Matteo Renzi: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
m sistemo
Nessun oggetto della modifica
Riga 50:
*Un pezzo grosso del mio partito sentì la necessità di spiegarmelo in modo sbrigativo: «Ciccio, a me hanno insegnato che a trentaquattro anni si rispetta la [[fila]]». Disse proprio così: si rispetta la fila. Come al supermercato, quando tutti abbiamo da svuotare il carrello. Uno per volta, rispettando la fila. Solo che facendo così in politica non si svuota il carrello, si svuota l'entusiasmo. Decisi che non volevo (e ancora oggi non voglio) fare il pollo di batteria. Non volevo che gli altri, loro decidessero i tempi. Non volevo stare alle loro regole, le regole di una generazione che ha già dato tutto quello che poteva dare. (pp. 23-24)
*Ve lo ricordate, il governo dell'Unione? Dai, il governo più litigioso della storia repubblicana. Quello in cui un ministro presentava un'idea e il giorno dopo un altro ministro diceva l'opposto, magari scendendo in piazza con i contestatori. Perché loro erano l'Unione. Si erano chiamati così apposta, si vede... Pensandoci bene, verrebbe da domandarsi: ma chi glieli sceglie i nomi ai partiti politici? (p. 24)
*Ma in realtà passeggiando per le strade di Firenze mi rendo conto che non solo i capolavori universali, ma ogni luogo della città mi dice qualcosa : un campo sportivo dove ho giocato, un giardino dove ho pianto, persino una fermata dell'autobus dove ho aspettato qualcosa o forse qualcuno. Ogni angolo della città deve scatenare un sentimento in chi vuol fare il [[sindaco]]. Altrimenti ha sbagliato mestiere. Potrà ragionare di culture politiche, discutere sulle grandi riforme. Magari sarà il più colto dei deputati o il più elegante tra i senatori. Ma non potrà mai fare il sindaco. Può provare a fare il primo cittadino solo chi crede che amministrare sia davvero un'estensione del verbo amare. L'etimologia della parola ci porterebbe altrove. Dovremmo dire infatti che amministrare significa servire. E il tema del servizio civico, della cosa pubblica è uno degli aspetti più intriganti della politica fatta con passione. Nell'abisso di solitudini che caratterizza il nostro tempo, c'è proprio bisogno di costruire una comunità, di incrociare sogni, di stabilire legami. Evitare l'individualismo dedicando del tempo al servizio del bene comune è già una suggestiva scelta controcorrente. Ma questo vale per ogni tipo di impegno politico. La peculiarità dell'esperienza come sindaco – o come candidato sindaco – sta proprio nel legame intimo e inebriante con la propria città. (pp. 26)
*Un fiorentino sopporta tutto. L'importante è evitare – accuratamente – di passare da bischero, espressione difficilmente traducibile. I Bischeri erano una nobile famiglia fiorentina che si ritrovò rovinata per alcuni errori strategici. Diciamo che devi evitare di compiere un errore gratuito, di tirarti la zappa sui piedi, di segnare un autogol. Perché se passi da bischero non hai diritto neanche alla compassione che in genere un popolo dotato di umanità come il nostro riserva agli sconfitti. Se te la sei cercata, affari tuoi: sei passato da bischero. (p. 27)
*Una signora con i capelli rossi, di mezza età, ben vestita si fece largo tra la gente che mi circondava, si avvicinò e si incaricò di riportarmi alla realtà. «Dunque, lei ha detto che nel caso in cui perderà le elezioni tornerà a lavorare e non farà come fanno tutti, vero?» «Certo signora, penso che dobbiamo dare il buon esempio per primi noi.» «Giusto, molto interessante. Come interessanti sono le altre cose che ha detto, in particolar modo sulla macchina comunale e le cose da fare nei primi cento giorni. Condivido.» Bene, penso, questa è presa. Vediamo se riusciamo anche a coinvolgerla nella campagna elettorale. «Grazie signora. Se vuole può darci una mano. Vorremmo che la campagna elettorale fosse l'occasione per avvicinare nuove persone a un modo diverso di fare politica.» «No, guardi, non ha capito proprio niente. Io non la voto. È vero che condivido praticamente tutte le vostre idee e mi piace il vostro modo di proporle. Ma lei ha detto che se perde le primarie torna a lavorare. E siccome io credo che la sua scelta sarebbe utile come segnale nazionale, non solo non la voto, ma spero anche che perda, così da mantenere la sua promessa. Arrivederci.» Sono un chiacchierone e spesso ho la battuta pronta, ma quella volta non trovai le parole per risponderle. Persi l'attimo. E dietro al ragionamento stringente della signora rimasi come inebetito. Condivideva il nostro progetto al punto di sperare che noi perdessimo. Mitica! Mi sentivo scartato e buttato a terra come un difensore ubriacato da un dribbling del miglior Messi. (pp. 30-31)