Yvon Bourdet

storico e sociologo francese, teorico del marxismo autogestito

Yvon Bourdet (1920 – 2005), storico, sociologo e teorico marxista francese.

Lukács, il gesuita della rivoluzione

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Lukács non è uno di quei marxisti cresciuti, fin quasi dall'infanzia, nelle e per le lotte del movimento operaio. Al Partito comunista ungherese ha aderito soltanto dopo aver passato la trentina senza aver letto seriamente Marx e, come lui stesso ha riconosciuto, per motivi essenzialmente etici.

Citazioni

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  • Per ciò che riguarda la tesi del rapporto tra struttura e soprastruttura, Lukács non porta alcun nuovo contributo per quanto concerne la teoria, ne allarga bensì il campo di applicazione a una sfera poco esplorata da Marx: quella della sociologia dell'arte e specificamente della letteratura. (cap. I, p. 24)
  • Filosofo e sociologo, Lukács non era (e riconosceva di non essere) un economista. Al pari di Sartre, considerava acquisite le analisi del Capitale e non pensava di essere all'altezza né di criticarle né di svilupparle. (cap. I, p. 27)
  • [...] nel 1928, Lukàcs va ben al di là degli austromarxisti, dal momento che, buttando letteralmente a mare il donchisciottismo, abbraccia la tesi staliniana del «socialismo in un solo Paese». Si sa però, che alcuni anni più tardi — dopo il trionfo del fascismo in Austria, nonostante la sanguinosa insurrezione della socialdemocrazia, nel febbraio 1934 — Otto Bauer riterrà, al pari di Lukàcs, che solo i metodi dei bolscevichi erano efficaci, che solo Stalin era riuscito a edificare e a salvaguardare un regime che aveva liquidato il capitalismo borghese.
    Con ciò non si vuole affatto sostenere che tra il Lukàcs di Vienna e gli austromarxisti esistesse identità di vedute sui mezzi da usare e sulle prospettive del socialismo. (cap. II, p. 81)
  • È noto, dalla sua pratica politica quando ricopriva la carica di commissario del popolo[1] così come dai suoi scritti all'inizio del suo esilio a Vienna, che Lukács era, a quel tempo, un estremista di sinistra ferocemente antisocialdemocratico, convinto che solo la violenza avrebbe potuto assicurare la vittoria del proletariato tanto che lo stesso Lenin aveva ritenuto necessario denunciare il suo ultra-bolscevismo. (cap. III, p. 125)
  • Nonostante la massiccia propaganda della III Internazionale, non si potrà più nascondere che vi è una profonda continuità tra leninismo e stalinismo. La cesura si situa tra Marx e Lenin. O meglio, Lenin e Stalin, prammatici rivoluzionari di un Paese arretrato, sono anteriori a Marx, teorico dei Paesi capitalisti sviluppati. (cap. III, p. 138)
  • Lukàcs aveva festeggiato, da poco, il suo ottantaseiesimo compleanno e i medici lo avevano persuaso che un cambiamento d'aria e alcuni giorni di riposo fuori Budapest gli avrebbero fatto bene in quell'inizio di primavera. L'incontro ebbe cosi luogo non lontano da Budapest, in una villa, in mezzo a un bosco, riservata ai dignitari del Partito e agli ospiti del governo. Quando vi giunsi, Lukàcs stava tornando in compagnia di suo genero, Lajos Janossy, da una passeggiata. Egli era del tutto simile a come lo avevo immaginato dalle fotografie, dalle immagini televisive e dalla descrizione di Naphta da parte di Thomas Mann ne La montagna incantata salvo che per un particolare: invece di trovarmi davanti a una persona fredda, riservata se non addirittura scostante, fui sorpreso dall'amabilità, dall'affabilità di Lukàcs. Dal momento che il suo male era incurabile, mi era stato detto di non tralasciare il tradizionale dono di una scatola di sigari. Egli se ne mostrò felicissimo e mentirei a me stesso (o cederei per paura del ridicolo a non so quale falso pudore) se non confessassi di aver provato per lui, al momento della separazione, un sentimento di amicizia e perfino di affetto. (cap. IV, pp. 142-143)
  1. Nel periodo della Repubblica sovietica ungherese di Béla Kun del 1919.

Bibliografia

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