Arturo Benedetti Michelangeli
pianista italiano (1920-1995)
Arturo Benedetti Michelangeli (1920 – 1995), pianista italiano.
Citazioni di Arturo Benedetti Michelangeli
modifica- [ad Agostino Orizio] Dirigi tu. Perché quella faccia? Dico sul serio. E poi di che cosa ti preoccupi? Quello che ci perde caso mai sono io.[1]
- Il pianista non deve esprimere prima di tutto se stesso. La cosa principale, la cosa essenziale è entrare nello spirito del compositore. [...] La vera personalità del pianista emergerà solo quando sarà entrato in profondo contatto con il compositore. Solo quando il compositore avrà preso possesso del pianista questi potrà veramente creare musica.[2]
Citazioni su Arturo Benedetti Michelangeli
modifica- A Maranello vengono spesso musicisti di un genere che è difficile immaginare appassionati di automobili tipo Ferrari. Arturo Benedetti Michelangeli, per esempio, è nostro cliente abituale: adesso è in attesa di una nuova macchina. La prima volta mi chiese, con un leggero imbarazzo, una berlinetta Mille Miglia usata, dichiarandosi non sufficientemente ricco per poter comperarne una nuova. Poi ci rimase fedele, e ogni tanto viene qui, silenzioso, quasi diafano, con quella sua cortesia fredda, quell'espressione sconcertante. Uno strano signore a colazione tra le nuvole. (Enzo Ferrari)
- [«Com'era al di fuori dei concerti?»] Certe volte faceva pensare ai bambini che si divertono con poche cose. Era essenziale anche in questo. Ma la sua più grande passione, al di fuori della musica, erano le macchine da corsa. Guidava una Ferrari. Un giorno da Moncalieri, dove teneva dei corsi, mi accompagnò a Torino con la sua macchina. Sfrecciava per le stradine. Ero terrorizzato. E lui non una parola. Immobile. Serio. Pareva Buster Keaton. Ci fermammo davanti alla stazione. Girò la testa da uccello e aprì bocca: non mi dica che l'ho spaventata? (Salvatore Accardo)
- È uno dei miei modelli. Il fatto che suonasse un repertorio limitato e annullasse anche all'ultimo i concerti non era capriccio, ma totale dedizione alla musica: suonava solo ciò che sapeva di conoscere e di poter trasmettere al pubblico alla perfezione. Tutto ciò che non era perfetto non gli interessava: questo è anche il mio ideale, anche se non voglio disdire all'ultimo i concerti! (Evgenij Igorevič Kissin)
- Ero allievo di Michelangeli, molto selettivo con gli studenti, poi un giorno scivolai in casa e mi ruppi il gomito: carriera rovinata. Cominciai così a dirigere. (Agostino Orizio)
- Il modo in cui la musica di Bach[3]sotto o dentro le mani di Michelangeli, nell'unico, inscindibile impasto che si crea tra le sue mani e i tasti del pianoforte, andava depositandosi nello spazio era appunto un cerchio di perfezione. Non la perfezione di ciò che è obbedienza tecnica e meccanica, ma di ciò che è ripercorrimento e reinvenzione dell’impronta suprema e del supremo disegno fattisi musica, suono: quell'impronta che, appunto, genera perché il generato ritorni dentro il proprio grembo. (Giovanni Testori)
- Il suono di madreperla, la capacità di cantare, l'uso del pedale, la pulizia assoluta dell'esecuzione dei passi anche più difficili appaiono inimitabili. Quest'ultima caratteristica può oggi far sorridere, con legioni di pianisti altrettanto perfetti nella fedeltà alle note; le altre qualità no, non smetteranno di sorprendere, ci riportano all'unicità della sua esperienza. Benedetti Michelangeli era il suono del pianoforte, come Milstein lo è stato per il violino. Naturalmente parliamo di un suono cercato e esibito in relazione con la musica che attraverso quel suono si realizzava. Ma rimaneva, comunque si atteggiasse l'interpretazione, chiunque fosse l'autore, una caratteristica di suono tutta sua. Con questa dava il suo fondamentale contributo creativo all'esecuzione. E ci piace ricordare, di lui, un aneddoto che la dice lunga sul suo modo di vivere il rapporto con la gente, con la vita, con la sua stessa attività. Fermato da un agente perché guidava troppo velocemente (le automobili veloci erano la sua passione extramusicale: da giovane correva, anche, su percorsi difficili) declinò le sue generalità. Cosa fa? Suono. Dove? Un po' qua, un po' là. Allora scrivo: girovago? Sì, sì, scriva pure girovago. (Michelangelo Zurletti)
