Alberto Michelotti

calciatore e arbitro di calcio italiano (1930-2022)

Alberto Michelotti (1930 – 2022), calciatore e arbitro di calcio italiano.

Alberto Michelotti (1975)

Citazioni di Alberto Michelotti modifica

  Citazioni in ordine temporale.

  • [«[...] il calcio dei suoi tempi era diverso, rispetto ad oggi. È così?»] In effetti oggi vediamo di tutto e di più. Quello che manca, a mio avviso, è la morale: manca il vero senso della partecipazione, della competizione "leale" e della solidarietà. Insomma, il calcio non è più un gioco come lo si intedeva allora! [...] Il vero calcio viene dalla strada ed è lì che si imparano le regole del gioco.[1]

I 90 anni di Alberto Michelotti: un coro di auguri al "re" dei fischietti

Intervista di Claudio Rinaldi, gazzettadiparma.it, 16 luglio 2020.

  • A sei anni andavo a vendere le caldarroste durante gli intervalli [al Teatro Regio di Parma], mia nonna aveva un fogón sotto la volta di borgo Angelo Mazza. A volte non mi trovavano più: perché magari mi ero infilato nella buca dell'orchestra per spiare gli spartiti sui leggii. Quei pentagrammi avevano un fascino straordinario.
  • [«Hai sempre detto di essere stato "slattato con dil s'cìàpi"] Sì, alla sera mia nonna e mia madre, che facevano le ortolane e giravano con il carretto, tornavano a casa con gli avanzi: qualche mela bacata, un peperone con il buco. Era la nostra cena. In alternativa, minestre con un po' di lardo pesto e di aglio.
  • Sono nato e cresciuto in trincea. I miei erano socialisti. Poi, nel '22, quando tanti sono passati con i fascisti, sono diventati anarchici. E hanno sofferto le pene dell'inferno. Con grande dignità e rettitudine, sempre. Senza mai piegare la schiena. Mio zio Nello era impiegato in Posta: un lusso, per quei tempi. "Devi prendere la tessera del Partito fascista", gli hanno detto. "Neanche morto". Si è dimesso, ha preso un carretto e si è messo a girare per vendere cianfrusaglie. Poi l'hanno ucciso i tedeschi, schiacciandolo sotto un camion in piazza Garibaldi. Abbiamo avuto tre morti in guerra, noi Michelotti. [«Chi erano gli altri?»] Telramondo è morto a 23 anni di crepacuore. È scappato da una squadraccia di fascisti: è arrivato a casa con un tale affanno che si sentiva respirare dalla strada. È morto poco dopo. E poi Ildebrando, che era partigiano, morto di infarto.
  • [«[...] tu facevi la staffetta [partigiana]?»] Sì. Nel '43 avevo tredici anni, andavo in bici a portare dei messaggi ai miei zii, che erano nella zona di Varano. Al ritorno, mi davano sempre qualcosa – un pezzo di burro, un po' di farina – perché potessi giustificarmi, se mi avessero fermato. Mi hanno fermato, un giorno: alla Cornaccina, appena fuori Noceto. [«E com'è andata?»] Male. "Dove vai?", mi ha urlato Bragón. Era un compagno di scuola dei miei zii, un altro figlio del popolo: ma aveva scelto il fascismo e aveva tradito tutti i suoi vecchi amici e compagni di mille avventure. "Porto queste cose ai miei fratellini", ho provato a dire, terrorizzato. "Chi sei?". "Sono il figlio dell'Elsa". "Allora sei andato dai tuoi zii partigiani". E mi hanno portato alla Brigata nera, di fronte al Petitot. [«Come l'hai scampata?»] Grazie a mia madre. Si è subito sparso un tam-tam, che è arrivato in Oltretorrente. "Hanno preso il figlio dell'Elsa". Mia madre è arrivata come una furia, quando si è trovata di fronte Bragón gli ha sputato in faccia. "Non ti vergogni?. Metti le mani addosso a me, se hai il coraggio". Mi ha portato a casa, sanguinante e malmesso, con tutte le botte che mi avevano dato. Poi Bragòn ha fatto una brutta fine, pochi giorni dopo l'hanno ucciso.
