Paco Ignacio Taibo II: differenze tra le versioni

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*Rovistando fra le radici di quell'idea matrimoniale capì che in tutta quella storia assurda piena di Falchi e di romani, lui presentiva la morte: e non voleva morire senza essere tornato, almeno per un po', all'amore quotidiano. Un'ultima settimana di vita coniugale, prima di abbandonare per sempre il Distretto federale.<br />Stava per mettersi a ridere, e ritrovandosi a filare idee di quel genere pensò di alzare lo sguardo per coglierlo nello specchio della gelateria.<br />Era lui, era proprio lui. L'occhio immobile in un angolo della faccia, la cicatrice, l'aria da cane triste e solo a tratti illuminata dal sorriso. Trentatré anni allucinati e duri. (cap. 10, p. 118)
*«Non ho fatto che tremare per due giorni interi... Una cosa stranissima, un misto di paura, nausea e senso di colpa. Poi mi son detto: vaffanculo. Ho ucciso uno stronzo, è vero, l'ho ucciso, ma avevo le mie buone ragioni. Così ho nascosto la pistola e sono tornato alla solita vita, tutto qui. Quelli non ce l'hanno con me, non sanno nemmeno che esisto. Per loro sono solo uno che lavora in quell'ufficio.»<br />«Sa ingegnere, sto per sposarmi» disse improvvisamente Héctor.<br />«Ciò che mi preoccupa sul serio è che questa cosa non finirà mai. E una storia senza lieto fine» gli rispose il Gallo. (cap. 10, p. 122)
*Tuttavia, una cosa era passeggiare con il Gallo per il Parque Hundido in una magnifica mattinata di sole, e un'altra dover portare da solo quei morti sulle spalle. Rispondere "i cattivi" non era sufficiente: bisognava che avessero nomi, facce, circostanze. Héctor, che non aveva mai sbattuto il naso contro il potere, percepiva nebulosamente lo Stato come il grande castello della strega di Biancaneve, dal quale uscivano non solo i Falchi, ma anche i diplomi di ingegnere e i progámmiprogrammi di Televisa. Niente sfumature: una grande macchina infernale da cui era meglio tenersi alla larga. O magari qualche personaggio concreto che si poteva sfidare a duello, in uno scontro epico, preciso. La sua mente passava da un'immagine all'altra: uno stilizzato incontro di boxe, Bakunin contro lo stato, oppure Sherlock Holmes contro Moriarty. E in mezzo niente; e forse proprio lì, in quel niente che fondeva le due versioni, si nascondevano certi "cattivi" particolarmente ambigui. (cap. 10, p. 123)
*Una nuova paura andò a sommarsi alla precedente. La paura di non arrivare a sapere, il terrore di morire per niente. (cap. 11, p. 138)
*Non si andava da nessuna parte, la storia era chiusa. Forse altrettanto chiusa dei suoi ultimi tre anni di vita, durante i quali aveva interrotto il sogno dell'ingegnere benestante per passare a quello del detective solitario e indipendente. Sogno, solitudine, città nuovamente aliena, dominata dal potere senza ritegno, dall'aria viziata e marcia della storia recente. Non ci si poteva fare niente, Carlos aveva avuto ragione quando tre anni prima l'aveva avvisato che non si può pattinare ai limiti del sistema, che bisogna accettare che le cose stanno come stanno. Ma non era proprio ciò che aveva fatto? Accettare la situazione così com'era? Non aveva preso partito? (cap. 12, p. 150)