L'inferno di Dante: differenze tra le versioni

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canto IV
canto V
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*Il peccato originale, la colpa senza responsabilità, il male irredento e innocente di esser venuti al mondo condannati a morte, magari fosse una vecchia intimidazione di secoli bui! È il buio che ci portiamo dentro tutti. E la pietà che Virgilio prova per i suoi compagni di pena e Dante prova per Virgilio, è forse la pietà che tutti ci meritiamo nascendo.<ref>Ibid., p. 59</ref>
 
==Canto V==
 
*Con meticolosa rabbia di vendetta, [Minosse] applica sentenze di morte eterna irrogate da una Legge, della quale ignora i disegni (e che ha condannato anche lui). Mansione improba ma, diciamocelo, priva di qualsiasi maestà ("''cotanto offizio''" forse non significa altro che "quel po' po' di lavoro").<ref>Ibid., p. 67</ref>
 
*Quanti racconti, invece, condivideva Dante con gli osti e i tintori suoi contemporanei! L'intelligenza psicologica, la moralità, il comune sentimento della storia e della vita si abbeveravano nel Medioevo avanzato ad una inesauribile falda di narrazioni.<ref>Ibid., p. 69</ref>
 
*Un mareggiare di storni. Nel mareggiare, una riga di gru (''la schiera ov'è Dido'', forma franco-latina di "Didone"). Dalla riga di gru si staccano ora, come colombe che planino verso il nido portate dal desiderio, i due [Paolo e Francesca], tratti dalla forza dell'appella affettuoso. E parlano. Con la voce di lei.<ref>Ibid., p. 70</ref>
 
*Ma è mai possibile che la relazione adulterina che costerà a Paolo e Francesca morte violenta e pene dell'inferno, sia durata, dalla prima radice alla catastrofe, il tempo di un bacio lasciato a metà? Sembra francamente più sensato supporre che il verso memorabile si riferisca al fatto che, da quel giorno, i due abbiano accantonato le perlustrazioni letterarie sul tema dell'amor cortese, per abbandonarsi alle corvées della passione.<ref>Ibid., p. 73</ref>
 
*[Dante] addita la letteratura come ruffiana.<ref>Ibid.</ref>
 
*All'inferno nessuno ha rimorsi, fuorché Dante; tutti, semmai, hanno rimpianti.<ref>Ibid., p. 74</ref>
 
*Per quanto costi di tormento a Dante-pellegrino abiurare ai dolci pensieri in rima della propria adolescenza (...), il sacro scrivano della Commedia crede di sapere, sa, che in eterno non si può amare che l'Eterno. E solo una fede così dura gli consente di cantare questo morbido, rapinoso ed estremo canto d'amor profano.<ref>Ibid.</ref>
==Note==
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