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*A misura che l'«imitazione» nella nostra [[cultura]] acquista maggiormente il carattere di uno scimmiottare, la nozione della dignità umana si estranea sempre più dai privilegi a cui si soleva collegarla un tempo: la sapienza, l'arte, la fede. Chi cedesse infatti appena un palmo alla confusione di «cultura» e «cultura generale», non potrà intendere oramai per la parola «cultura» null'altro che una raccolta di snobistici dettagli interessanti, di emozioncine estetiche e di prescrizioni religiose private; e non è forse un'abitudine diffusa di cedere a quella confusione assai più di un palmo? Mi sembra ormai difficile negare che la cultura (o almeno quanto una società come la nostra intende per questo) stia perciò facendosi l'avversaria della dignità umana. (da ''Don Chisciotte e della dignità umana, Libro Primo, Dignità umana'', pp. 67-68)
*Che uno possa sentirsi democratico, perché vede nel paradosso democratico un minimo che è stato ''raggiunto'' dalla disciplina cristiana, e che perciò ha valore ''malgrado'' le frasi democratiche e ''malgrado'' il suffragio universale, perfino malgrado la pedanteria etica, è cosa assolutamente incomprensibile alla mente di un democratico dottrinario; che una tale persona possa dunque perseguitare la democrazia e la sua uguaglianza « davanti alla legge», nata dal risentimento<ref>Il riferimento è alla critica di Nietzsche al principio cristiano di uguaglianza di tutti gli uomini di fronte a Dio: nell'affermazione cristiana di questa uguaglianza, Nietzsche ravvisa l'espressione del risentimento, del rancore dei deboli verso i potenti. In un mondo secolarizzato, ma ancora retto dalla disciplina — anche se non più dalla fede — cristiana, l'uguaglianza di fronte a Dio si muta in uguaglianza di tutti di fronte alla legge.</ref>, (per tacere ancora una volta discretamente della fraternità), perseguitarla dico, col suo sarcasmo e contemporaneamente affermarla, sostenerla col suo istinto, significa per il democratico dottrinario doppiezza, ambiguità, scetticismo, tradimento alla ''sua'' vera democrazia. Ciò che gli sfugge difatti è che quel qualcuno (quel ''Nessuno'', azzardiamo con Ulisse questo giuoco di parole), con uguale passione, è sarcastico verso la democratica pedanteria dottrinaria ed è conscio di non poter vivere diversamente che con i postulati minimi rappresentati dalla democrazia. Quei postulati minimi sono il ''suo'' stratagemma per vivere, il ''suo'' retaggio dal Cristianesimo; con questo « minimo » egli deve difendersi contro il barbaro Ciclope che minaccia di divorare lui e i suoi compagni, dopo averli radunati nella sua grotta. (Libro Secondo, ''...e uguaglianza cristiana'', pp. 206-207)
*La [[libertà]] democratica è la libertà più coerente, perché è null'altro che un paradosso; essa deve vivere dell'equilibrio labile e dell'opportunismo; non esprime null'altro che il venir meno del fattore «al-di-là» nella concezione [[Agostino d'Ippona|agostiniana]] della «libertas», essa è dunque il simbolo più puro di una società disciplinata secondo le norme cristiane, la quale ha perduto la fede cristiana, senza sostituirvi un nuovo fanatismo. (Libro Secondo, ''...e uguaglianza cristiana'', p. 212)
*Avanti, senza l'illusione di andare in cielo; avanti, senza l'illusione di trovare un mondo migliore; avanti, senza l'illusione di doverci affidare come fantocci entusiasmati all'idolatria dello stato, predicata da un giornalista-da-rivoltella o da uno sbraitone isterico; ecco quello che io chiamo democrazia, quello che chiamo «amor fati»! (Libro Secondo, ''...e uguaglianza cristiana'', p. 213)
*Le convinzioni politiche, per poterle difendere, andrebbero cambiate di tanto in tanto come si cambia un abito, poiché una convinzione politica che si regola sulla durevolezza della marsina corre un gran rischio di essere {{sic|rósa}} dalle tarme. (Libro Secondo, ''...e uguaglianza cristiana'', p. 212)
*Il non-conformista coerente è il predicatore coerente del cristianesimo antimetafisico in un ambiente di parteggianti, apparentemente tanto coerenti, per un surrogato dell'al-di-là, perché egli ha capito che l'epoca dell'armonia cristiana sta per finire e che principia l'epoca dei paradossi cristiani. [...] Il Cristianesimo si è compiuto, ma ha lasciato ancora un compito agli ultimi cristiani che i primi non si sono cero immaginato: ''dominare il rancore, pensandolo'' come rancore e ''trattandolo'' come rancore. (Libro Secondo, ''...e uguaglianza cristiana'', p. 217)
 
 
 
==Bibliografia==