Antonio Tabucchi: differenze tra le versioni

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*C'è qualcosa di diverso qui {{NDR|a [[Genova]]}} da altri luoghi, cosa sarà mai? Forse "lo spiro salino che straripa dai moli"? Ti viene in mente questo verso perché lo "spiro salino" è sicuramente il maestrale o un vento simile: libeccio, mistral, scirocco, comunque un vento del Mediterraneo, e dunque siamo in un paese del Sud, e nei paesi del Sud, con questi venti, ci sono anche i panni alla finestra, lenzuola che schioccano al vento come bandiere. Venti nostri, panni nostri. [...] Sono partito da Sottoripa, punto cardinale di una città che serba intatto il suo mistero. Che forse la farebbe pensare avara, perché è guardinga, non si concede, non si fida. Ma chi la pensa avara non ha capito la sua generosità: è città medaglia d'oro della Resistenza. Genova si concede quando è necessario.<ref>Da ''Viaggi e altri viaggi'', Feltrinelli, Milano, 2010, pp. 109-110. ISBN 978-88-07-01822-0</ref>
*Ci sono giorni in cui la bellezza gelosa di questa città {{NDR|[[Genova]]}} sembra svelarsi: nelle giornate terse, per esempio, di vento, quando una brezza che precede il libeccio spazza le strade schioccando come una vela tesa. Allora le case e i campanili acquistano un nitore troppo reale, dai contorni troppo netti, come una fotografia contrastata, la luce e l'ombra si scontrano con prepotenza, senza coniugarsi, disegnando scacchiere nere e bianche di chiazze d'ombra e di barbagli, di vicoli e di piazzette.<ref>Da ''Il filo dell'orizzonte'', Feltrinelli, Milano, 1986, p. 73. ISBN 88-07-01322-3</ref>
*Come può essere presente la notte. Fatta solo di se stessa, è assoluta, ogni spazio è suo, si impone di sola presenza, della stessa presenza del fantasma che sai che è lì di fronte a te ma è dappertutto, anche alle tue spalle, e se ti rifugi in un piccolo luogo di luce di esso sei prigioniero perché intorno, come un mare che circonda il tuo piccolo faro, c'è l'invalicabile presenza della notte. (da<ref>Da ''Il tempo invecchia in fretta'', p. 42)</ref>
*{{NDR|Sul [[sogno]]}} [...] dimensione ignota e indecifrabile che noi abitiamo ogni notte ma nella quale siamo stranieri come povere creature smarrite, privati di volontà e di ragione; un paese contiguo dove continuiamo a essere noi senza esserlo più e dove parliamo una lingua che conosciamo ma che non capiamo, una lingua che non è più la nostra.<ref>Dall'introduzione a Arthur Schnitzler, ''Doppio sogno'', traduzione di Paola Capriolo, Gruppo Editoriale L'Espresso, 2011, p. 5.</ref>
*La lettera è un equivoco messaggero.<ref>Da ''Si sta facendo sempre più tardi'', Feltrinelli.</ref>