Antonio Serra

fumettista italiano

Antonio Serra (1963 – vivente), autore di fumetti italiano.

Antonio Serra

Citazioni di Antonio Serra modifica

Wikinotizie, 25 ottobre 2007
  • Ricordiamoci sempre della legge di Murphy (degli sceneggiatori) e dell'esistenza di una "legge di Serra" (si chiama così non a caso...) che dice: "se pensi di aver avuto una idea originale un altro l'avrà avuta prima di te". E se l'idea ti appare geniale ci saranno certamente altri dieci ad averla avuta prima di te!
  • Tu puoi scegliere di appenderti in casa un Van Gogh, come poster s'intende, oppure un poster di Masamune Shirow, perché questo per te è arte! L'arte è veramente qualcosa che giudichi nell'emozione che ti offre e nel modo in cui tu ti poni.
  • Nathan Never vende ancora circa 70mila copie: dopo quasi vent'anni è ancora un grande successo. Dylan Dog ne vende ancora di più: 150mila, quasi 200mila copie. È un enorme successo, anche se in passato ne vendeva molte di più (è chiaro che parliamo di successi anche un po' fuori misura). Questo perché a tutt'oggi in Italia il mercato dei fumetti, nonostante anni di crisi di restringimento, è uno dei più vasti in assoluto. In proporzione al territorio e alla popolazione, credo che l'Italia sia il secondo mercato mondiale di fumetti dopo il Giappone. Nessuno lo dice, eppure è così.
  • Psycho possiede ancora un aspetto che sconvolge: la protagonista muore a metà del film... ed è una cosa che non si può più fare, perché quel maledetto l'ha fatta e – accidenti! – ci ha fregato l'idea per l'eternità!
Wikinotizie, 28 ottobre 2007
  • Alla domanda diretta: "il fumetto sopravviverà nel futuro?" la risposta è sì... ma in un museo! Dobbiamo immaginare il futuro del fumetto come il teatro...
  • Il fumetto è qualcosa che non può essere cancellato, che non sparirà nel nulla e che esisterà sempre per gli appassionati. Per le persone che avranno ancora voglia di seguirlo, ma anche di creare nuove pubblicazioni, materiale originale. Ma il successo, quello vasto, quello in cui tu puoi pensare di avere un pubblico di migliaia o milioni di persone, è una prospettiva totalmente irrealistica. Primaria ragione è che un fumetto bisogna leggerlo, ma leggere oggi costa sempre più fatica. Io stesso, che sono del mestiere, a volte mi devo imporre di farlo dicendo: "Devo leggerlo! Mamma mia, non posso accendere la televisione?"
  • Le prospettive creative del fumetto, un medium che ha ormai ottenuto un riconoscimento culturale, sono ottime. Si potranno sviluppare un sacco di cose nuove, come è stato per il teatro: la sperimentazione, la ricerca! Sono sicuro che verranno prodotte storie splendide. Ma che non venderanno 800mila copie come vendeva Dylan Dog.
  • La fantascienza è morta. Qui sono sicuro: la tecnologia l'ha uccisa. Persino mia madre non percepisce più come assurde le cose che prima erano fantascienza. Perché c'è il telefonino, il computer, l'iPod, il televisore ultrapiatto. È magia? No, è la tecnologia che ha vinto.
  • Pubblicare online il proprio fumetto, per un autore, significa oggi farlo conoscere. Se si tratta di un'idea nuova e originale, si diffonderà attraverso il tam tam della rete, e alla fine verrà stampato. Il fatto che sia già online non riduce il successo di un fumetto su carta, perché è diverso avere tra le mani un libro, con i suoi colori e la sua rilegatura: io credo che questo sia ancora un valore che può spingere le persone all'acquisto.
  • Consulto poco la wiki italiana, lo ammetto. La sensazione è che le voci siano abbastanza essenziali, spesso corte, ma è anche vero che arrivare alla follia degli americani non è possibile...
  • Internet è una miniera di informazioni anche false. Quando scrivo degli articoli e faccio ricerche, mi baso sulla mia conoscenza, sulla mia biblioteca con i miei libri, certo, ma molto anche sul web. Di solito faccio una ricerca incrociata su siti che conosco. E Wikipedia è uno di questi.
  • A meno che qualcuno non stacchi la "spina" della rete (c'è qualcuno che pensa che questo sia davvero possibile!), il futuro di Wikipedia è enorme. Se ci sono molte persone come voi, e inevitabilmente ci sono, e creano le strutture e l'organizzazione per farlo, la vittoria del modello è certa.
Ridere per ridere (e anche questa è una citazione, ahinoi...) in Rat-Man Collection n. 55, Panini Comics, luglio 2006, pp. 52-53
  • Nelle storie di Rat-Man c'è molto di più di quello che si riesce a vedere a una prima lettura (d'altra parte, con le lacrime agli occhi per il gran ridere non si può pretendere di vedere bene).
  • Leo [Ortolani] è un genio della narrazione perché è in grado di rinnovare continuamente le storie che formano il suo bagaglio culturale, ripresentandole al pubblico (che di sicuro non le ha "interiorizzate" come lui) in un modo nuovo, ironico, dissacratorio, ma al tempo stesso amorevole e rispettoso. In ogni vignetta Leo sembra quasi dire: senza queste storie, questi fumetti, questi film, questi autori a cui faccio riferimento (il grande disegnatore americano Jack Kirby in primis), io non potrei esistere.
  • Mi viene in mente Frankensten junior, un capolavoro diretto da Mel Brooks nel 1974. Non si tratta di una semplice parodia di un classico (Frankenstein di James Whale del 1931). È una vera e propria rivisitazione, mediata dalla sensibilità di un altro autore. È un altro modo di vedere la cosa, al punto che il risultato è un nuovo classico che addirittura surclassa il vecchio, perché rivedendo Frankenstein di James Whale non possiamo non rivedere anche Frankenstein junior di Mel Brooks.
  • La maggior parte delle storie di Rat-Man contiene in sé altre storie, come rivelerebbe un'attenta analisi di ogni pagina alla ricerca dei numerosi riferimenti. Ma – anche – ogni storia è perfettamente autosufficiente e conclusa in sé, possiede un suo equilibrio e una sua struttura. Descrive un mondo (il folle mondo di Rat-Man) dotato di regole proprie, precise e immutabili. Un mondo che è il frutto della genialità dell'autore e che, nonostante sia popolato da personaggi buffi e dalla faccia un po' scimmiesca, è vero e tridimensionale come quello in cui viviamo noi scimmie reali.

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