Jan Račinskij

programmatore, storico e attivista russo
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Jan Zbignevič Račinskij (1958 – vivente), programmatore, storico e attivista russo.

Račinskij nel 2019

Citazioni di Jan Račinskij

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  Citazioni in ordine temporale.

Discorso pronunciato in occasione del conferimento del premio Nobel per la pace a Memorial; tradotto da Claudia Zonghetti e ripubblicato in huffingtonpost.it, 14 dicembre 2022.

  • [Su Memorial] Il nostro lavoro va in due direzioni fondamentali e paritarie.
    La prima è il recupero della memoria storica sul terrore di Stato. Studiamo gli archivi, cerchiamo i luoghi di fucilazioni e sepolture, abbiamo un nostro archivio, e biblioteche, e anche reperti e musei, pubblichiamo libri e organizziamo commemorazioni pubbliche. E anche mostre, conferenze e seminari. [...]
    La seconda è la lotta per i diritti umani nella nuova era post-sovietica. [...] Cerchiamo chi è scomparso, indaghiamo sui massacri e sulle cosiddette "sparizioni". Aiutiamo i profughi e chi è costretto a scappare. Monitoriamo le persecuzioni politiche e ai prigionieri politici offriamo assistenza legale: oggi in Russia hanno ormai raggiunto il numero dei loro omologhi sovietici agli albori della perestrojka. In un certo senso, si continua a lottare per la libertà come si faceva in epoca sovietica, tenendo insieme passato e presente.
  • Non ci limitiamo a indagare e documentare le tragedie del passato e le collisioni sociali del presente. Noi indaghiamo e documentiamo i crimini. È questa la nostra peculiarità. Crimini contro i singoli esseri umani e contro l'umanità in genere che il potere costituito ha commesso o sta commettendo.
  • La rinascita di ambizioni imperialistiche è una delle conseguenze evidenti della sacralizzazione dello Stato.
  • Impunite restano le esecuzioni sommarie, le uccisioni dei civili, le torture e le razzie. Lo abbiamo visto nelle guerre in Cecenia, lo vediamo anche oggi nei territori occupati dell'Ucraina. Dopo i bombardamenti su Groznyj, Marjupol' rasa al suolo non è nulla di nuovo.
  • Purtroppo, la società russa non ha trovato le forze per interrompere una lunga tradizione di violenza di Stato.
    Per settant'anni, il potere costituito ha eroso e distrutto ogni forma di solidarietà tra le persone, ha atomizzato la società, sradicando qualsiasi espressione di solidarietà civile e trasformandola in un "gregge-popolazione" docile e senza voce. Il triste stato in cui versa oggi la società civile russa è la conseguenza diretta di un passato con cui non si sono fatti i conti.
  • "Lo Stato è tutto, l'individuo è niente" è uno slogan che rigettiamo con decisione. Noi non ci concentriamo su eventi storici epocali o sui massimi sistemi della politica [...]. Per noi sono più importanti i nomi e i destini di persone reali, concrete, delle vittime della politica criminale di ieri e di oggi. Nomi e destini sono il fondamento, la base su cui lavoriamo, ciò che documentiamo o ricostruiamo.
  • Non ha senso ignorare la memoria "altrui", fingere che essa non esista. Né ha senso – anzi, è estremamente pericoloso – negare la validità di questa memoria, bollando arbitrariamente come false le interpretazioni della realtà storica che ne costituiscono la base. E pericoloso, se non fatale, è usare la storia come strumento politico, è scatenare una "guerra della memoria".
  • Nell'impero sovietico, le lotte dei vari popoli per la propria indipendenza nazionale, così come più blande manifestazioni di coscienza nazionale che non si incasellavano nel dogma dell'ideologia, si guadagnavano il marchio di "nazionalismo borghese" e venivano represse brutalmente. Dopo il crollo dell'URSS, i nuovi Stati sorti sul suo territorio si sono dati nuove narrazioni storiche che non coincidevano affatto con la mitologia storica ufficiale sovietica. Ragion per cui, subito dopo l'ascesa al potere di Vladimir Putin, la nuova leadership russa e i servitori della sua ideologia hanno scatenato furiose, aggressive "guerre della memoria" contro gli Stati vicini – Estonia, Lettonia e Ucraina – attingendo a mani basse a stereotipi e cliché sovietici. Ovviamente non in nome della "verità", ma solo per il proprio tornaconto politico.
  • "Antifascismo" per i mass media russi è ora l'invasione armata di un Paese confinante che nulla ha fatto per provocarla, è l'annessione dei territori conquistati e il terrore ai danni dei civili nelle aree occupate, sono i crimini di guerra. I mass media fomentano l'odio contro l'Ucraina, dichiarano “inferiori” la sua cultura e la sua lingua, sostengono che il popolo ucraino non esiste. "Fascismo", per contro, è la resistenza all'aggressione. Tutto questo contraddice apertamente l'esperienza storica della Russia, svaluta e distorce la memoria della guerra antifascista del 1941-1945, l'unica vera, oltre che la memoria dei soldati sovietici che hanno combattuto contro Hitler.
  • Questa è Memorial: un'alleanza di persone che si sono fatte carico loro sponte della responsabilità civile del passato e del presente e che lavorano in nome del futuro.

