Stefan Zweig: differenze tra le versioni

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Citazioni
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*Forse nessun uomo ha posto pretese morali tanto alte a se stesso (con sì scarsa capacità di adempiere a un ideale categorico) come [[Heinrich von Kleist]]. (citato in ''Corriere della sera'', 28 luglio 2001)
*I più commoventi fra questi individui erano per me – quasi m'avesse già sfiorato il presagio del mio futuro destino – gli uomini senza [[patria]], o ancor peggio, quelli che in luogo di una patria ne avevano due o tre e non sapevano interiormente a quale appartenessero. (da ''Il mondo di ieri'', capitolo ''Nel cuore dell'Europa'')
 
===''Il candelabro sepolto''===
===[[Incipit]]===
Nel Circo Massimo di Roma stava volgendo al termine la sanguinosa lotta di due giganteschi Eruli contro una muta di cinghiali ircani, quando verso la terza ora del pomeriggio una crescente irrequietezza cominciò a diffondersi tra le migliaia di spettatori. Dapprima soltanto i più vicini s'erano accorti che nella tribuna appartata, riccamente adorna di tappeti e di statue, dove l'imperatore Massimo sedeva in mezzo alla sua corte, era entrato un messaggero coperto di polvere, reduce visibilmente da una affannosa cavalcata; e l'imperatore, appena ascoltato il messaggio, contrariamente all'uso, s'era alzato nel bel mezzo dell'emozionante gioco; con uguale fretta inusitata l'intera corte lo aveva seguito, e presto si vuotarono anche i seggi dei senatori e degli alti dignitari. Una ritirata così precipitosa non poteva non avere un motivo eccezionale. Invano squillanti fanfare annunciarono una nuova lotta, e un leone numidico dalla bruna criniera e il cupo ruggito fu lanciato incontro ai brevi coltelli dei gladiatori — la cupa ondata dell'inquietudine, orlata dalla spuma di volti atterriti e interroganti, s'era alzata irresistibile e si propagava per i ranghi dell'anfiteatro. Gli spettatori balzavano in piedi, s'indicavano l'un l'altro i posti vuoti degli alti dignitari, chiedevano, rumoreggiavano, gridavano e fischiavano; a un tratto, e non si seppe chi per primo l'avesse lanciata, si divulgò la voce confusa che i vandali, i temuti pirati del Mediterraneo, fossero approdati alle foci del Tevere con una flotta potente e fossero già in marcia contro la città ignara.
 
===Citazioni===
* Il saccheggio è finito, il candelabro è perduto! Rabbi Elieser alzò lo sguardo affaticato. «Hai detto che stanotte lo portano via? Va bene. Allora dobbiamo andare anche noi». Tutti stupirono. Ma il vecchio tornò a dire, fermo e tranquillo: «Dobbiamo andare anche noi. È nostro dovere. Pensate alla Scrittura e ai suoi comandamenti. Quando l'arca va per il mondo anche noi dobbiamo metterci in cammino. Solo quando essa riposa ci è permesso riposare. Se i divini simboli vanno peregrinando, dobbiamo seguirli» (p. 27).
* Il fanciullo ha formulato la eterna domanda ebraica: perché Iddio tratta proprio noi tanto duramente, fra tutti gli altri popoli, noi che lo abbiamo servito come nessun altro? Perché ci getta sotto i piedi degli altri, affinché ci calpestino, noi che per primi l'abbiamo riconosciuto e celebrato nell'impenetrabilità dell'essere Suo? Perché distrugge quel che edifichiamo, annienta quello che speriamo, perché ci nega la dimora dovunque noi ci arrestiamo, perché aizza un popolo dopo l'altro contro di noi con odio eternamente rinnovato? Perché ci mette così duramente alla prova, noi, sempre noi, che egli aveva eletti e iniziati per primi nei suoi misteri? No, io non voglio mentire a un fanciullo, perché se la sua domanda è bestemmia allora io stesso sono un bestemmiatore in tutti i giorni della mia vita. Ecco, io lo confesso davanti a voi tutti: anch'io, per quanto resista, anch'io contendo senza fine con Dio, anch'io, vecchio di ottant'anni, rivolgo a Dio giorno per giorno la domanda di questo innocente: perché ci precipita Egli così profondamente nella miseria? Perché permette che siamo privati dei nostri diritti, perché aiuta persino i ladri nelle loro rapine? E anche se mi batto mille volte il petto con il pugno, umiliandomi, pure non posso soffocarlo questo grido d'ansiosa domanda. Non sarei un ebreo né un uomo se essa non mi torturasse ogni giorno, e solo nella morte essa s'irrigidirà sulle mie labbra». (pp. 54-55)
 
