Francesco Predari: differenze tra le versioni

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→‎Citazioni di Francesco Predari: citazioni nell'ordine in cui sono esposte nel testo
→‎Citazioni di Francesco Predari: terza citazione: i sospetti del cavalier Pollini sull'Antologia Italiana
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<!-- le citazioni seguenti sono nell'ordine in cui sono esposte nel testo di Predari-->
*Intanto l'aver io potuto raccogliere come collaboratori dell'''Enciclopedia'' parecchi dei più eletti ingegni e scienziati italiani, mi fece nascere il pensiero di usufruttuare tutta questa, per così dire, illustre confederazione dell'italiana intelligenza, per dare all'Italia una rivista mensile, che sopperisse in qualche modo alla perdita dell'«Antologia di Firenze», del [[Giovan Pietro Vieusseux|Vieusseux]], e fosse non solo l'istrumento di progresso scientifico e letterario, ma scintilla che tenesse vivo in Piemonte quel fuoco patrio che doveva poi ravvivarsi a poco a poco in tutte le altre provincie d'Italia; e questa fu l'origine e la missione di questa mia rivista l'«Antologia Italiana».<ref name="vagiti_libertà">Da Francesco Predari, ''I primi vagiti della libertà italiana in Piemonte'', Milano 1861, pp. 65-6768; citato in [[Denis Mack Smith]], ''Il Risorgimento italiano. {{small|Storia e testi}}'', Gius. Laterza & Figli, 1968; edizione Club del Libro, 1981, pp. 99-100.</ref>
 
*Nella stampa di que' tempi era rigorosamente inibito non che parlar di politica, nemmeno usarne il vocabolo, ed ogni volta che mi occorse parlare di «interessi politici», mi fu forza, tramutando la frase, parlar degli «interessi civili», in luogo d'Italia, di Patria, di Nazione, imposto il vocabolo di «paese»; la parola «costituzione» vietata anche parlandosi dei governi di Francia ed Inghilterra, e surrogandovisi le frasi: «leggi» o «instituzioni»; le voci «libertà», «liberale», «liberalismo», permesse in niun senso; a «rivoluzione» surrogato sempre «sconvolgimento» o «anarchia» o «governo della violenza».<ref name="vagiti_libertà"/>
 
*Considerando a tante lautezze censorie è facile immaginarsi contro quali e quanti ostacoli mi fu forza dar di petto per conquistare, non dirò la chiesta autorizzazione, ma il frontespizio stesso della rivista, perché aveva assunto il nome di «Antologia Italiana»; l'appellativo «italiana» era fra le voci di reproba natura; quindi interdettone l'uso: «Antologia», era insidiosa commemorazione di una effemeride stata spenta sotto gli anatemi della politica austriaca, dispotica fin d'allora anche in Toscana; nel programma da me presentato in quel periodo si temeva un agguato teso al censore per giuocarlo in faccia all'autorità. Dopo parecchi giorni di inutili prove e riprove per persuadere e mansuefare il cavalier Pollini, direttore della censura, fatto dalla ignoranza sua che era e molta e singolare sistematicamente sospettoso e caparbio, pensai rivolgermi al re stesso, per mezzo del cavalier Promis; non solo m'ebbi e quasi tosto l'autorizzazione regia, ma {{sic|incuoramenti}} e promesse di patrocinio. Il re aveva indovinato dove si voleva andare e n'ebbe segreto compiacimento.<ref name="vagiti_libertà"/>
 
==Note==