Alula Engida

militare e politico etiope (1827 o 1847 - 1897)

Alula Engida (1827 – 1897), militare e politico etiope.

Alula nel 1890

Citazioni di Alula modifica

  • Ai vostri cannoni e ai vostri fucili non si resiste: ma in un combattimento con altre armi la vittoria non sarebbe per voi.[1]

Citazioni su Alula modifica

  • Ad un banchetto dove Micael volle fossi convitato anch'io avevo Alula vicino a me accoccolato per terra che masticava con appetito la carne cruda del convito.
    – Come si battono Alula gli italiani, chiesi?
    – Come ambisa (leoni) mi rispose. (Arnaldo Cipolla)
  • Alula, che all'inizio aveva accettato con riverenza i nostri doni, in realtà non ci detestava per ragioni pattriotiche ma per ben più tangibili motivazioni economiche. I territori su cui avevamo cominciato a sistemarci da padroni erano la sua riserva di caccia e di razzia, perciò non aveva nessuna intenzione di accettare la concorrenza di nuovi arrivati che promettevano di tosare quelle disgraziate tribù forse con non meno accuratezza di lui ma certo con più riguardi. Insomma gli rovinavamo la piazza. [...] Dedicherà il resto della sua vita impetuosa a nuocerci, conquistando a Adua il suo trofeo più bello. Non lo animava certo l'amor di patria, concetto a lui impervio, tanto che passò la vita a districarsi tra il negus, lontanissimo, e il ras del Tigrè, vicinissimo, con la consumata abilità di un argonauta. (Domenico Quirico)
  • Fra i suoi propositi e i suoi atti appaiono, e forse non sono, molte contradizioni. Pretende personificata in sè l'indipendenza dell'Etiopia e cerca l'amicizia degl'Italiani, crede che le collere celesti lo puniscano e puniscano il suo popolo dell'aver portato le armi contro noi cristiani, e affila la spada di ribelle per ferire Menelik, cristiano anche lui. Prega ogni giorno, affinché nuove miserie sieno risparmiate all'Abissinia, ed è impaziente di inasprire le miserie antiche della guerra e della carestia. (Ferdinando Martini)
  • Questo Alula, un tempo falciatore di fieni, oggi ras e turk bascià, che probabilmente non si curò mai di lasciare traccia di sè nella storia dell'Etiopia, ne lascierà una nella storia d'Italia. Natura misteriosa che molti vantano di conoscere e che forse nessuno conosce, regalmente generoso co' suoi benaffetti, costante nella persecuzione di chi gli fu nemico una volta, durano per lui nelle regioni oggi in nostro dominio molti odi ed amori: gli odi più caldi, perché il rancore intiepidisce più tardi della riconoscenza. (Ferdinando Martini)
  • Si sarebbe battuto fino alla morte, perché era mosso da una forza che è in grado di far crollare le montagne: l'odio. E tutta quell'energia, quella prepotenza divenuta dottrina e idea e quel seguito di lutti e tragedie erano legati a un pugno di casupole tutte uguali, con le pietre squadrate alla peggio, intonacate con il fango e un tetto di paglia che per miracolo non lasciava filtrare l'acqua. Quelle stamberghe disseminate in una piana ingiallita dal sole erano il suo nido d'acquila, il segno visibile del suo potere di ras di Asmara. Gli italiani gliele avevano rubate e da allora con metodo, tenacia, volontà incrollabile inseguiva la vendetta. Non pensava ad altro, aveva cancellato dalla sua vita qualsiasi scopo che potesse distrarlo e ingarbugliarli la vista: era in guerra ormai da anni, non toglieva mai la sella dal cavallo e il suo fucile era sempre caldo. (Domenico Quirico)

Note modifica

  1. Ferdinando Martini, Nell'Affrica italiana, Fratelli Treves editore, 1895, p. 68

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