Albo dei giornalisti e spedito al confino a Ustica, Ponza e Lipari.
- Tornato a Milano nel 1932, è una persona diversa. Scrive a Mussolini lunghe lettere sull'interpretazione di ciò che è accaduto nei primi anni Venti, ma il Duce non risponde. Ai tempi della guerra d'Etiopia scrive ancora, stavolta ai governi inglese e francese per spiegare le ragioni dell'Italia. Anche qui nessuno lo prende in considerazione. Chiede a questo punto la tessera del Partito nazionale fascista. Gli viene rifiutata. Quando l'Italia nel 1940 entra in guerra, viene internato a Chieti. Il medico personale di Mussolini, l'ex socialista Luigi Veratti, riesce a farlo liberare e lui scrive al dittatore un messaggio di ringraziamento untuoso a tal punto da far annotare al capo della segreteria politica del Duce: «È un buffoncello».
- E arriviamo al 1943: la seduta del Gran consiglio del 25 luglio che porta alla caduta del fascismo; l'armistizio dell'8 settembre; la divisione dell'Italia in due con la nascita a Nord della repubblica di Salò. In novembre, a Milano, Silvestri viene arrestato a seguito di un attentato all'ufficio turistico tedesco. Stavolta è Mussolini in persona a intercedere per farlo rimettere in libertà. Lui lo ringrazia con lettere fin troppo affettuose in cui addirittura lo chiama «papà» (nonostante abbia appena una decina di anni meno di lui). Finalmente Mussolini lo riceve e nei primi colloqui tornano a parlare dell'uccisione di Matteotti. Il Duce lo convince che, all'epoca, era in procinto di «aprire ai socialisti» e che la «destra», per ostacolare questo disegno, gli avrebbe gettato tra i piedi quell'ingombrante cadavere. Silvestri sposa in pieno questa inverosimile versione dei fatti e a favore della tesi dell'estraneità di Mussolini all'uccisione del parlamentare socialista deporrà al processo del 1947 (come spiega il libro di Mauro Canali Il delitto Matteotti, edito dal Mulino).
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