Indro Montanelli: differenze tra le versioni

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"Tangentopoli", video del 1998: cambiata la trascrizione dal video; spostati i video sotto "Interviste"; aggiunta data sui massacri alle foibe
"Storia d'Italia", video del 1998: ho cominciato ad abbreviare le citazioni
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{{int|''La Storia d'Italia di Indro Montanelli''| a cura di Mario Cervi, interviste di Alain Elkann, ''Cecchi Gori'', 1999}}
*Io dico che il silenzio mantenuto finora {{NDR|sui massacri delle foibe}}, o quasi silenzio, si spiega facilissimamente: tutta la storiografia italiana del dopoguerra era di sinistra, apparteneva all'intellighenzia di sinistra, la quale era completamente succuba del Partito Comunista. Quindi non si poteva parlare delle foibe, che non appartenevano al comunismo italiano, ma appartenevano certamente al comunismo slavo, di cui però il comunismo italiano era alleato e faceva gli interessi. Quindi di questo non si poteva parlare, e non si poteva parlare delle stragi del triangolo della morte, perché anche queste ricadevano sulla coscienza - ammesso che ce ne sia una - del Partito comunistaComunista, il che sta a dimostrare quello che dicevo prima, cioè che la Resistenza non fu una resistenza, fu una guerra civile tra italiani che continuò anche dopo il 25 aprile, cioè il ritorno dell'Italia alla pace e alla normalità[. Continuò anche allora; io mi ricordo che..] volli andare nel triangolo della morte, cioè fra Reggio Emilia, Modena, Parma... Andai come giornalista, ma non soltanto come giornalista, per appurare com'era andata la strage dei conti Manzoni, dopo la fine della guerra, che erano tutti miei amici che furono sterminati. Una famiglia di persone che col fascismo non aveva niente a che fare, ci aveva convissuto come tutti gli italiani. Bene, nessuno mi voleva parlare di questa faccenda. [...] Nessuno ne aveva parlato, né dei Carabinieri né della Polizia e tantomeno della magistratura, eppure lo sapevano. [...] C'era una complicità assoluta, una complicità dannata. [...] Se ne parla ora perché il Muro di Berlino è crollato, ma si ricordi che trent'anni fa, quando [[Renzo De Felice|De Felice]] annunziò di mettere allo studio il ventennio fascista per sapere com'era andata, fu proposta la sua estromissione dalla cattedra universitaria, solo perché metteva allo studio un ventennio di storia italiana che, bella o brutta, c'era stata. [...] Non era possibile inquadrare storicamente il fascismo: chi lo faceva, cercando di spiegare i perché della sua durata, ed anche i perché della sua catastrofe, veniva accusato di fascismo. (da ''Dalla Monarchia alla Repubblica'')
*È difficile sapere che cosa fu [[Palmiro Togliatti|Togliatti]], perché Togliatti non ha lasciato memoriali, non ha lasciato diario, che cosa pensasse Togliatti non lo ha mai saputo nessuno, credo nemmeno la sua compagna [[Nilde Iotti]]. Si può dire che è stato un esecutore fedele degli ordini di [[Stalin]]. Lo è stato sempre, e per questo godeva la fiducia di Stalin. [...]{{NDR|"Era un grande diplomatico?"}} Era un diplomatico per sé, soprattutto, perché un uomo sopravvissuto a venticinque o trent'anni anni di Mosca, senza finire in galera, processato, o contro il muro, beh, questo è uno dei grandi personaggi. Sono pochi. {{NDR|"Non era uno statista, per esempio?"}} Non poteva essere uno statista perché i comunisti non hanno lo Stato nel sangue, i comunisti hanno il Partito. Stalin non è mai stato Capo dello Stato, e nemmeno capo del governo, era capo del Partito. Il potere nei regimi comunisti non sta né nello Stato né nel governo, sta nel Partito. (da ''Dalla proclamazione della Repubblica al Trattato di pace'')
*Questa [[Costituzione della Repubblica italiana|Costituzione]] porta male gli anni da quando aveva un giorno.(da ''Dall'assemblea costituente alla vigilia delle elezioni del 1948'')