Intervista di Riccardo Amati, fanpage.it, 22 dicembre 2022.

  • [Vladimir Putin] ha più volte incontrato Alekseyeva. Per far vedere che si interessa di diritti, quando ogni sua azione dimostra il contrario.
  • I diritti umani in Russia non esistono più. È stata eliminata la libertà di riunione, soppressa quella di associazione, fortemente limitata quella di parola. I media sono sotto il completo controllo dello Stato, che impone nei palinsesti e nella linea editoriale il suo unico punto di vista. E per quanto riguarda la Giustizia, non c'è il diritto a un giusto processo. La situazione più che grave è catastrofica.
  • Abbiamo altrettanti prigionieri politici quanti ne avevamo prima della perestroika di Gorbaciov. L'eredità stalinista è parte del regime di Putin. È inquietante il fatto che si stiano espandendo i poteri extragiudiziali di vari organismi, come ai tempi di Stalin. Non serve un tribunale per decidere che sei un "agente straniero", per esempio. E si è tornati a perseguire le persone per le parole che pronunciano. Le leggi sovietiche che nel dopo-Stalin riabilitarono le vittime del dittatore stabilivano che non si può reprimere il diritto di parola. Le leggi recenti che prevedono pene anche superiori a 10 anni per chi dice cose che divergono dalla linea ufficiale del governo sulla "operazione militare speciale" in Ucraina invece fanno proprio questo: annullano il diritto di parola.
  • [...] non c'è mai stata una valutazione accurata dei crimini commessi sotto il comunismo. Dopo Stalin, il regime riabilitò i perseguitati. Ma non sottopose mai  a giudizio i criminali responsabili delle persecuzioni. Perché quei criminali si identificavano nello stesso potere sovietico.
  • Non è vero che la nostra Storia è ciclica. Ci sono stati diversi momenti in cui il cerchio è stato spezzato. Come con la perestroika e durante gli anni Novanta del secolo scorso. Sfortunatamente i tentativi di cambiare traiettoria hanno trovato ostacoli molteplici. Ma non credo che siamo un caso senza speranza. Noi continuiamo a lavorare perché la Russia diventi un Paese normale.
  • La Russia dovrà seguire la strada che fece la Germania post-nazista, per metabolizzare la sua Storia recente. Il ritorno a un percorso civile non è un compito per un solo decennio.
  • Mi sento di dir loro [i sostenitori italiani di Putin] che la situazione vista da lontano è molto diversa da come la vediamo noi russi da vicino. Anche una breve conoscenza della Russia dissiperebbe ogni illusione. D'altra parte, non mi pare che molti italiani abbiano la smania di venire a vivere qui.
  • Se si accetta che i confini possano esser modificati per il capriccio di un Paese, situazioni come quella che sta subendo il popolo ucraino si ripeterebbero in tutto il mondo.

Intervista di Gennaro Grimolizzi, ildubbio.news, 23 dicembre 2022.

