Alberto Radicati di Passerano

filosofo italiano

Alberto Radicati, conte di Passerano e Cocconato (1698 – 1737), filosofo italiano.

Citazioni di Alberto Radicati di Passerano

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  • Sembra che con questa parabola [del buon samaritano] Gesù Cristo abbia voluto dichiararci che la maggior parte dei preti furono sempre privi di carità; e ci sarebbe pure da notare che, mentre i Giudei consideravano i Samaritani come increduli, perché non ammettevano il Pentateuco, Gesù Cristo in questa parabola loda il Samaritano e biasima i preti giudei; come in un'altra giustifica il pubblicano e condanna il fariseo. Da questo paragone vergognosissimo per i dottori della legge e per i preti giudei, e assai glorioso per gli increduli e i peccatori, come i Samaritani e i Pubblicani, sembra che Gesù Cristo abbia voluto farci capire che questi uomini, detti comunemente deisti o atei, i quali non hanno lo spirito guastato e pervertito dalla superstizione, sono più ricchi di carità e infinitamente migliori di quelli corrotti dai vizi e dalle crudeltà ispirate dalle superstizioni. Io dico deisti e atei perché questi due nomi sono sinonimi: il nome di atei infatti è dato abusivamente a quelli che negano le tradizioni, quasi non ci fosse modo di riconoscere una divinità senza accettare come verità santissima le più assurde ed esecrabili menzogne umane come quelle di Zoroastro, Maometto, ecc., e di tanti altri non meno assurdi e grossolani che hanno avvelenato lo spirito degli uomini dando loro idee ridicole, stravaganti ed empie di Dio e rendendoli più perversi e feroci di tutti gli animali. Ma è falso che i deisti siano atei perché tutti quelli così chiamati dal popolino e dai maldicenti ammettono una causa prima sotto vari nomi: Dio, natura, principio eterno, movimento e anima universale; tali furono Democrito, Epicuro, Luciano, Socrate, Anassagora, Seneca, Hobbes, Spinoza, Vanini, Bayle, e generalmente tutti quelli che si chiamano atei speculativi; nessuno ha mai negato una causa prima, né può negarla, se non sia sciocco o insensato. Perciò dobbiamo dire che la parola ateo significa deista, altrimenti non significherebbe nulla; perché non c'è al mondo gente di questa specie, come credono gli ignoranti o come vogliono far credere i preti quando colpiscono con questo nome odioso, per esporli al furore insensato del popolo, quelli che svelano le loro imposture.[1]
  • Se Gesù Cristo ha comandato l'umiltà e la carità ed è stato umile e caritatevole, se gli Apostoli hanno insegnato le dottrine di Gesù Cristo e imitato il suo esempio; e i primi cristiani durante duecento anni sono stati gli imitatori degli Apostoli, noi dobbiamo credere positivamente che le dottrine insegnate in seguito – assolutamente opposte a quelle di Gesù Cristo, degli Apostoli e dei primi cristiani – e i costumi dei moderni cristiani così lontani da quelli di Gesù Cristo e dei suoi primi discepoli; dobbiamo credere positivamente, dico, che non siano più le stesse dottrine né gli stessi costumi, né in una parola gli stessi cristiani: quelli furono umili e questi sono ambiziosi. Quelli furono caritatevoli e disprezzarono le ricchezze, questi perversi e vendicativi. Dunque bisogna chiamarli nemici di Gesù Cristo e delle sue leggi e non suoi discepoli.
    Poiché Gesù Cristo non ha comandato nulla che sia contrario alla giustizia e alla virtù, ma ha stabilito savie leggi e se tutti le avessero osservate gli uomini vivrebbero pacificamente e sarebbero felici. Ma per loro estrema sventura essi non osservarono più le dolci leggi di Gesù Cristo, bensì quelle dei preti suoi nemici, leggi crudeli ed inique, che privano gli uomini della libertà data loro dalla natura e da Cristo e li rendono miseri schiavi delle loro ambizioni.[2]

Citazioni su Alberto Radicati di Passerano

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  • Nato intorno al 1690, morto nel 1737, è il primo illuminista della penisola. Giannone, Verri, Beccaria sono anticipati. La sua passione vive nell'atmosfera europea del libero pensiero. Sulle orme di Locke indovina Rousseau, parlando di stato di natura e di governo del popolo. Teorizza i governi costituzionali; riconosce l'eguaglianza pratica delle varie forme statali (monarchia, aristocrazia, democrazia), quando siano liberamente accettate e si fondino sulle leggi (Discours, X, pp. 184-86). La laicità è un risultato chiaro e definitivo del suo pensiero.
    Tuttavia anche nelle più acute disquisizioni teoriche c'è sempre un fondo di dilettantismo. Si trovano proposizioni rigorosamente moderne, ma non si vince il dubbio che le parole corrano oltre le intenzioni, che la sua cultura resti vaga e indipendente dal suo istinto e dal suo carattere. Per credergli vorremmo la costanza, come prova di convinzioni meditate e troviamo invece segni di mutevole esotismo. Non saremo lontani dal vero concludendo questa circoscrizione dei suoi limiti di pensatore col segnalare come enciclopedista piuttosto la sua curiosità che il suo pensiero. La categoria del romanticismo, o del protoromanticismo di cui parla Croce per l'Alfieri, aderisce meglio a questo spirito di avventura. Così resterebbero senz'altro definiti certi suoi spunti di cristianesimo ostile ai dogmi e alle intransigenze del cattolicismo, vago cristianesimo che ricorre, durante tutto il Risorgimento, nei nemici dell'ortodossia. (Piero Gobetti)
  1. Da Discours moraux, historiques et politiques, I, in Recueil de pièces curieuses sur les matières les plus intéressantes, Rotterdam, 1736, pp. 23-25; citato in Gobetti.
  2. Da Discours moraux, historiques et politiques, II, in Recueil de pièces curieuses sur les matières les plus intéressantes, Rotterdam, 1736, pp. 36-37; citato in Gobetti.

Bibliografia

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