Antonio e Cleopatra
Antonio e Cleopatra (Anthony and Cleopatra), tragedia shakespeariana del 1607 o 1608.
I traduzione
modificaAlessandria. Una stanza nel palazzo di Cleopatra. Entrano Demetrio e Filone
Filone: Sì, ma questo rimbambimento del nostro generale passa la misura. Quei suoi magnifici occhi, che fiammeggiavano sopra le legioni schierate in battaglia come Marte in corazza, ora si chinano, ora rivolgono il compito e devozione della loro vista ad una fronte dalla pelle scura. Il suo cuore di capitano, che nelle mischie di grandi battaglie ha rotto con l'empio del petto le fibbie dell'armatura, rinnega ogni temperanza e si fa mantice e ventola per raffreddare la foia d'una baldracca egizia.
Squilli di tromba. Entrano Antonio e Cleopatra con le sue dame e il seguito- Eunuchi le fanno vento coi flabelli.
Eccoli che arrivano. Fa bene e vedrai in lui il terzo pilastro del mondo mutato in trastullo d'una sgualdrina. Osserva e vedrai.
Cleopatra: Se è amore davvero, dimmi quant'è.
Antonio: È un amore miserabile quello che si può misurare.
Cleopatra: Voglio fissare un limite sino al quale essere amata.
Antonio: Allora dovrai per forza scoprire nuovo cielo, nuova terra.
Francesco Franconeri
modificaAlessandria. Nel palazzo di Cleopatra.
Entrano Demetrio e Filone.
Filone: Sarà, ma questa follia del nostro generale oltrepassa ogni misura. Quegli indomiti suoi occhi che in guerra come Marte in armi fiammeggiavano sulle schiere e le coorti, ora si chinano e dedicano l'ufficio e l'ossequio dei loro sguardi ad una fronte bruna. Il suo cuore di condottiero, che negli scontri delle grandi battaglie gli spezzava le fibbie sul petto, ora rinnega ogni moderazione ed è divenuto mantice e ventaglio per alimentare e rinfrescare le smanie d'una zingara. Attento: ecco che arrivano. (Fanfara. Entrano Antonio e Cleopatra coi loro seguiti. Eunuchi fanno vento con flabelli.) Osserva attentamente, e in lui vedrai uno dei tre pilastri del mondo mutato nel giullare d'una sgualdrina. Osserva bene.
Cleopatra: Se veramente è amore, dimmi quanto.
Antonio: Ben misero è l'amore che può essere calcolato.
Cleopatra: Traccerò dei confini entro cui essere amata.
Antonio: E allora dovrai cercare un nuovo cielo, una nuova terra.
[William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, traduzione di Francesco Franconeri, Newton, 1990]
Goffredo Raponi
modificaAlessandria. Stanza nella reggia di Cleopatra
Entrano DEMETRIO e FILONE
Filone – Bah, mi pare che il nostro generale con questa sua amorosa infatuazione stia davvero passando la misura: quegli occhi che hanno sempre folgorato come quelli di un Marte corazzato, su guerresche falangi, ora dimessi, in atto di servile devozione abbassano lo sguardo su una fronte del colore del bronzo.[1] Quel suo cuore di grande condottiero che nel cozzo d'asprissime battaglie gli ha schiantato le fibule sul petto,[2] rinnegato ogni senso di ritegno, s'è ridotto ad un mantice, a un ventaglio per raffreddar gli ardori d'una zingara. (Trombe.[3] Entrano ANTONIO e CLEOPATRA con le sue ancelle e con degli eunuchi che le fanno vento agitando grandi ventagli) Eccoli. Osserva bene Marcantonio, e vedrai uno dei tre gran pilastri su cui si regge il mondo[4] trasformato nel giullare d'una baldracca. Osservalo, e mi darai ragione.
Cleopatra – (Ad Antonio) Se è vero amore, dimmi quant'è grande.