*Questa [[Costituzione della Repubblica italiana|Costituzione]] porta male gli anni da quando aveva un giorno, perché fu subito chiaro quali erano i suoi difetti, del resto furono anche denunciati da uomini come, per esempio, [[Piero Calamandrei|Calamandrei]], come Mario Paggi eccetera eccetera. I difetti furono soprattutto due. Il primo difetto fu di ripartizione dei lavori. La Costituente era formata da 600 membri eletti di passaggio. Voglio notare che quella fu la prima elezione che si tenne in Italia – per la Costituente, non per il Parlamento – ma dove ci fu lo spiegamento dei partiti. Ogni partito portò i suoi candidati, cioè dei giuristi che facevano capo alla propria ideologia. Bene, in quella prima elezione il 35% dei voti andò ai democristiani, il 21% andò ai socialisti di [[Pietro Nenni|Nenni]], il 19% ai comunisti. Quindi in quel momento - non c'era ancora il Fronte - ma in quel momento i socialisti facevano premio sui comunisti. Erano di poco, ma un po' più forti dei comunisti. [...] Questi 600 costituenti non potevano lavorare tutti insieme, era impossibile mandare avanti 600 persone a dibattere all'infinito le stesse cose, e allora i lavori furono devoluti a una commissione che si chiamò la "Commissione dei Settantacinque", perché erano 75 membri della Costituente che venivano incaricati per le loro competenze specifiche di redigere il testo. Ma anche 75 erano troppi, e allora anche i 75 si frazionarono in sotto-commissioni, ognuna delle quali lavorò per conto suo. Non ci fu un piano di insieme. Non fu un vero lavoro collettivo. Calamandrei lo disse subito: "Noi stiamo montando una macchina, che magari pezzo per pezzo sarà anche ben fatta, ma le cui giunture non coincidono con le giunture di altri pezzi". {{NDR|"Poi non fu fatta una sintesi di tutte queste giunture?"}} Fu lasciata così perché nessuno volle rinunziare al proprio elaborato, e questo è tipico degli italiani. L'inizio della discordia, quindi. Il secondo motivo che rese questa Costituzione veramente impalatabile e nociva per il regime che ne doveva nascere, fu che i nostri costituenti partirono dal punto di vista opposto a quello da cui sarebbero partiti i costituenti tedeschi quando la Germania fu libera di elaborare una sua Costituzione. Da che cosa partirono i costituenti tedeschi? Da questo ragionamento: il nazismo fu il frutto della Repubblica di Weimar. Cos'era la Repubblica di Weimar? Era l'impotenza del potere esecutivo, cioè del Governo. La Germania rimase nel disordine, nel caos, nella Babele dei partiti che non riuscivano a trovare mai delle maggioranze stabili, quindi dei governi efficaci. Ecco perché Hitler vinse, perché il nazismo vinse. I costituenti nostri partirono dal presupposto contrario, cioè dissero: "Cos'era il fascismo? Il fascismo era il premio dato a un potere esecutivo che governava senza i partiti, senza controlli eccetera. Quindi noi dobbiamo esautorare completamente il potere esecutivo,negando la possibilità di dare ai governi una stabilità eccetera". Per rifare che cosa? Weimar. Cioè, mentre i tedeschi partivano dalla negazione di Weimar, noi ci arrivavamo senza dirlo. Nessuno lo disse, ma questo fu il risultato. {{NDR|"E quindi ecco perché instabilità politica, governi di breve durata..."}} L'onnipotenza dei partiti. Non fu possibile nemmeno introdurre quella solita linea di sbarramento che invece fu introdotta in Germania, per cui i partiti che non raggiungevano {{NDR| il 5%}} non avevano diritto a una rappresentanza. No, tutti i partiti dovevano esserci e tutti avevano un potere di ricatto sulle maggioranze, che erano per forza di cose di coalizione. {{NDR|"È giusto rifare la Costituzione?"}} Ma certo che è giusto! {{NDR|"Però sembrano ripresentarsi problemi analoghi"}} Gli italiani non imparano niente dalla Storia, anche perché non la sanno. Non la amano, non la leggono, non se ne interessano, ma questo anche le classi dirigenti. {{NDR|"Lei auspica che venga rifatta questa Costituzione?"}} Sì, ma che venga rifatta secondo criteri logici, non secondo criteri illogici. Tutte le volte che si diceva "Ma qui bisogna restituire un po' di autorità al potere esecutivo, bisogna mettere i governi in condizione di governare" si diceva: "Fascista! Fascista!". Con questo ricatto qui abbiamo fatto le più grosse scempiaggini che si potesse immaginare. (da ''Dall'assemblea costituente alla vigilia delle elezioni del 1948'')
