Franco Fochi: differenze tra le versioni

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*È questione di tempi, di relatività: le leggi assolute valgono solo in matematica e nella morale eterna, naturale; non certo nei confini, troppo comodi e fragili, dei cosiddetti "linguaggi" scientifici (o tecnici). La scienza è proletarizzata; non c'è nulla da farci. Termini che per secoli son rimasti inoffensivi, oggi esplodono, dappertutto. I più innocui di loro devono (dovrebbero) camminare in punta di piedi; figuriamoci il buttarne fuori di nuovi, e così strani, senza posa, senza riflessione, senza esame (di coscienza). (''Togati di ieri e di oggi'', p. 139)
*È questione di fatti. E i fatti, temo che siano più alti di noi (togliere, p. e., il pazzo dalle barzellette, o il gobbo dai motivi di sollazzo; così, il lavoro dalle cose mal sopportate e per nulla stimate). E allora, si smetta anche di cambiar nome ai mestieri, o professioni, o attività: perché presto o tardi cadranno anche loro nel disprezzo e nella noia; tutti. (''Novissimo dizionario d'arti e mestieri'', p. 160)
*''[[eroismo|Eroico]]'' è rimasto l'aggettivo a buon mercato, fratello di ''epico''. Nessuna coscienza democratica — che dovrebbe essere anzitutto schiettezza, rispetto dei giusti valori dell'''unicuique suum'' — l'ha "ridimensionato". Si dà, come ieri, a chiunque perda la vita per la nazione (i morti di Kindù, i carabinieri uccisi in Alto Adige, ecc.), cioè ai suoi creditori privilegiati: verso i quali, con quel titolo fisso, quasi sempre improprio, la nazione sembra volersi sdebitare. L'eroismo è un modo, particolare, di spendere la vita (la vita e non necessariamente il sangue); e noi ne facciamo invece un modo generale: confondiamo il grado, di quel credito, con la categoria. (''Forze vive e operanti'', p. 256)
*Di solito, però, le opinioni su questa scottante materia della moralità nazionale preferiscono il vaglio della censura di parte, e quasi sempre tacciono: nelle parole o negli stessi pensieri. Questa è la nostra "coscienza democratica": il non saper pensare o esprimersi che sotto una bandiera. O il non osare, che è peggio. Ognuno (rosso, bianco, nero, verde) ha in sé un elenco, più o meno lungo e via via adattato, di giudizi che non può pronunciare, di istituzioni che non può toccare, di persone che non può scalfire: perché non ne venga danno all'idea (quando va bene). E così l'idea stessa, ridotta a strumento, opposta a quella verità che dovrebbe esserne il sostegno, si svuota. E con essa, anche la parola cessa di essere verbo: ombra vana senza soggetto, sventolata come un qualunque fazzoletto che non prema di perdere. (''Ricostruzione'', p. 258)
*Rinnovarsi vuol dire vivere. Ma noi, oggi, abbiamo una strana maniera d'intendere il nuovo, dimenticando che il progresso spontaneo e schietto, non solo fa a meno di stravaganze, per affermarsi, ma se ne tiene scrupolosamente lontano per non giocare nella partita della novità il bene della dignità, e perdere la partita in tutti i modi. (''Titolistica'', p. 288)