Antonio – L'amore che si può quantificare è da elemosinanti.
Cleopatra – I confini entro i quali essere amata voglio fissarli io.
Antonio – Allora occorrerà che tu ti trovi un nuovo cielo ed una nuova terra.
[William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, traduzione e note di Goffredo Raponi]
Citazioni
modifica- I regni sono argilla; il letamaio ch'è la nostra terra nutre egualmente la bestia e l'uomo. La nobiltà della vita sta in questo. (Antonio: atto I, scena I, p. 92)
- Sì, questa passione del nostro generale passa la misura: quei suoi occhi fieri che sopra le file e le schiere guerresche scintillavano come l'armatura di Marte, ora si abbassano e volgono la funzione e la devozione del loro sguardo sopra una fronte abbronzata: il suo cuore di condottiero che nelle mischie di grandi battaglie ha fatto scoppiare le fibbie della corazza sul suo petto rinnega ogni moderazione ed è diventato il mantice ed il ventaglio per rinfrescare la lussuria di una zingara. (Filone: atto I, scena I)
- La natura cattiva dei messaggi rende sgradito il messaggero. (Messaggero: atto I, scena II, p. 96)
- Quello che il nostro disprezzo spesso scaccia via da noi, vorremmo tornasse nostro. Il piacere presente, trascinato sempre più in basso dalla ruota del tempo, si muta nell'opposto di se stesso. (Antonio: atto I, scena II, p. 98)
- L'eternità era sui nostri occhi e sulle nostre labbra, la felicità nell'arco delle ciglia; e non v'era parte, anche misera, di noi che non fosse di natura celeste (Cleopatra: atto I, scena III)
- Col tempo finiamo con l'odiare ciò che spesso temiamo. (Carmiana: atto I, scena III)
- Chi oggi governa, fu desiderato finché non giunse al potere; e l'uomo in disgrazia, che non fu mai amato se non quando non meritava più amore, diviene caro allor che se ne sente la mancanza. (Cesare: atto I, scena IV, p. 105)
- L'età non può appassirla, quella donna, | né l'abitudine render stantìe | le sue grazie, di varietà infinita. (Enobarbo: atto II, scena II; traduzione di Goffredo Raponi, LiberLiber) [riferito a Cleopatra]
- Datemi della musica — musica, malinconico cibo di noi che traffichiamo in amore. (Cleopatra, atto II, scena V)
- Sebbene sia azione onesta, non è mai bello portare cattive notizie. Date mille lingue a una notizia gradita, e le disgrazie si annuncino da sé nel momento in cui colpiscono. (Cleopatra: atto II, scena V, p. 124)
- L'ambizione, virtù del soldato, preferirà piuttosto una sconfitta a una vittoria che la metta in ombra. (Ventidio: atto III, scena I; traduzione di Goffredo Raponi, LiberLiber)
- Ho macchiato la mia reputazione, e questa è la più ignobile delle colpe. (Antonio, atto III, scena XI)
- Oh, dove mi hai portato, Egitto? (Antonio, atto III, scena XI)
- Questa turpe Egiziana mi ha tradito: la mia flotta si è arresa al nemico, e laggiù gettano in aria i berretti e gozzovigliano come amici che si sono ritrovati. Tre volte puttana! (Antonio, atto IV, scena XIII)
- Miei buoni amici, non gratificate il rio destino con la vostra pena. Date piuttosto un lieto benvenuto al destino che viene a castigarci; perché se ci facciam vedere lieti, lo castighiamo noi a nostra volta. (Antonio: atto IV, scena XIV; traduzione di Goffredo Raponi, LiberLiber)
- Non devi mica credere ch'io sia tanto babbeo da non sapere che manco il diavolo si può mangiare una donna; però, lo so, una donna, è un piatto per gli dèi, se non se la cucina prima il diavolo. Fatto è che questi figli di puttana, i diavoli, trattandosi di donne, con gli dèi sono molto dispettosi: su dieci, che gli dèi mettono al mondo, te ne riescono a guastare cinque. (Contadino: atto V, scena II; traduzione di Goffredo Raponi, LiberLiber)
- Una donna è un piatto per gli dei, se a condirla non è il diavolo. (Contadino: atto V, scena II)
- Datemi il mio mantello, mettetemi la corona, sento in me desideri immortali. Il succo delle uve d'Egitto non bagnerà più le mie labbra, ora. (Cleopatra, atto V, scena II)
- [Ultime parole] Dolce come balsamo, leggero come l'aria, delicato... Oh, Antonio!... [Si applica un altro aspide sul braccio] Bene, via, prendo anche te! Perché dovrei restare... (Cleopatra: atto V, scena II; traduzione di Goffredo Raponi, LiberLiber)
- As sweet as balm, as soft as air, as gentle:— O Antony! Nay, I will take thee too:— [Applying another asp to her arm.] What should I stay.