*{{NDR|La Costituzione}} Fu lasciata così perché nessuno volle rinunziare al proprio elaborato, e questo è tipico degli italiani.(''ibidem'')
*Mentre i tedeschi partivano dalla negazione di Weimar, noi ci arrivavamo senza dirlo. Nessuno lo disse, ma questo fu il risultato.(''ibidem'')
*Gli italiani non imparano niente dalla Storia, anche perché non la sanno. Non la amano, non la leggono, non se ne interessano, ma questo anche le classi dirigenti. {{NDR|"Lei auspica che venga rifatta questa Costituzione?"}} Sì, ma che venga rifatta secondo criteri logici, non secondo criteri illogici. Tutte le volte che si diceva "Ma qui bisogna restituire un po' di autorità al potere esecutivo, bisogna mettere i governi in condizione di governare" si diceva: "Fascista! Fascista!". Con questo ricatto qui abbiamo fatto le più grosse scempiaggini che si potesse immaginare. (''ibidem'')
*La fine di [[Alcide De Gasperi|De Gasperi]] è la fine di un'epoca: con lui finisce un'epoca e ne comincia un'altra non certamente migliore. [...] C'è una bella pagina della figlia di De Gasperi, Maria Romana, che ha scritto un bel libro sul padre, un libro tutto vero in cui racconta anche i funerali su in Val Sugana: c'era naturalmente tutta la nomenclatura democristiana che accompagnava la bara. Oramai De Gasperi era morto, si poteva anche fingere il compianto, e a un certo momento un passante che era lì – uno che guardava, che non aveva niente a che fare con la politica, con la Democrazia Cristiana eccetera eccetera – si avvicinò al feretro e scansando questi turiferari della DC disse: "No, non è vostro! De Gasperi è nostro! Era un italiano!". E aveva ragione. De Gasperi era nostro, non un democristiano. (da ''Gli anni di Alcide De Gasperi'')
*{{NDR|Giovanni Gronchi}} Era un uomo molto abile, brillante parlatore, molto abile anche negli affari. Era molto più libertino di [[Carlo Sforza|Sforza]], quindi la Democrazia Cristiana [...] era cambiata, evidentemente, e Gronchi fu eletto per una faida interna della Democrazia Cristiana, perché [[Amintore Fanfani|Fanfani]] voleva [[Cesare Merzagora|Merzagora]]. Allora per fare dispetto a Fanfani, invece gli buttarono fra i piedi [[Giovanni Gronchi|Gronchi]], il quale seppe benissimo tessere la sua trama fra Sinistra, Destra eccetera e far diventare gronchiani anche quelli degli altri partiti. Dicendosi agli uni uomo di Destra e agli altri uomo di Sinistra, facendo insomma il giuoco personale di Gronchi, con cui entrò in Quirinale il vero grande corruttore della vita politica italiana. [...] Dopo l'onestissimo [[Luigi Einaudi|Einaudi]] viene Gronchi, che è l'indulgenza plenaria verso tutte le deviazioni e i deviazionisti d'Italia. (da ''La rivolta in Ungheria e l'elezione di Giovannni XXIII'')
*Questa storia dell'MSI è una delle grandi truffe della Prima Repubblica: nella Costituzione c'è un articolo che proibisce la rinascita di un partito fascista. Ecco. Ora, l'MSI era chiaramente un partito fascista. Non lo negava, anzi si faceva gloria del fatto di essere l'erede eccetera. Perché lo avevano messo, allora? Lo avevano messo perché questo partito fascista, che avrebbe dovuto essere escluso dalla vita politica, serviva a captare un certo numero di voti che, senza questo partito, sarebbero andati a dei partiti moderati di Centro e soprattutto, forse, alla Democrazia Cristiana. Quindi quale fu il gioco delle Sinistre, a cui la Democrazia Cristiana però si piegò e si rassegnò: è consentito di esistere all'MSI, però l'MSI quando è in Parlamento è escluso dal gioco parlamentare. Così si mettevano i voti dell'MSI in ''frigidaire'', e così non andavano alla Democrazia Cristiana e ai partiti {{NDR|di Centro}}. È una delle peggiori truffe che è stata inventata dalla classe politica che ci ha governato per cinquant'anni. (da ''I successori di De Gasperi e la politica italiana fino alla morte di Togliatti'')