==''Maria Antonietta''==
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===''L'agnello del povero''===
LE PERSONE<br>FRANÇOIS FOURÈS, tenente del Settimo Cacciatori – PAOLINA FOURÈS, moglie del tenente Fourès, soprannominata BELLILOTTE – BONAPARTE generale dell'esercito in Egitto – BERTHIER, suo aiutante – DUPUY, comandante la piazza del Cairo – LA SIGNORA DUPUY, sua moglie – DESCHAMPS ufficiale di fureria – FOUCHÈ, ministro di polizia sotto il Consolato – DESCAZES, avvocato a Parigi – Primo, secondo, terzo soldato – Un gendarme.<br>''QUADRO PRIMO''<br>''(Cortile interno del palazzo Esbekieh al Cairo. Sullo sfondo la scala che porta al quartier generale dello Stato Maggiore e all'appartamento del generale Bonaparte. Verso il proscenio, accampati in disordine attorno ad una tavola, soldati della compagnia di guardia e l'ufficiale di fureria Deschamps. Crepuscolo, cielo tropicale di un azzurro opalino picchiettato dalla luce delle stelle.)''<br>PRIMO SOLDATO ''(si è tolto gli stivali e li va scuotendo)'' – Sabbia, dappertutto la maledetta sabbia! Nella canna del fucile, nelle tasche, nel pane, a letto, sin dentro le budella, dappertutto quella maledizione di un sale giallo. Vorrei sapere come fanno ad ingrassare tanto le pulci in questo paese.<br>SECONDO SOLDATO – Perché noi poveri sciocchi veniamo a nutrirle del nostro buon sangue francese! Altrimenti resterebbero secche anche loro come le donne di questi fellah. Vorrei vederlo in faccia quella canaglia di ministro al quale è venuta la bella idea di mandarci quaggiù in una terra desolata, gialla come sterco! Lo possa cogliere la peste!<br>TERZO SOLDATO – Non nominarla invano! Ieri sedici e oggi ventiquattro all'ospedale con le macchioline verdi. E s'ingrossano a tremende bozze, più rapide che al nostro paese le ciliege.
 
===''Il candelabro sepolto''===
Nel Circo Massimo di Roma stava volgendo al termine la sanguinosa lotta di due giganteschi Eruli contro una muta di cinghiali ircani, quando verso la terza ora del pomeriggio una crescente irrequietezza cominciò a diffondersi tra le migliaia di spettatori. Dapprima soltanto i più vicini s'erano accorti che nella tribuna appartata, riccamente adorna di tappeti e di statue, dove l'imperatore Massimo sedeva in mezzo alla sua corte, era entrato un messaggero coperto di polvere, reduce visibilmente da una affannosa cavalcata; e l'imperatore, appena ascoltato il messaggio, contrariamente all'uso, s'era alzato nel bel mezzo dell'emozionante gioco; con uguale fretta inusitata l'intera corte lo aveva seguito, e presto si vuotarono anche i seggi dei senatori e degli alti dignitari. Una ritirata così precipitosa non poteva non avere un motivo eccezionale. Invano squillanti fanfare annunciarono una nuova lotta, e un leone numidico dalla bruna criniera e il cupo ruggito fu lanciato incontro ai brevi coltelli dei gladiatori — la cupa ondata dell'inquietudine, orlata dalla spuma di volti atterriti e interroganti, s'era alzata irresistibile e si propagava per i ranghi dell'anfiteatro. Gli spettatori balzavano in piedi, s'indicavano l'un l'altro i posti vuoti degli alti dignitari, chiedevano, rumoreggiavano, gridavano e fischiavano; a un tratto, e non si seppe chi per primo l'avesse lanciata, si divulgò la voce confusa che i vandali, i temuti pirati del Mediterraneo, fossero approdati alle foci del Tevere con una flotta potente e fossero già in marcia contro la città ignara.
 
===''Mendel dei libri''===