Ferdinand Gregorovius: differenze tra le versioni

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*Questo [[Faro di Tiberio|faro]] è in gran parte rovinato ed i suoi neri avanzi vennero alcuni anni or sono colpiti dalla folgore. I materiali giacciono all'intorno dispersi fra le vigne. Si trovano ancora in piedi avanzi di mura e di {{sic|vòlte}}, le quali bastano a far comprendere che il faro era un edificio ampio e notevole, che poteva benissimo competere con quello di [[Alessandria d'Egitto|Alessandria]] e con quello di [[Pozzuoli]]. Il poeta [[Publio Papinio Stazio|Stazio]] in un verso lo paragona alla luna, splendore delle notti. Svetonio narra che quella torre fu atterrata da un terremoto pochi giorni prima della morte di Tiberio [...] (''L'isola di Capri'', vol IV, p. 153-154)
*La [[Villa Jovis|villa]] riuniva in sé tutto quanto apparteneva allo splendore della vita principesca di allora, ed essendo stata così a lungo la sede della corte imperiale, doveva, prima che [[Nerone]] ed [[Adriano]] innalzassero i loro sontuosi palazzi, sorpassare in bellezza tutte le altre ville romane. Certo contribuiva a renderla ancora più bella la sua incomparabile posizione sul mare e la vista dei due golfi. Da questo punto Tiberio dominava tutta l'isola come un avvoltoio e scorgeva anche le navi che traversavano il golfo, provenienti dall'Ellade, dall'Asia, dall'Africa, o da Roma. (''L'isola di Capri'', vol IV, p. 156)
*{{NDR|Su Villa Jovis}} Fa orrore il pensare alle scene di cui furono testimoni queste mura, agli eccessi di rabbia di un animo che non conosceva più freno di sorta. Là dove risuonarono un giorno le armonie dei flauti della Lidia, e splenderono i sorrisi di donne superbe, mugghiano ora le mandrie dei poveri contadini. A tanto vennero ridotte le sale di Tiberio. L'edera, i fichi d'India, le malve, le rose, le cinerarie e il melagrano riempiono della loro vegetazione lussureggiante le stanze in ruina. Pendono dall'alto i festoni delle viti, discendenti dall'antico [[Bacco]] di Capri, quasi fossero gli spirti di quelle etère che quivi praticavano, un tempo, alla presenza di Tiberio, le loro danze oscene. (''L'isola di Capri'', vol IV, p. 161)
*Spuntava il giorno, ma il sole era ancora nascosto dietro ai monti che mi accingevo ad attraversare per recarmi ad [[Alatri]]... finalmente, dopo aver girato una collinetta, vidi dinanzi a me questa interessante città, ricca di splendidi palazzi che dimostrano una fiorente vita cittadina nel passato. Non avevo ancora visto una città di così bell'aspetto nei monti del Lazio.
*Allorquando mi trovai dinanzi a quella nera costruzione titanica {{NDR|l'Acropoli di [[Alatri]]}}, conservata in ottimo stato, quasi non contasse secoli e secoli, ma soltanto anni, provai un'ammirazione per la forza umana assai maggiore di quella che mi aveva ispirato la vista del Colosseo... una razza che poté costruire tali mura, doveva già possedere un'importante cultura e leggi ordinate.