*Io vorrei sapere quali furono le crescite... di civiltà che il [[Sessantotto]] pretende di averci lasciato. Io vedo tutt'altra cosa: io vidi nascere, dal Sessantotto, una bella torma di analfabeti che poi invasero la vita pubblica italiana, e anche quella privata, portando dovunque i segni della propria ignoranza. Io ho visto questo. Può darsi che sia affetto da sordità o da cecità ma io non ho visto altro, come frutti del Sessantotto. [...] {{NDR|La differenza tra il Sessantotto francese e quello italiano è}} La differenza che passa fra l'originale e il fac simile perché il Sessantotto nacque in [[Francia]] e in [[Italia]] fu un fatto di riporto, di imitazione. [...] {{NDR|L'imitazione del Sessantotto francese vi fu}} Un po' in tutto il mondo ma particolarmente in Italia dove non nasce mai niente, è sempre qualcosa di imitato dagli altri. Bene o male, insomma, i francesi ebbero... anche una certa cultura del Sessantotto, ebbero [[Jean-Paul Sartre|Sartre]]. Oddio, Sartre rivisto con gli occhi di oggi naturalmente scende molto dal suo mitico piedestallo. [...] In Italia non ci fu neanche un Sartre. [...] Credo che su [[Pier Paolo Pasolini|Pasolini]] si sia preso un grosso abbaglio: Pasolini è passato per uno scrittore di sinistra perché aveva preso come sfondo dei suoi racconti – bellissimi del resto – il sottoproletariato delle borgate romane, i ragazzi di vita, insomma, la schiuma della società. Ma lo aveva fatto per dei gusti e dei motivi del tutto personali sui quali è inutile tornare a far commenti. Questo lo aveva fatto considerare come uno scrittore, un difensore del proletariato, ma non era una scelta politica quella che aveva fatto Pasolini. Non centrava niente, assolutamente nulla. Quindi quello che lui disse era assolutamente vero, cioè dire che nei tafferugli, dove spesso ci scappava il morto, tra quei dilettanti delle barricate che erano {{NDR|i borghesi}}... i veri proletari erano i poliziotti, tutti figli di famiglie povere, eccetera eccetera. I dilettanti delle barricate erano tutti o quasi tutti figli di papà: aveva ragione Pasolini! Ma come no! E questo fu considerato un tradimento all'ideologia di sinistra. [...] Il primo fenomeno fu il Sessantotto, e il Sessantotto partorì poi il terrorismo, il brigatismo rosso eccetera eccetera. Su questo non ci son dubbi, insomma. Dirò di più: i più seri, e forse gli unici seri, furono quelli che poi diventarono dei terroristi e che quindi rischiarono la loro vita, almeno. Gli altri erano quello che diceva Pasolini, dei figli di papà. (da ''Il Sessantotto e la politica di Berlinguer'')
*{{NDR|La figura del Grande Vecchio}} È una di quelle fandonie, di quelle stupidaggini che piacciono tanto a noi italiani: l'idea di un Grande Vecchio che organizzasse tutte queste stragi, attentati eccetera eccetera. È un affare da Simenon di borgata insomma, no? Piaceva l'idea che ci fosse dietro tutta una strategia. Senonché poi non si sapeva bene chi fosse il Grande Vecchio. {{NDR|"Aveva un volto?"}} Ne ha avuti molti: naturalmente [[Giulio Andreotti|Andreotti]] – quello non manca mai, quando si cerca un ''deus ex machina'' di tutto ciò che di più criminale è avvenuto in questo Paese Andreotti {{NDR|c'è}}. In quel momento non era tanto vecchio, ma il Grande Vecchio non ha nulla di anagrafico, è il Grande Vecchio così – poi Gelli, poi Sindona: ha avuto varie raffigurazioni che sono tutte di fantasia. (da ''Piazza Fontana e dintorni'')