  • Ero entrato in conservatorio a undici anni, dopo la quinta elementare. Era il coronamento di un sogno: imparavo l'oboe e mi immaginavo già concertista. Il maestro Lazzari, quando seppe che non avevo un padre, mi diede del bastardo. Un po' di giorni dopo, mia madre, che mi vedeva strano e capiva che c'era qualcosa che non andava, mi fece sputare il rospo. [«E si presentò alla lezione successiva di solfeggio»] Entrò in aula e si chiuse la porta alle spalle. Il maestro Lazzari urlava "Cosa fa? Se ne vada". E lei: "Sìt bón äd ripétor a còll ragas chì còll ch' a 'd gh'é dìtt?" (sei capace di ripetere a questo ragazzo quello che gli hai detto?). E giù una raffica impressionante di zoccolate in faccia. Ho dovuto lasciare il conservatorio e sono andato in officina, dai fratelli Compiani, a barriera Bixio. [...] A tredici anni ero il capofamiglia.
  • [«Il successo nell'arbitraggio, la fama, la popolarità sono stati anche un riscatto sociale?»] Sì, senz'altro. Mi si sono aperte porte che non avrei mai immaginato avrebbero potuto aprirsi. E poi, il calcio mi ha insegnato tante cose. Ho imparato a leggere e scrivere. All'inizio, era un problema compilare il referto che l'arbitro deve redigere a fine partita.
  • [Su Eraldo Pecci] Una volta, in un Perugia-Torino, continuava a beccarsi con Bagni, altro peperino. All'ennesimo fallo, Pecci si è alzato e ha dato un manrovescio a Bagni. Non ho fatto in tempo a estrarre il cartellino rosso che mi ha detto: "Vado, Alberto. Vado fuori". E un attimo dopo, passandomi davanti: "Alberto, una: mi raccomando". Una giornata, voleva dire: cioè, non calcare la mano, nel referto. E io sono stato bravo: "La sua mano incocciava il volto dell'avversario" ho scritto. Una sola giornata.
  • [Su Roberto Bettega] Bravo e furbo. Una volta, dopo un mio fischio, l'ho beccato che scuoteva la testa. "Ehi Roberto – gli ho detto, severo – a me certi gesti non li fai". E lui: "Ma no! Mi stavo dicendo 'non fare questi falli, ha ragione Michelotti'".
  • [«Ti piace il calcio di oggi?»] No, mi sono abbastanza disamorato. Dove sono finite le bandiere, l'attaccamento alla maglia? Ci sono troppi stranieri. Adesso, hai sentito che vogliono consentire cinque sostituzioni? Vuole dire che puoi cambiare il 50 per cento della squadra. E ci sono cinque arbitri. Ma ti sembra che sia calcio, questo? No, è business.
  • [«C'era bisogno del Var?»] No, mi mette tristezza vedere un arbitro che sta fermo un minuto ad aspettare che gli dicano nell'auricolare cosa fare. Lo trovo insopportabile.
  • [«Tu non avresti avuto bisogno dello spray, per fare rispettare la distanza alla barriera»] Non scherziamo. Se uno non andava a nove metri e quindici gli davo uno spintone e ce lo mandavo. Lo spray? Ma va là. Non facevo mica lo stradino, io.