- Stendetela sul letto e portate le sue donne fuori dal mausoleo: lei sarà sepolta accanto al suo Antonio. Sulla terra nessuna tomba racchiuderà una coppia così famosa. (Cesare Ottaviano, atto V, scena II)
Citazioni su Antonio e Cleopatra
modifica- Antonio e Cleopatra si presenta, nella produzione di Shakespeare, al culmine della sua complessità, come opera quanto mai polivalente e quindi aperta a numerosissime possibilità di lettura e di interpretazione. (Antonio Di Meo)
- [Antonio e Cleopatra] Il Seicento l'ha considerato opera esemplare di un genio sregolato ed istintivo, e si è provato in tutti i modi, a cominciare dal Dryden (col suo famoso rifacimento Tutto per amore) a ridurre quel caos a ordine. (Antonio Di Meo)
- Antonio e Cleopatra è apparso ai critici come la tragedia dell'uomo d'azione la cui volontà è corrotta dal mondo delle sensazioni e delle emozioni. Di questo mondo, che Shakespeare ha sempre considerato con riserbo morale e intellettuale, Cleopatra, in tutto il suo fasto e il suo fascino, appare come il simbolo. (Antonio Di Meo)
- Dal senso violento della voluttà nella sua possanza allettatrice e dominatrice, e insieme dal brivido pei suoi effetti di abiezione, di dissoluzione e di morte, è formata la tragedia di Antonio e Cleopatra.
Baci, carezze, languori, suoni, profumi, luccicor d'oro e di drappi lussuosi, barbaglio di luci e silenzi d'ombre, un godere ora estasiato ora spasimante e furioso, è il mondo in cui essa si svolge; e regina di questo mondo è Cleopatra, avida di voluttà, datrice di voluttà, che diffonde a sé intorno quel fremito di piacere, ne offre insieme l'esempio e l'incitamento, e insieme conferisce all'orgia un carattere regale e quasi mistico. (Benedetto Croce)
Note
modifica- ↑ Cioè la fronte di Cleopatra; la quale, però, non era affatto di colore ("tawny") dacché la regina apparteneva alla dinastia dei Tolomei, di razza macedone. Ma gli elisabettiani lo ignoravano, e la ritenevano un'africana.
- ↑ Le corazze erano allacciate sul petto con fibule di cuoio.
- ↑ "Flourish": è uno dei tre segnali musicali presenti nel teatro di Shakespeare.
- ↑ Gli altri due sono Cesare Ottavio e Emilio Lepido: il mondo è diviso fra loro tre.
Bibliografia
modifica- AA.VV., Il libro di Shakespeare, traduzione di Giovanni Agnoloni, Gribaudo, 2018. ISBN 9788858021590
- William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, traduzione e note di Goffredo Raponi.
- William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, traduzione di Antonio Di Meo, Aldo Garzanti Editore, 1974.
- William Shakespeare, Antonio e Cleopatra, traduzione di Francesco Franconeri, Newton, 1990.
Voci correlate
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