* Come in tutti i processi italiani anche in questi, che poi...volevano arrivare all'identificazione dei responsabili e non ci arrivarono quasi mai, erano dominati dal cosiddetto "teorema": a un certo momento - quasi subito - si smise di parlare degli anarchici e tutte le lampadine furono rivolte ai partiti e alle forze di Destra. Erano quelle le forze stragiste. I nostri bravi giudici - salvo alcuni! - partivano dal presupposto che {{NDR|i colpevoli}} certamente venivano di lì, venivano dalle Destre, dalle Destre più violente, alle quali si attribuiva, sempre per "teorema", questa idea: creare una tensione nel Paese in modo da impaurire gli italiani e metterli alla scelta "o la libertà o l'ordine", perché insieme non potevano andare - nella libertà era chiaro che non si poteva mantenere l'ordine - e loro dicevano: "Qualunque popolo messo a questa scelta sceglie l'ordine". Ecco. È un teorema! È un teorema che ha sempre cercato dimostrazione e non l'ha trovata mai. (da ''Piazza Fontana e dintorni'')
*Quelle lettere erano tutte farina del sacco di [[Aldo Moro|Moro]], e questa farina non è molto encomiabile perché, vede, tutti gli uomini hanno diritto ad avere paura. Tutti. Però quando un uomo sceglie la politica, e nella politica emerge a [[statista|uomo di Stato]] – a uomo rappresentativo dello Stato – non perde il diritto a avere paura, ma perde il diritto a mostrarla. Questo sì. Questo è uno dei principi che dovrebbe essere affermato. L'incidente, tipo quello di Moro, fa parte del mestiere. Chi affronta quel mestiere deve sapere che può incorrere in quell'incidente e deve avere i nervi, e diciamo gli altri attributi, per resistere. Moro era lo Stato. Lo Stato si raccomandava, implorava, minacciava la classe politica che facesse di tutto, anche che si prostituisse, per salvargli la vita: eh, no. No. Moro era certamente un politico a modo suo, estremamente abile – era anche un galantuomo, credo – ma uomo di Stato non era nemmeno lui. [...] Anch'io mi sono posto questa domanda molto spesso: "Ma se Moro fosse tornato in politica dopo aver costretto lo Stato a prostituirsi, a inginocchiarsi di fronte ai terroristi, avrebbe potuto restarci?". Avrebbe potuto restare? Con che faccia? Vabbè che siamo in Italia. [...] I terroristi avrebbero vinto. Quindi lui che cosa diventava, il braccio politico del terrorismo? Che cosa diventava? Come poteva ripresentarsi? Va bene, gli italiani hanno lo stomaco forte, inghiottono tutto – noi italiani abbiamo lo stomaco forte e inghiottiamo tutto – ma, insomma, di fronte a un uomo la cui vita, la cui sopravvivenza, aveva avuto quel prezzo per noi non credo che avrebbe potuto ripresentarsi all'opinione pubblica italiana. (da ''Il terrorismo fino al sequestro e all'uccisione di Aldo Moro'')
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*Per istinto, e per come avevo visto e conosciuto [[Licio Gelli|Gelli]], io sono convinto che {{NDR|[[P2|la Loggia P2]]}} era una cricca di affaristi e basta. Era una cricca di affaristi condotta da un uomo che, evidentemente, come intrallazzatore doveva essere geniale. Era un pataccaro, indiscutibilmente era un pataccaro, ma che a tutto pensava fuorché a un ''golpe''. Non ci pensava nemmeno. Lui procurava affari e soprattutto fomentava carriere. Lui aveva capito qual è la struttura del potere in Italia, sempre, non soltanto allora, sempre: è una struttura mafiosa. Bisogna far parte di una cricca, di una conventicola in cui ognuno aiuta l'altro, e questo era la P2. [...] Ma che interesse poteva avere Gelli a rovesciare un sistema che gli consentiva di influire sino a quel punto? Quale interesse poteva avere? E poi, Gelli era un farabolano ma non doveva essere del tutto sprovveduto, doveva sapere che l'[[Italia]] non è terra da ''golpe''. Ma chi lo fa il ''golpe''? E anche se qualcuno lo fa, come fa a resistere? Che cos'ha dalla sua per fare il ''golpe''? Non ho mai creduto al golpismo di Gelli. (da ''Il caso Sindona e la P2'')
