Carlo Faggioni
aviatore italiano
Carlo Faggioni (1915 – 1944), aviatore italiano.
Citazioni su Carlo Faggioni
modifica- Il Quebec Delta Mike che hai chiesto, QDM, è una vecchia voce del vecchio codice Q, codice che usavano già Faggioni e Buscaglia, nulla al mondo è più conservativo dell'aeronautica e della marina, QDM, qudimike, vecchia voce, la più amata di ogni pilota, voce che porta a casa, intraducibile perché non una sigla ma tre lettere che codificano e suggellano la seguente, salvifica domanda: per come voi mi rilevate qual è la prua che devo mettere volendo giungere alla mia destinazione?, destino in spagnolo, una lingua in cui il fine geografico coincide col compimento della propria personale avventura. (Daniele Del Giudice)
- Ai primi di ottobre ricevo una lettera di Faggioni; m'invita a raggiungerlo a Firenze dove sta ricostituendo il gruppo Buscaglia nella Repubblica Sociale Italiana. Contemporaneamente mi arriva un messaggio di Graziani: «Me ne vado al sud per continuare a combattere per l'Italia». Qual è la strada giusta? Due combattenti valorosi, due uomini giusti, due amici. Uno al nord, l'altro al sud. Entrambi ancora impegnati in una guerra accanita, condotta con la lealtà, l'impegno, la serietà di sempre. Faggioni compirà alcune azioni di siluramento al limite tra il nostro concetto del coraggio ed il suicidio dei kamikaze, finché ad Anzio, in una sfida a un'intera flotta da sbarco, immolerà la sua nobile e felice vita. Graziani si butterà con la foga e l'impegno abituali nel fuoco dei bombardamenti sui Balcani.
- Buscaglia risentiva ancora la punta di avvilimento del tempo in cui, all'inizio della carriera, il suo comandante l'aveva proposto per l'esonero dal pilotaggio che aveva poi trasformato in trasferimento, perché ormai la guerra era alle porte e "tutti" i piloti erano necessari. Buscaglia non era un pilota eccezionale non era un "manico" come si dice in gergo aeronautico: però sapeva ridurre i problemi all'indispensabile; infine superava tutto il resto con una caparbia forza di volontà. Ovviamente lo infastidivano i "cannoni", oggetto di ammirazione di tutti. E Faggioni, in arrivo, era senza dubbio un "cannone", anche se fino a quel momento aveva sparato a salva.
- Faggioni atterra. È il mio momento. «Fammi vedere cosa hai imparato a Gorizia.» Decollo veloce e come lui mi tengo basso per acquistare velocità. In fondo al campo cerco di virare stretto, ma la terra così vicina mi consiglia di restituire i comandi: eppure era così facile vederlo fare a lui! Gli cedo la guida, arrendevole. Forza maestro! Ripete il looping d'ala partendo da rasoterra: una manovra elegante, scorrevole, emozionante. Quando il velivolo, tratto in verticale, arriva in cima alla parabola e si sente che i motori non ce la fanno più a tenerlo su, Faggioni con un tocco leggero come quello di un pianista toglie la manetta al sinistro, affonda lo stesso pedale, e il velivolo fa perno sull'ala puntando poi il muso verso terra. Subito toglie tutti e tre i motori: la velocità aumenta rapidamente; egli aziona il trim a cabrare e tira contemporaneamente il volantino. Con naturale dolcezza il velivolo assume a poco a poco l'assetto orizzontale e passiamo sul limite sfiorando le cime degli eucalipti.
- Faggioni ci raggiunge subito. «Prima lo assaggio io, solo con il motorista, poi saliamo assieme.» È chiaro: vuole togliersi la voglia da solo e sappiamo già che assisteremo ad uno spettacolo. Decolla subito, tiene il velivolo basso sulla pista, in fondo lo solleva un poco e rientra con un impeccabile schneider. Riabbassa il muso e punta su di noi che siamo già stesi per terra. Ci sorvola a non più di due metri e poi su, con una forte cabrata, contro il sole e, quando il velivolo sembra fermo appeso al cielo, uno splendido looping d'ala e giù ancora sulla nostra emozione. Volare con lui è come prendere lezioni di pianoforte da Benedetti Michelangeli.
- La previsione non era esatta, il velivolo non "piastrellava" perché non c'era il rapporto peso-velocità e perché non aveva il movimento rotatorio della "piastrella". Si era come invischiato nell'acqua con un contraccolpo che ci aveva sbattuti violentemente in avanti, e ora sprofondava. L'acqua passò spumeggiando sul parabrezza; eravamo sommersi, come in un sommergibile; soltanto che non c'era tenuta stagna e tra qualche secondo l'acqua avrebbe invaso tutto. In quegli attimi il pensiero va a Dio e alla mamma. È un pensiero velocissimo, di passata, non so se varrebbe per la salvezza dell'anima. Ma ecco ad un tratto l'acqua rifluire dal parabrezza e torniamo fuori nel sole caldo e amico; il velivolo "delfina" dolcemente alcune volte sulla superficie e poi si ferma come un gabbiamo stanco per il lungo volo. [...] C'era una gara per chi riusciva a volare più basso sull'acqua e sulla terra e bisognava fornire le prove: Faggioni qualche tempo prima era rientrato con una coda bagnata; Pfister gli aveva risposto portando a casa delle spighe di frumento tra gli sportellini del ruotino posteriore. Era evidente che io li avevo battuti tutti e due.
- Sto controllando la "conta" delle lenzuola che un aviere accatasta lungo il muro di una camerata, quando entra il comandante con altri due ufficiali. Riconosco subito Faggioni che era stato mio istruttore alla scuola di Aviano; gli vado incontro ed egli mi spalanca il suo sorriso a bocca larga e mi abbraccia cordialmente; poi giratosi verso l'altro tenente alto, magro, col viso angoloso che avevo visto da qualche parte, mi presenta: «Questo è il pivello che mi ha portato via il record di "bassezza" e questo», dice a me in tono canzonatorio, «è il tuo comandante di squadriglia, il "Signor" tenente Giulio Cesare Graziani».
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