"L'ennesima certezza di aver fatto bene il proprio dovere"

Dall'intervista di Simona Tirelli e Gaetano Pugliese, L'Arbitro nº 2, 2020, pp. 36-37; disponibile su Intervista di Alberto Michelotti sulla Rivista "L'Arbitro", aiaparma.it, 2 settembre 2020.

  • [...] mi ricordo che stavo dirigendo, dopo 6-7 mesi di arbitraggio, una gara di seconda categoria a Fornovo [...]. Arriva un calciatore, uno di quelli che crede di poter comandare a piacimento, e pretende di dirmi cosa devo fare e quando. Non ci crederai, ma si è beccato uno sganassone che ancora se lo ricorda.
  • Nella semifinale di coppa Campioni 79-80, l'Amburgo era chiamato a rimontare 2 gol al Real Madrid. Il centravanti tedesco segnò dopo pochi minuti ma appoggiandosi su un difensore "blanco". Il pubblico venne giù prima per l'esultanza, poi per la rabbia dopo aver capito che il gol era stato annullato. Il calciatore si diresse minaccioso verso di me e, allora, gli diedi una spinta tale da spedirlo a dieci metri di distanza. Dopo un mese, ci rivedemmo in un Inghilterra-Germania, si avvicinò sussurrando in un italiano un po' stentato "Ref, ancora sto girando".
  • Oggi il calcio è cambiato molto, noi ci parlavamo in dialetto, ora si va al monitor, con venti telecamere e i microfoni ovunque a spiarti. Non so se mi ci troverei, testardo come sono. Però, ecco, l'empatia serve sempre: capire come sono fatti gli altri in un arbitro è fondamentale. Se riesci a farlo sei già un passo avanti.

Citazioni non datate modifica

  • [Sul calcio italiano] In Italia non c'è cattiveria, c'è contatto fisico. Per non avere un avversario appiccicato addosso, si deve andare a fare nuoto o pallavolo.[2]

Alberto Michelotti: il grande arbitro si racconta

Intervista di Alessandro Garbasi, Montepiano nº 18; ripubblicato in vallideltermina.it.

  • [«La serie A ha cambiato qualcosa nei suoi rapporti con la gente?»] Niente. L'unica cosa è che tutti mi conoscevano, non potevo fare niente senza che lo sapesse tutta Parma, ma alla fine era anche piacevole. Però non bisogna atteggiarsi. Io facevo l'artigiano, l'ho continuato a fare perché allora gli arbitri non prendevano niente, andavo sotto a degli autotreni e lavoravo con i camionisti assolutamente come prima. [...] Io ho fatto delle trasferte a Bari, per esempio, tutta la notte in treno e poi alle 7 e mezza ero in officina.
  • Dovrebbero cancellarla la moviola. O meglio, per un arbitro è molto educativo, però nei confronti della gente alimenta sempre delle discussioni e dei motivi di polemica. Addirittura oggi ti leggono il labiale! Invece io ero un arbitro di quelli che non badava a spese, davo qualche schiaffone io! Adesso vai nei guai. Invece io davo sberle, spintoni...
  • [...] la mia prima espulsione di grido è stata a Corso, il capitano dell'Inter. Era la seconda volta che andavo a San Siro, e quando succede un arbitro si sente importante, è po' come essere Muti sul palco della Scala. Era un Inter - Verona, partita che sulla carta l'Inter doveva vincere 3 o 4 a 0. E invece non riusciva a segnare. Allora c'era molta sudditanza psicologica, ma a me non importava, e quando l'Inter faceva fallo io lo fischiavo. Così, all'ennesimo fallo, mi si avvicina Corso e dice: "Lei pensa di andare avanti ancora un po'? se continua così lei non mette più piede a San Siro!", "A io no? Pedala, vai fuori!", "Come! Ma lei non sa chi sono io!", "Non mi importa, vai fuori, il numero 10, pedala!". San Siro era fuori di testa! E Corso ha preso 5 domeniche!
  • Io ho fatto l'artigiano, e quando serviva andavo ai corsi d'aggiornamento. Questi qui che fanno i calciatori non conoscono i regolamenti! Infatti gli psicologi lo dicono: chi tira i calci? Gli asini. Però nel tirare i calci anche un asino usa il cervello! Vedi, basket, pallavolo e rugby e altri sport, vengono dalla scuola, c'è un'altra educazione. Il calcio viene dalla strada, all'ombra del campanile... e lì? Che regole ci sono? Hai mai sentito i genitori nelle partitelle dei ragazzini della parrocchia?: "Spaccagli le gambe!". Ah io, lì, divento cattivo! Che cultura è? Guarda le partite del baseball: se non sai le regole non capisce niente. Nel calcio invece si pretende di giudicare senza sapere le regole!

Note modifica

  1. Dall'intervista di Ernesto Bodini, L'ex arbitro di calcio Alberto Michelotti, da sempre vicino a chi soffre, piemontetopnews.it, 29 settembre 2018.
  2. Citato in Massimiliano Gallo, Zico in Italia è stato una cometa, rivistaundici.com, 3 marzo 2023.

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