*Il caso Chiesa era un caso modestissimo. Fece da detonatore perché il momento era maturo per arrivare a ''Tangentopoli'', che era dovuto a una cosa molto più complessa, che era questa: che ci fosse la corruzione in Italia si è sempre saputo, la classe dominante promanava questo puzzo di fogna che tutti sentivano, il famoso "turarsi il naso". Soltanto che fin quando l'alternativa di questa classe politica allora al potere era un Partito Comunista, che era un fac-simile di quello sovietico, basato sui carri armati, sulla polizia segreta, sulle delazioni, sui processi, [...] finché c'era questo spettro noi non potevamo prenderci il lusso di mettere sotto processo e mandare in galera la classe politica dirigente allora. Fu quando, col Muro di Berlino, crollò questo incubo che i tempi furono maturi perché questo avvenisse. (da ''Tangentopoli'')
* Che {{NDR|la corruzione}} sia inestirpabile, di questo sono sicuro perché dura da 2000 anni. La corruzione non è soltanto nella politica: è nella società italiana! Noi italiani abbiamo sempre corrotto tutti! Tutti coloro che sono venuti in Italia a fare i padroni li abbiamo corrotti [...] Noi dobbiamo metterci in testa che la lotta alla [[corruzione]] la si fa in un modo solo: cambiando gli italiani, non cambiando le classi politiche. Le classi politiche, anche quelle nuove, si corrompono. È inevitabile. (da ''Tangentopoliibidem'')
*[[Silvio Berlusconi|Lui]] è un uomo d'attacco: se avesse fatto la carriera militare lui non sarebbe diventato né un Rundstedt nè un Manstein, che furono i grandi strateghi tedeschi dell'ultima guerra. [...] Lui sarebbe diventato un Rommel o Patton. Cioè dire: è un generale di straccio e di rottura che, appunto, sullo slancio può compiere qualsiasi cosa. Se lo metti poi a difendere le posizioni conquistate con lo slancio, eh no, lì non ci sta. Come Rommel: Rommel finchè potè attaccare in Libia e in Egitto attaccò. Quando dovette mettersi sulla difensiva chiese il rimpatrio. [...] Lui arrivò a Palazzo Chigi credendo, e facendo credere, che uno Stato si poteva condurre con gli stessi criteri di un'azienda privata. Io su questo avevo avuto serie discussioni con lui – non litigi, non ho mai litigato con Berlusconi – gli avevo detto: "Guarda che lo Stato non è un'azienda privata". [...] Lui credeva di potersi comportare a Palazzo Chigi, e con la macchina dello Stato, come si comportava con la sua organizzazione, dove la gente frullava e se non frullava lui la cacciava via, com'è giusto che faccia un imprenditore. Ma lui non poteva applicare questi metodi e sistemi allo Stato. [...] Nel gioco parlamentare lui naufraga perché non è abituato a queste cose. La politica – non dico che sia solo un mestiere – ma è anche un mestiere. Questo mestiere lui non lo aveva. (da ''Verso il bipolarismo'')
*L'Italia è la più grande produttrice di regole, ognuna delle quali è una riforma, è la riforma di un'altra regola. Gli stessi esperti pare che abbiano perso il conteggio delle regole che vigono in Italia, delle leggi, dei regolamenti che vigono in Italia: c'è qualcuno che parla di 200.000, altri di 250.000. Ora, quando si pensa che la [[Germania]] ha in tutto 5.000 leggi, la [[Francia]] pare 7.000, l'[[Inghilterra]] nessuna, quasi nessuna. Hai dei principi, così stabiliti, e basta. A cosa ha portato questa proliferazione di leggi? A riempire gli scantinati dei nostri pubblici uffici, dove ci sono questi mucchi di legge che nessuno va nemmeno a consultare perché ognuna di queste leggi poi offre il modo di evaderle. Questa è la grande abilità dei legislatori italiani. I legislatori italiani sono quasi tutti degli avvocati. E gli avvocati a che cosa pensano? A ingarbugliare le leggi in modo da restarne loro i supremi e unici depositari. Quindi noi... riforme: hai voglia se ne faremo, continuiamo a farne, è la nostra vocazione, questa. Quanto poi all'attuazione. Allora è un altro discorso: le leggi in Italia non