Rudolf Wittkower: differenze tra le versioni

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*[[Chiesa di Sant'Ivo alla Sapienza|Sant'Ivo]] va considerato il capolavoro del Borromini, dove il suo stile raggiunse il culmine e dove egli azionò tutti i registri di cui disponeva. In confronto, le sue costruzioni precedenti o posteriori, ecclesiastiche o laiche spesso sono sciupate perché sono incomplete o perché egli era ostacolato da difficoltà del terreno o dalla necessità di adattarsi a strutture già esistenti.<br>A differenza del Bernini, che concepiva l'architettura come la fase di un avvenimento drammatico espresso attraverso la scultura, il dramma di Sant'Ivo è inerente alla dinamica concezione architettonica di per sé: nel modo come i motivi si spiegano, si espandono e si contraggono; nel modo come il movimento si eleva verso l'alto e poi si arresta. (cap. 9, p. 325)
*Il Ratto delle Sabine<ref>Dipinto (1627-1629) conservato nella Pinacoteca Capitolina.</ref> mostra sia la forza sia la debolezza del [[Pietro da Cortona|Cortona]] pittore. Fra i suoi contemporanei romani, i caratteri del [[Andrea Sacchi|Sacchi]] sono molto più convincenti, [[Nicolas Poussin|Poussin]] imprime un peso morale alle sue tele di cui il Cortona è incapace, il [[Guercino]] è superiore come colorista. Ma nessuno di loro può rivaleggiare con il suo fiero temperamento, la sua ricchezza di idee nell'organizzare una tela su vasta scala, il suo spirito nel rappresentare episodi, e il suo grande dono di narratore. Queste virtù predestinavano lui a diventare il primo pittore di affreschi a Roma e portarono questo ramo della pittura improvvisamente a un culmine senza precedenti. (cap. 10, p. 373)
*Il capo italiano del movimento {{NDR|del classicismo barocco}} fu [[Andrea Sacchi]]. [...]. In confronto ai dinamici artisti del barocco un produttore lento, critico di se stesso, incline a teorizzare, egli era per temperamento ed educazione preparato ad abbracciare il vangelo classico. (cap, 11, p. 389)
*[...] [[Carlo Maratta|Maratti]] era andato alquanto avanti verso una riconciliazione delle due tendenze opposte, la barocca e la classica. In ogni senso egli si attenne a una piacevole via di mezzo. I suoi quadri non contengono enigmi, nulla che renda perplesso il visitatore, nulla che susciti violente emozioni. Il suo modo scorrevole di maneggiare il linguaggio allegorico corrente, le impersonali generalizzazioni delle quali il suo lavoro abbonda, l'ammissione della dose giusta di splendore festivo, tutto ciò predestinava il suo stile magniloquente a divenire lo stile di corte per eccellenza nell'Europa di Luigi XIV. (cap. 14, p. 504)
*[...] la carriera del Maratti fu un continuo trionfo e, in verità, un capolavoro monumentale dopo l'altro uscivano dalla sua bottega. Né egli fu del tutto fautore dello stile del Sacchi<ref> Andrea Sacchi (1599-1661), pittore italiano.</ref> e degli altri classicisti. I dipinti del 1650 rivelano l'incontro con il barocco del Lanfranco<ref>Giovanni Lanfranco (1582-1647), pittore italiano</ref>; egli ammise influssi dal Cortona e Bernini ed ebbe pure una certa simpatia per la tendenza mistica della seconda metà del secolo. Ciò che fece maggiore impressione sui suoi contemporanei fu che egli ristabilì il senso della dignità della figura umana vista in grandi, semplici forme plastiche e riprodotta con una sincerità e una convinzione morale senza uguali in quel momento. (cap. 14, p. 505)