Arthur Schopenhauer: differenze tra le versioni

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==''Il fondamento della morale''==
*La sconfinata [[pietà]] per tutti gli esseri viventi è la più salda garanzia del buon comportamento morale e non ha bisogno di alcuna casistica. Chi ne è compreso non offenderà certo nessuno, non danneggerà nessuno, non farà del male a nessuno, avrà invece indulgenza con tutti, perdonerà, aiuterà, fin dove può, e tutte le sue azioni recheranno l'impronta della giustizia e della filantropia. [...] io non conosco nessuna [[Preghiere dai libri|preghiera]] più bella di quella che conchiudeva gli antichi spettacoli teatrali dell'India (come anche in altri tempi quelli inglesi terminavano con la preghiera per il re). Dice: «Possano tutti gli esseri viventi restare liberi dal dolore!».<ref>Traduzione di Ervino Pocar; citato in Tom Regan(III, Peter§ Singer19, ''[[Diritti4; animali, obblighi umani]]'', Gruppo Abele, Torino, 19871981, p. 130. ISBN 88-7670-097-8</ref>243)
*[...] la completa diversità, assunta a dispetto di ogni evidenza, tra l'uomo e l'animale [...] fu enunciata nel modo più risoluto e stridente da [[Cartesio]], come necessaria conseguenza dei suoi errori.<ref>Citato in(III, Ditadi§ 199419, 7; 1981, p. 786.</ref>246)
*Per contro, la mia motivazione trova in suo favore l'autorità del più grande moralista di tutta l'epoca moderna: poiché questo è senza alcun dubbio [[Jean-Jacques Rousseau]], il profondo conoscitore del cuore umano, che attinse la sua sapienza non dai libri, ma dalla vita e destinò la sua dottrina non alla cattedra, bensì all'umanità, nemico com'era dei pregiudizi, alunno della natura che a lui solo conferì il dono di predicare la morale senza diventare noioso, perché colpiva la verità e toccava i cuori. (IIIII, § 19, 8; 1981, p. 254)
*Questa teoria, che ogni molteplicità sia soltanto apparente, che in tutti gli individui di questo mondo, per quanto si presentino in numero infinito l'uno dopo l'altro e l'uno accanto all'altro, si manifesti un essere solo e il medesimo, presente e identico in tutti e veramente esistente, questa teoria [...] verrebbe voglia di dire che c'è sempre stata. Difatti essa è la dottrina principale e fondamentale dei sacri ''[[Veda]]'', il libro più antico del mondo, del quale possediamo la parte dogmatica o, meglio, la dottrina esoterica nelle ''[[Upanishad]]''. Là troviamo, si può dire a ogni pagina, questa grande dottrina che instancabilmente viene ripetuta in forme infinite e commentata con svariate immagini e similitudini. Non c'è da dubitare che abbia costituito il fondamento della sapienza di [[Pitagora]] [...]. Tutti sanno che in essa soltanto era contenuta quasi tutta la filosofia della [[scuola eleatica]]. In seguito ne furono pervasi i [[neoplatonismo|neoplatonici]] [...]. Nel secolo IX la vediamo comparire all'improvviso in Europa per merito di [[Giovanni Scoto Eriugena|Scoto Eriugena]] il quale, preso dall'entusiasmo, si affanna a rivestirla delle forme e delle espressioni della religione cristiana. La ritroviamo tra i maomettani quale entusiastico misticismo dei [[Sufi]]. In Occidente però [[Giordano Bruno]] dovette pagare con la morte ignominiosa e crudele il fatto di non aver saputo resistere all'impulso di esprimere quella verità. Tuttavia vediamo anche i mistici cristiani invilupparcisi, loro malgrado, quando e dove compaiono. Il nome di [[Baruch Spinoza|Spinoza]] è identico con essa. (IIIV, § 22; 1981, pp. 277-278)
*E l'uomo moralmente nobile, quando anche gli manchi l'eccellenza intellettuale, rivela con le sue azioni l'intuizione più profonda, la più alta sapienza, ed umilia il più geniale e più dotto, quando questi con la sua azione mostra che quella grande verità è pur rimasta estranea al suo cuore. (IIIV, § 22; 1981, pp. 279-280)
 
==''Il mondo come volontà e rappresentazione''==