vengono osservate, anche perché sono formulate in modo che si possano non osservare. Ed è questo che spiega l'abbondanza, la prodigalità delle nostre classi politiche, delle nostre classi dirigenti, nello sfornarne di continuo. [...] Un Paese che ignora il proprio ieri, di cui non sa assolutamente nulla e non si cura di sapere nulla, non può avere un domani. Io mi ricordo una definizione dell'Italia che mi dette in tempi lontanissimi un mio maestro e anche benefattore, che fu un grande giornalista, [[Ugo Ojetti]], il quale mi disse: "Ma tu non hai ancora capito che l'Italia è un Paese di contemporanei, senza antenati né posteri perché senza memoria". Io avevo 25-26 anni e la presi come una ''boutade'', per una battuta, un paradosso. Mi sono accorto che aveva assolutamente ragione. [...] Io sono sicuro che gli scienziati italiani, i medici italiani, gli specialisti italiani, i chimici, i fisici italiani quando avranno a disposizione dei gabinetti europei veramente attrezzati brilleranno. Gli italiani, l'Italia no. L'Italia non ci sarà, non c'è. [...] Per l'Italia non vedo un futuro, per gli italiani ne vedo uno brillante. (da ''Dal Governo Dini all'Ulivo'')
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*Non ho mai visto in vita mia, nemmeno nei film di cui la Bergman è protagonista, una donna così trasparentemente pulita. (p. 195)
*Ogni buon [[padre]] di [[famiglia]] deve, al principio della giornata, sapere quanto la famiglia ha in cassa e quanto può spendere.<br>Einaudi conosce a memoria le cifre dell'economia italiana, come i re che lo precedettero conoscevano a memoria i nomi e i motti dei reggimenti.
*«''Venez, mademoiselle, venez''», disse [[Anatole France]] a [[Emma Gramatica]] che, poco più che ventenne, si trovò un giorno a viaggiare con lui in automobile a Palermo, e aveva paura di essere troppo ingombrante sul sedile. «''Vous êtes comme les anges, qui n'ont pas de derrière!''»<br>Qualcosa come mezzo secolo dev'esser trascorso da allora, ed Emma somiglia un po' meno a un angelo, ma grassa non la si può dire nemmeno adesso. La vita che mena, d'altronde, non lo consentirebbe di diventarodiventarlo. Alla sua età, ha girato per tre anni consecutivi, tutti i teatri dell'America del Sud, volando da Buenos Aires a Santiago, da Santiago a Lima, da Lima a Caracas, e recitando una sera in italiano e la sera dopo in spagnolo, lingua che, sino al momento di partire, ignorava totalmente. Ora è tornata per girare un film con [[Vittorio De Sica|De Sica]], e sono fatiche a cui molti giovani non resistono.
*Il [[fascismo]] trovò, tra i suoi oppositori più accaniti, [[Mario Missiroli]], che si batté a duello con [[Benito Mussolini|Mussolini]]. Egli non credette alla [[forza]] e al successo delle «camicie nere» fino al [[giorno]] in cui, mentre cercava faticosamente di salire sul tram, uno squadrista che lo incalzava, dopo avergli inflitto una serie di spintoni, non gli ebbe affibbiato, in risposta alle sue proteste, due sonori schiaffi che gli fecero volar via gli occhiali cerchiati d'[[oro]]. Mario li raccolse con [[dignità]], vi fiatò sopra, li ripulì col fazzoletto e concluse in tono ammirativo: «Però!... Picchiano bene, veh!...»
 
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*Come tutti i grandi Imperi, quello romano non fu abbattuto dal nemico esterno, ma roso dai suoi mali interni. (cap. 51, Conclusione)
 
*Una religione conta non in quanto costruisce dei templi e svolge certi riti; ma in quanto fornsicefornisce una regola morale di condotta. Il [[paganesimo]] questa regola l'aveva fornita. Ma quando Cristo nacque, essa era già in disuso, e gli uomini, consciamente o inconsciamente, ne aspettavano un'altra. Non fu il sorgere della nuova fede a provocare il declino di quella vecchia; anzi, il contrario. (cap. 51, Conclusione)
 
*Il dispotismo è sempre un malanno. Ma ci sono delle situazioni che lo rendono necessario. (cap. 51, Conclusione)