- Non una volta ho visto un sorriso illuminare il suo volto, ma ancor peggio, nell'oscurità del suo viso, si vede quanto abbia sofferto. (Carlo Maria Giulini)
- Oltre ad avere una natura musicale di levatura eccezionale, è stato il solo a trasformare il pianoforte da strumento a percussione a strumento magico. Di lui – come di Horowitz soltanto tra tutti i migliori pianisti al mondo che ho conosciuto – ricordo il mistero del suono. (Carlo Maria Giulini)
- Raramente mi diceva in modo diretto e chiaro quello che non andava. Mi costringeva a pensare e riflettere perché dovevo arrivare da solo alla soluzione. Una volta rimasi bloccato su alcune battute in una sonata di Beethoven e chiesi al Maestro di aiutarmi. Mi fece un bel sorriso e mi diede una pacca sulla spalla, poi disse: "Cerca di vedere". Ci rimasi un po' male. Perché dovevo sprecare ore e ore di studio per cercare di risolvere un problema che lui avrebbe potuto farmi capire con un piccolo cenno? Dopo circa un mese di riflessione ho capito cosa voleva dirmi il Maestro. Con la frase "cerca di vedere" non si era soffermato sul problema specifico ma su qualche cosa di più profondo. In poche parole capii che non tutto ciò che si guarda si vede e, di conseguenza, non tutto ciò che si sente si ascolta. Chiesi subito al Maestro di confermare questa mia "scoperta" e mi disse "l'era ura". Io il dialetto bresciano non lo comprendevo però capii che ero nel giusto. (Carlo Maria Dominici)
- Sto ascoltando la Ciaccona di Bach-Busoni suonata da Benedetti Michelangeli. Non ho mai sentito niente di simile. Ora mi spiego l'odio invincibile che lo circonda. (Cristina Campo)
- A un certo punto ha cominciato a raschiare via tutti gli orpelli, tutte le aggiunte, tutto quello che aveva di tardoromantico, e ha cominciato, progressivamente ad avvicinarsi ai canoni neoclassici. E ha fatto una sintesi tra il rispetto maniacale del testo (che è neoclassico) e il suo istinto d’artista. Ma le cose cambiano ancora alla fine della carriera.
Nell'ultimo periodo è tornato indietro. Ha ripreso certi elementi di stile decadentistici. Ha detto in più di un'occasione: "voglio rifare tutto", voleva reincidere tutto quello che aveva inciso. Il risultato è che il pianismo dell'ultimo Michelangeli è già un annuncio di postmoderno. - [La Sonata in do maggiore di Galuppi, uno dei vertici dell'arte esecutiva di Arturo Benedetti Michelangeli] Lì ha un timbro che non sembra un pianoforte, sembra uno strumento inventato da lui. Un suono che non esiste.
- Negli ultimi concerti di Benedetti Michelangeli sentivo il cambiamento. Ancora una volta la forza della natura si era impossessata di lui. Ripescò quanto di grande c'era nella sua anima senza filtri culturali. [...] Il cammino che aveva compiuto lo stava conducendo verso la sterilità. Ma seppe reagire, abbandonandosi alla forza emotiva. Ricordo a Bregenz nel 1988. Erano in molti ad ascoltarlo. E tanti dissero che non era più lui. Deploravano questo stile che era diventato disperato e violento. Mentre io ci vedevo libertà e ricchezza interiore. Aveva qualcosa di profetico. Alfred Cortot colse la sua inattualità quando disse che Michelangeli era la reincarnazione di Liszt. La verità è che il suo animo aveva in dosi eguali ed estreme crudeltà e dolcezza.
Note
modifica- ↑ Citato in Orizio e il festival pianistico, le note dell' anima, Corriere della sera, 12 aprile 2007.
- ↑ Da un'intervista del New York Times del 1977, citato in Maurizio Falghera, Come realizzare audiolibri in Home Studio: una guida per autori, attori, insegnanti, studenti e per tutti gli appassionati della lettura ad alta voce, Il Narratore Audiolibri, Zovencedo (VI), 2014, p. 98. ISBN 9788868161071
- ↑ La Ciaccona di Bach-Busoni. Cfr. Bruno Giurato, Benedetti Michelangeli, i sette brani con cui supera i più grandi pianisti del mondo, linkiesta.it, 5 maggio 2018.
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