  • Senza comprendere il passato, senza condannare i crimini commessi dallo Stato, senza rinunciare all'onnipotenza dello Stato, senza il rispetto dei diritti umani, e mi riferisco a tutti gli ambiti in cui opera Memorial, sarà impossibile assistere a cambiamenti positivi in Russia.
  • I problemi di oggi sono legati alla conservazione di una visione, ormai superata, della società ad opera del potere pubblico che tende ad avere un controllo su tutto.
  • Le autorità non si preoccupano più della loro reputazione e non si vergognano di nulla, a differenza, per esempio, dei tempi di Breznev.
  • La comunità internazionale ha chiuso per troppo tempo un occhio davanti alle sfacciate azioni delle autorità russe. Si pensi alla reazione alle guerre in Cecenia e agli eventi successivi, che è stata troppo lenta e mite. Abbiamo detto a lungo al mondo che un paese che viola i diritti dei propri cittadini diventa pericoloso per gli altri.
  • Secondo me, la democrazia senza memoria storica è assolutamente impossibile che possa realizzarsi. Una persona ha bisogno di capire che non è un granello di sabbia separato, ma tiene vivo un legame tra passato e futuro. Il presente è stato creato con la partecipazione degli antenati ad una serie di eventi e le responsabilità per il futuro ricadono anche sugli antenati. Se non prendiamo in considerazione questo concetto e il senso della responsabilità civica, costruire la democrazia, cioè il lavoro congiunto di tutta la società per il bene, diventa impossibile.
  • Ciò che sta accadendo oggi diventerà senza dubbio una delle pagine più vergognose della storia russa, insieme all'attacco alla Polonia nel 1939 e alla guerra con la Finlandia nel 1939- 1940, che provocò per l'Unione Sovietica l'esclusione dalla Società delle Nazioni. Naturalmente, ciò che sta accadendo è in contrasto con le dichiarazioni ufficiali sull'eterna pace della Russia e questa contraddizione non interferisce con la propaganda del Cremlino. E, naturalmente, ciò che sta accadendo nega i risultati della perestrojka, quando l'Unione Sovietica era guardata con simpatia e speranza in tutto il mondo e quando la minaccia della guerra nucleare sembrava che fosse scomparsa per sempre. Oggi la Russia suscita sentimenti opposti nella comunità internazionale.
  • Il movimento verso i valori universali iniziato grazie a Gorbaciov può essere rallentato, ma non fermato affatto. Ma il ritorno alla "normalità" non sarà semplice. Sarà un percorso lungo e doloroso.

Intervista di Gennaro Grimolizzi, ildubbio.news, 24 ottobre 2024.

  • Oggi in Russia non esiste praticamente alcuna libertà di parola e di espressione anche perché non esistono media indipendenti. Tutti i media indipendenti sono chiusi, privati di licenze, dichiarati agenti stranieri o organizzazioni indesiderabili. Sebbene la Costituzione proibisca direttamente la censura, Roskomnadzor [il servizio federale che si occupa di supervisione in materia di comunicazioni, mass media e informazione], senza una decisione del tribunale, blocca chi su Internet critica le autorità. Basti pensare che nel 2023 Roskomnadzor con i dipartimenti competenti ha bloccato o cancellato quasi 700 mila contenuti, siti e singole pagine con informazioni vietate dalla legge.
  • Il ricordo di chi non c'è più è più forte della propaganda di Stato. La memoria, nel corso di 70 anni di potere sovietico, non è stata distrutta, così come non sarà possibile distruggere la memoria legata a quanto sta accadendo adesso.
  • Il Nobel per la Pace è stato un riconoscimento non solo per il lavoro attuale in tema di diritti umani, ma per tutto quello che fa Memorial. Non separiamo il passato dal presente. Vediamo le ragioni dei problemi di oggi nel passato e queste ragioni sono la sistematica negazione e soppressione dei diritti individuali da parte delle autorità statali, avvenute tanto in epoca sovietica quanto adesso. La distorsione riguarda la considerazione che si ha delle persone come materiali di consumo. In passato per costruire un futuro luminoso secondo i modelli bolscevichi, oggi per avere una grande potenza secondo i progetti degli agenti di sicurezza.
  • La Russia non può trasformarsi in una grande Corea del Nord. Per molte ragioni, la Russia non ha altro futuro se non in Europa. Ma questo futuro è stato allontanato di molto e si continua a volerlo lontano.

Intervista di Rosalba Castelletti, repubblica.it, 8 ottobre 2024.

  • Trovarsi nel novero di compatrioti come Andrej Sakharov, Mikhail Gorbaciov e Dmitrij Muratov, per noi di Memorial è un grande onore e anche un enorme incoraggiamento a continuare la nostra attività e i nostri sforzi in tempi così deprimenti.
  • Il Nobel per la pace a Memorial, un Nobel "russo" per il secondo anno consecutivo dopo quello conferito l'anno scorso a Dmitrij Muratov, direttore di Novaja Gazeta, dimostra la coerenza della comunità mondiale nella difesa dei valori e dei diritti umani. E questo ci rende ottimisti. Riflette anche le speranze mondiali nella società civile russa.
  • In generale il Nobel per la Pace non è mai stato uno scudo assoluto. A suo tempo non aiutò molto neppure Sakharov.
  • [«Alla vigilia, tra i favoriti al Nobel, circolava anche il nome dell'oppositore in carcere Aleksej Navalny. Lo avrebbe meritato?»]
    Bisognerebbe chiederlo al Comitato dei Nobel. I loro criteri non sono sempre chiari. Non c'è dubbio però che il coraggio di Navalny meriti grande rispetto, benché ci possano essere opinioni diverse su quanto fosse costruttiva o meno la sua attività. Ma io non voglio né criticarlo né lodarlo. Ne stimo il coraggio. Non dobbiamo dimenticare né Navalny né tutti gli altri detenuti politici.

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