Guy de Maupassant: differenze tra le versioni

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+ Le sorelle Rondoli, fix ordine alfabetico
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* No, nessuno comprende gli altri, checché si pensi, checché si dica, checché si tenti. La terra sa forse che cosa avviene nelle stelle gettate lassù? Ebbene, non maggiormente l'uomo sa quello che avviene in un altro uomo. Noi siamo lontani uno dall'altro più di quegli astri, siamo soprattutto isolati, perché il pensiero è insondabile. Conosci qualcosa di più spaventoso di questo sfiorare essere che non possiamo penetrare? Ci amiamo l'un l'altro come se, incatenati vicinissimi, tendessimo le braccia senza riuscire a congiungerci. Ci travaglia un torturante bisogno d'unione, ma tutti i nostri sforzi rimangono sterili, i nostri abbandoni inutili, le nostre confidenze infruttuose, i nostri amplessi impotenti, le nostre carezze vane. Quando vogliamo compenetrarci, gli slanci dell'uno verso l'altro non fanno che urtarci l'uno contro l'altro. E io ho un bel volere donarmi interamente, aprire tutte le porte della mia anima: ma non riesco ad abbandonarmi. Conservo in fondo, proprio nell'intimo, quel luogo segreto di ME dove nessuno penetra. Nesuno può scoprirlo, entrarvi, perché nessuno m'assomiglia, perché nessuno comprende nessun altro. (da "Solitudine")
* Non ho paura d'un pericolo: se un uomo entrasse qui dentro lo ucciderei senza fremere. Non ho paura dei fantasmi; non credo al sovrannaturale. Non ho paura dei morti; credo all'annientamento definitivo di tutti gli esseri che trapassano. Allora?...già. Ebbene ho paura di me stesso, paura della paura; paura degli spasmi del mio spirito che si smarrisce, paura di questa orribile sensazione del terrore incomprensibile." (da "Lui?")
*I clienti dell’albergo entravano lentamente nella grande sala da pranzo e si sedevano.<br>I camerieri cominciarono a servire con la stessa lentezza, per permettere ai ritardatari di giungere in tempo, e per non dover più tardi recare una seconda volta le stesse vivande.<br>I clienti più vecchi guardavano a ogni schiudersi d’uscio il sopraggiunto, in attesa di un viso nuovo. E questa la maggior distrazione delle città climatiche. Si attende l’ora dei pasti per conoscere i nuovi villeggianti, per indovinare chi sono, ciò che fanno, ciò che pensano. Un desiderio nasce in noi: quello di incontri gradevoli, di conoscenze piacevoli, forse anche di amori.<br>E ogni vicino, ogni sconosciuto, assume una grande importanza. La curiosità è vigile, la simpatia in attesa, la socievolezza in fermento.<br>Si hanno antipatie di una settimana e amicizie che durano un mese; si vedono le persone con occhi sempre diversi, sotto un’ottica speciale.<br>Si scoprono negli uomini, a un tratto, durante una conversazione, dopo cena, sotto gli alberi, una intelligenza superiore e meriti eccezionali, ma, dopo un mese, i nuovi amici così simpatici nei primi giorni, sono già bell’e dimenticati.<br>Si formano però anche legami durevoli e seri più presto che in qualunque altro luogo. Ci si vede tutti i giorni, ci si conosce molto presto e alla cordialità che comincia si mescola qualche cosa simile alla dolcezza e all’abbandono delle vecchie intimità.<br>Più tardi si conserva il ricordo caro e commosso di quelle prime conversazioni attraverso le quali si fa la scoperta delle anime, e si serba il ricordo dei primi sguardi che interrogano e rispondono alle domande e ai pensieri segreti che la bocca ancora non dice, il ricordo della prima confidenza cordiale, il ricordo della deliziosa sensazione provata aprendo il proprio cuore a qualcuno che sembrava aprirvi il suo.<br>E la tristezza della stazione climatica, la monotonia dei giorni sempre eguali rendono d’ora in poi più completo quello sbocciare d’affetti. (da ''Il tic'')
 
==''Una vita''==