Attilio Momigliano: differenze tra le versioni

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*[[Eugenio Montale|Montale]] scrive con un verso senz'aria, fitto di parole disseccate, che sfocia talvolta in una larga battuta desolata; cerca il senso della sua vita in paesaggi grami e disarmonici; e con la sua poesia rende l'immagine di un volto chiuso in un'impassibilità duramente volontaria.<ref>Citato in Maria Acrosso, ''La critica letteraria'', Palumbo, stampa 1970<sup>3</sup>, p. 742.</ref>
*Quanto ha di scenico e di fastoso l'[[Barocco|età della Controriforma]], è quanto rimane di quella sovranità [rinascimentale dell'uomo sull'universo]: una pompa a cui non risponde più lo slancio fiducioso dell'anima. Dietro quel fasto c'è un senso di vuoto e d'angoscia. Questa è la giustificazione storica della costante oscillazione della ''Liberata'' tra lo scenico e l'elegiaco. (da ''I motivi del poema del [[Torquato Tasso|Tasso]]'', pp. 95, 100, in ''Introduzione ai poeti'', Roma, 1946<ref>Citato in ''I classici italiani nella storia della critica'', opera diretta da [[Walter Binni]], vol. I, ''da [[Dante Alighieri|Dante]] a [[Giovan Battista Marino|Marino]]'', La Nuova Italia, Firenze, 1974, p. 594.</ref>)
 
===In ''Aldo D'Asdia e Pietro Mazzamuto, Letteratura italiana, Pagine di documentazione critica''===
*La qualità fondamentale della sua poesia è la vitalità gagliarda e comunicativa. Leggendo quelle pagine, dove ogni cosa è chiamata col suo nome, dove non ci sono attenuazioni od eufemismi eleganti, dove tutte le scene sono ritratte con una simpatia così spregiudicata e con una così franca bonomia che – anche quando la materia è satirica – quello che colpisce non è tanto lo sdegno quanto lo spontaneo accostarsi e immedesimarsi del poeta con il suo tema, si ripensa alla tempra sanguigna, cordiale e rumorosa di [[François Rabelais|Rabelais]].<ref name=door>Da ''Introduzione ai poeti, Roma, 1946, pp. 161-166</ref> (p. 775)
*Con tanta oscenità quanta se ne trova nelle sue poesie, non si può dire che egli sia un poeta corrotto: perché anche in quest'argomento quelli che dominano sovrani sono il senso della verità e quello della vita. Senza il secondo, il [[Carlo Porta|Porta]] sarebbe stato un piccolo e pesante naturalista: il senso della vita ha alleggerito e purificato quel suo amore della verità. La moralità e la poesia del Porta sono questo suo avvicinarsi sereno e franco alle scene più disparate. <br />Perciò si può parlare di simpatia anche a proposito dei personaggi che sembrano più evidentemente canzonati: fraa Condutt, la Marchesa Travasa, Polpetta de rognon. C'è in essi la simpatia che hanno certi grandi scrittori per i loro personaggi, di qualunque levatura morale essi siano: la simpatia del [[Giovanni Boccaccio|Boccaccio]] per frate Cipolla, per ser Ciappelletto, per la Ciciliana. C'è la spia della gioia con cui certi poeti creano le loro figure, siano esse di candido marmo o di fango: la gioia di sentire la vita – senza aggettivi – e di tradurla in parole.<ref name=door /> (p. 775)
*Di rado ho provato tanta difficoltà a penetrare nell'anima d'un artista come di fronte al Porta, che è così alla mano, così schietto, così cristallino! I [[poesia|poeti]] più sapienti sono quelli che sembrano dir meno, quelli in cui la rappresentazione non sembra né preceduta né accompagnata dal pensiero.<ref name=door /> (p. 776)
 
 
==Bibliografia==
*Aldo D'Asdia e Pietro Mazzamuto, ''Letteratura italiana, Pagine di documentazione critica'', Felice Le Monnier, Firenze, 1973<sup>9</sup>.
 
==Note==